L’Onu condanna i raid della coalizione guidata dai sauditi in Yemen
Le organizzazioni non governative e gli osservatori internazionali hanno criticato la coalizione araba guidata dall’Arabia Saudita, accusandola di fare molte vittime civili nei suoi raid aerei contro lo Yemen. Il 16 agosto 17 persone sono morte a causa di un bombardamento aereo che ha colpito una zona residenziale vicina alla capitale Sanaa.
Almeno undici persone erano state uccise il giorno prima, il 15 agosto, durante il bombardamento di un ospedale gestito da Medici senza frontiere (Msf) ad Abs, nella provincia di Hajjah, nel nord del paese. Msf aveva comunicato in diverse occasioni ai combattenti le coordinate gps dell’ospedale.
Due giorni prima Msf e Unicef avevano denunciato il bombardamento di una scuola nella provincia di Saada in cui erano rimasti uccisi dieci bambini. La coalizione araba ha però negato l’accusa, affermando di aver voluto colpire un centro di addestramento di reclute houthi e non una scuola.
Guerra civile
Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha condannato il bombardamento dell’ospedale di Abs. “Gli ospedali e il personale medico sono esplicitamente protetti dal diritto umanitario internazionale”, ha dichiarato, chiedendo l’apertura di un’inchiesta.
Dal marzo del 2015 l’Arabia Saudita dirige la campagna militare della coalizione araba sunnita contro i ribelli sciiti houthi, sostenitori del presidente destituito Ali Abd Saleh, che hanno preso il controllo della parte settentrionale dello Yemen.
Secondo le Nazioni Unite, dal marzo del 2015 la guerra in Yemen ha provocato la morte di più di 2.800 civili, su un totale di 8.100 morti di cui quasi due terzi causati dai raid aerei della coalizione.
Negli ultimi mesi l’Onu e l’Arabia Saudita si sono scontrate su un rapporto riguardante i bambini vittime della guerra: il documento inseriva il regno saudita tra gli stati che hanno violato i diritti dei bambini nei conflitti armati. Secondo l’Onu l’Arabia Saudita era stata poi cancellata dalla lista nera in seguito a forti pressioni diplomatiche.
(Traduzione di Andrea De Ritis)