Ai Weiwei. Lisson, Mary Boone, Deitch Project, New York, fino al 23 dicembre
Ai Weiwei ha il talento di stare sulla notizia, come suggeriscono le sue installazioni connesse, allestite in tre gallerie newyorchesi: la Lisson, la Jeffrey Deitch Project e i due spazi della Mary Boone. Il materiale esposto esplode in ogni direzione, anche se l’attenzione di Weiwei si concentra sulla Cina (Boone) e la crisi dei profughi nel Mediterraneo (Deitch e Lisson).
Fedele all’estetica dell’abbondanza, Weiwei politicizza oggetti di uso quotidiano codificandoli con nuovi significati sovversivi. Le sale della Deitch sono piene di scarpe e vestiti di migranti, meticolosamente collezionati, lavati e stirati. I capi, procurati da funzionari del governo greco, sono disposti in file ordinate, come in un negozio dell’usato alla moda.
Le pareti e il pavimento sono tappezzati di carta da parati con immagini provenienti dai social network e tweet di protesta legati a manifestazioni che riguardavano la questione dei profughi. L’impatto è paralizzante.
L’urgenza del lavoro è palpabile: l’accumulo di oggetti e informazioni soffoca l’identità dei singoli individui. Da Mary Boone una distesa di becchi di teiere di porcellana cinese avvolge una colonna centrale. Qui la carta da parati ripete un motivo geometrico simile a una svastica, disegnata da quattro braccia con il dito medio alzato. I beccucci, come i vestiti o le scarpe, sono frammenti scartati e il loro insieme ci illude che la totalità del reale sia bella e carica di nuovi significati.
Hyperallergic
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Resistenza e opposizione
Ficciones y territorios, Reina Sofia, Madrid, fino al 13 marzo
In un mondo in cui gli scenari cambiano e le disuguaglianze sociali aumentano, inevitabilmente l’arte contemporanea si lega alla politica. Le ultime opere acquisite dalla collezione permanente del Reina Sofia riflettono questa tendenza sempre più forte a partire dagli anni novanta. Protagonisti della mostra sono cinquanta artisti che non fanno concessioni alla bellezza ma riflettono su una realtà diversa e in continua mutazione.
Una tendenza dell’arte che ha avuto inizio in Spagna durante la presidenza di José María Aznar (1996-2004) e nel mondo con il disfacimento dell’Unione sovietica. Gli artisti hanno affinato nuovi metodi di protesta, resistenza e opposizione. Zoe Leonard è presente con un’installazione di 412 fotografie scattate nell’arco di dieci anni e suddivise in 25 capitoli che documentano gli effetti della globalizzazione nell’industria tessile. In uno di questi capitoli segue il percorso delle balle di vestiti usati da New York all’Uganda, dove quei vestiti acquistano una seconda vita.
Il video di Allan Sekula è un viaggio attraverso i porti di Giappone, Panamá, Spagna, Paesi Bassi e Stati Uniti e si basa sulla crisi della petroliera Prestige: la vita nel canale di Panamá, le proteste contro la Banca mondiale a Barcellona e contro la guerra in Iraq a New York. Joaquim Jordà ha filmato il processo e l’esposizione pubblica di nove bambini vittime di un caso di pedofilia a El Raval, vicino a Barcellona. La trasformazione sociale fondata sul consumo e la speculazione sono protagoniste di molte opere in mostra. El País
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