Il referendum in Costa d’Avorio mette alla prova la stabilità del paese
Fare un ulteriore passo verso l’equilibrio e la riconciliazione per dimenticare un lungo passato di guerra: è questo l’obiettivo ufficiale del progetto di riforma costituzionale sottoposto il 30 ottobre ai cittadini della Costa d’Avorio. Quasi 6,3 milioni di elettori sono stati chiamati alle urne per un referendum sul testo promosso dal presidente Alassane Ouattara nella speranza di voltare definitivamente pagina dopo i disordini politici cominciati nel 2002. Il voto si è svolto senza troppi incidenti.
Oltre a sancire l’obbligatorietà dell’istruzione e l’uguaglianza tra uomini e donne, la riforma prevede la creazione di un posto di vicepresidente, del senato e l’abolizione della clausola del “carattere ivoriano” del presidente della repubblica. Quest’ultima disposizione, prevista dall’articolo 35 della costituzione del 23 luglio 2000, è stata all’origine di molti problemi, anche per lo stesso Ouattara. L’articolo, spesso denunciato perché alimenterebbe la xenofobia, prevede che il presidente “debba essere ivoriano d’origine e nato da padre e da madre d’origine ivoriana”.
Secondo l’opposizione, che ha chiesto di boicottare il referendum, Ouattara si è tagliato una costituzione su misura, che favorisce l’accentramento del potere. Per alcuni la prova di tutto questo è rappresentata dal fatto che un terzo dei futuri senatori sarà nominato direttamente dal capo dello stato.
Chi critica il presidente lo accusa anche del fatto che il processo consultivo è stato ridotto ai minimi termini e che la popolazione, più preoccupata dalle questioni di prima necessità che dalla vita politica, non ha avuto abbastanza tempo per discutere del progetto. Al di là delle polemiche, rimane una certezza: l’esito del voto, “che ricorda un referendum gollista”, sarà decisivo per il destino di Ouattara, che ha investito molto sul progetto.
(Traduzione di Andrea De Ritis)