Nella notte tra il 21 e il 22 settembre le forze armate regolari del Burkina Faso sono entrate nella capitale Ouagadougou per chiedere la resa dei 1.300 soldati del Reggimento di sicurezza presidenziale (Rsp), responsabili del colpo di stato del 17 settembre. I militari hanno ottenuto la liberazione del primo ministro di transizione Yacouba Isaac Zida, finora in ostaggio, imponendo ai golpisti un ultimatum per la resa (scaduto alle 10 di stamattina). Il premier ha potuto lasciare il palazzo presidenziale per recarsi nella sua abitazione ufficiale. Il presidente Michel Kafando era già stato liberato il 18 settembre, insieme a due ministri.
Je confirme, avec l'autorisation du Président Kafando, qu'il est bien à la résidence de France. #Burkina
— Gilles Thibault (@G_Thibault_Fr) 21 Settembre 2015
L’ambasciatore francese Gilles Thibault ha confermato con un tweet la presenza di Kafando nella sua residenza.
L’intervento dell’esercito. Subito dopo il golpe, il presidente del Consiglio nazionale di transizione – il parlamento provvisorio istituito dopo il colpo di stato dell’ottobre 2014 – aveva fatto appello alle forze armate, per fermare la guardia presidenziale, ma il generale Gilbert Diendéré aveva affermato di avere il sostegno dell’esercito. Gli ultimi sviluppi lo hanno contraddetto: l’esercito si è schierato dalla parte delle istituzioni provvisorie e dei cittadini, che da giorni protestano in diverse città del paese. Molte persone hanno incoraggiato i soldati durante l’avanzata delle truppe verso la capitale. Il capo di stato maggiore, il generale Pingrenoma Zagré, ha chiesto all’esercito di evitare scontri a fuoco con la guardia presidenziale. Finora l’Rsp non ha dato segni di resa, anzi, Diendéré ha detto di voler ottenere il ritiro delle truppe dalla capitale.
La mediazione della Cédéao. Oggi, ad Abuja, la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cédéao) avrebbe dovuto pronunciarsi su una proposta di soluzione della crisi, presentata il 20 settembre, e ottenuta grazie alla mediazione del presidente senegalese, Macky Sall, e del presidente del Benin, Thomas Boni Yayi. Il piano prevedeva un’amnistia per i golpisti, ritenuta inaccettabile dalla maggior parte della popolazione. Molte persone sono scese in piazza ieri contro la proposta della Cédéao, erigendo barricate e bruciando copertoni per le strade di Ouagadougou.
Qualche giorno prima del golpe una commissione governativa aveva chiesto di smantellare l’Rsp, che era la guardia presidenziale di Blaise Compaoré, il presidente deposto nel 2014 dopo ventisette anni al potere. La liberazione di Zida era tra le clausole dell’accordo con i mediatori della Cédéao. Anche Kafando, parlando alla radio francese Rfi dopo la sua liberazione, ha detto di essere contrario al piano di pace internazionale: “Non tiene in considerazione l’interesse dei cittadini del Burkina Faso”.
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