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L’America Latina e l’eredità di Fidel Castro

L’Avana, il 27 novembre 2016. (Yamil Lage, Afp)

Lodato dagli uni, criticato dagli altri, per tutta la sua vita ha suscitato sentimenti contrastanti. Fidel Castro, l’ex presidente cubano, è morto il 25 novembre a novant’anni dopo una lunga malattia. Nel corso degli anni l’impavido rivoluzionario che nel gennaio 1959 è stato il protagonista del pronunciamiento contro il generale Fulgencio Batista, è diventato l’icona amata e odiata del comunismo nel continente americano.

Con la scomparsa del dittatore si volta pagina non solo nella storia di Cuba – in cui ha imposto la sua dottrina politica (il castrismo), fondata su uno stato forte, poco rispettoso delle libertà individuali – ma anche nel resto dell’America Latina e del mondo. In omaggio a colui che è sopravvissuto ad almeno 638 tentativi di omicidio da parte della Cia, le autorità dell’Avana hanno decretato un lutto nazionale di nove giorni.

Fine di un’utopia
Ma qual è l’eredità del líder máximo? Il sito Cubadebate tesse le lodi dell’uomo che “ha lottato per l’uguaglianza sociale e per la giustizia” e che ha “accompagnato per la prima volta il popolo cubano sulla strada della scienza”. Per il quotidiano messicano La Jornada, Fidel Castro, sostituito dal fratello Raúl alla guida dell’isola nel 2006, è stato uno dei leader più significativi e più studiati del ventesimo secolo.

Tuttavia per il giornale del Nicaragua El Nuevo Diario, nonostante un carisma riconosciuto sia dai suoi ammiratori sia dai suoi critici, Castro non ha riscosso solo consensi. Come nel caso di Carlos Alberto Montaner, scrittore cubano condannato all’esilio, che su Die Welt lo descrive come un “rivoluzionario trasformatosi in una grande delusione”.

Secondo il Miami Herald è la fine di un’utopia: “Pochi leader hanno saputo infiammare i cuori della gioventù entusiasta di tutto il mondo come Castro da giovane, e pochi sono sembrati così fuori luogo come lui da vecchio”.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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