A Hong Kong, nella notte dell’8 febbraio, ci sono stati violenti scontri tra polizia e manifestanti. Il bilancio è di 44 poliziotti feriti e 24 persone arrestate. Dopo mezzanotte gli agenti hanno sparato due colpi d’avvertimento, in una città dove raramente la polizia usa le armi da fuoco.

Gli scontri sono cominciati dopo che la polizia ha cercato di multare alcuni venditori ambulanti di cibo di strada nel quartiere operaio di Mong Kok perché non avevano la licenza. Ma le dimensioni e il grado di violenza degli scontri, che hanno portato alla chiusura temporanea di un’importante stazione della metropolitana, fanno emergere un conflitto che va ben oltre le difficoltà quotidiane dei venditori ambulanti.

La violenza sembra essere provocata della sfiducia dei cittadini nel futuro di Hong Kong, una città guidata da un governo che troppo spesso sembra ascoltare più Pechino che i suoi abitanti.


La polizia ha sparato due colpi d’avvertimento alle due di notte.

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Nel 2014 il movimento degli ombrelli di Hong Kong ha bloccato il centro della città per alcuni mesi, ma quell’esperienza è finita senza raggiungere risultati: infatti il governo non ha fatto alcuna concessione ai cittadini sul sistema elettorale, che era stato contestato dai manifestanti. La rabbia nei confronti del governo sostenuto da Pechino ha continuato a covare. Nel 2014 il quartiere Mong Kok è stato la sede di proteste che si sono allargate, oltre che agli studenti, ai pensionati e ai lavoratori, preoccupati dall’influenza del Partito comunista cinesesu Hong Kong.

Da allora il controllo del governo centrale sull’ex colonia britannica non ha smesso di aumentare. Alcuni residenti recentemente sono stati arrestati a Hong Kong dalle autorità cinesi e trasferiti in Cina per essere essere interrogati, un fatto che solo qualche tempo fa sarebbe stato impossibile. Il “reato” contestato era quello di gestire una libreria che vendeva libri che riportavano aneddoti e pettegolezzi a proposito dei dirigenti cinesi della città.

Alcune persone che hanno partecipato agli scontri dell’8 febbraio con la polizia sono state identificate come appartenenti al movimento “localista” di Hong Kong. Il termine si riferisce a diversi gruppi di protesta che chiedono più indipendenza e autonomia rispetto a Pechino.

I manifestanti si sono appellati all’antica tradizione che permette ai venditori di strada senza licenza di vendere snack nei primi tre giorni del capodanno cinese, cominciato lunedì. Dopo il tentativo di disperdere gliambulanti, le proteste si sono intensificate. La polizia in antisommossa è arrivata sul posto con manganelli, scudi e spray al peperoncino, raccontano i dimostranti. Le forze di sicurezza hanno dichiarato al South China Morning Post che alcuni “estremisti” erano armati di scudi e “armi fatte in casa”.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato su Quartz.

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