Entangled: threads and making
Turner contemporary, Margate, Regno Unito, fino al 7 maggio
Il rapporto tra le donne e l’arte della tessitura è lungo e complesso. Da una parte c’è la triste storia delle mansioni femminili che relegava questa attività tra i lavori considerati umili come la maglia, il cucito, l’uncinetto e il ricamo. Dall’altra diverse generazioni di artiste (e artisti) hanno riscattato i lavori tessili dandogli la dignità di arte. La mostra non era stata pensata al femminile ma, procedendo nella selezione degli artisti, si è capito che le opere più interessanti e straordinarie erano state create da donne. Si va dalla trama colorata che riveste uno degli ascensori della galleria (realizzata da Samara Scott), all’installazione di yogurt e cibi colorati spalmati su un tappeto e alla rete trasparente sospesa e intrecciata con peli di cavallo. Anna Ray ha realizzato, appositamente per la mostra, un’opera con una gran quantità di protuberanze imbottite, cucite da un gruppo di donne della zona. Tra le opere storiche, il grande arazzo a motivi geometrici di Anni Albers, che ha introdotto l’uso dei filati nella fucina del Bauhaus, i costumi modernisti di Sonia Delaunay per il balletto di Djagilev e alcuni pezzi di Louise Bourgeois. 6 ottobre 1942 è il titolo dell’arazzo di Hannah Ryggen tessuto a suo rischio e pericolo nel 1943. Era un lavoro che ironizzava su Churchill e Hitler, quest’ultimo rappresentato con delle foglie di quercia che gli escono dal sedere. The Telegraph

Taro Izumi
Palais de Tokyo, Parigi, fino all’8 maggio
L’illusione di trovarci davanti a un muro di mattoni svanisce quando scopriamo che l’immagine è proiettata, mentre su un piccolo schermo vediamo un uomo di spalle con la faccia rivolta al muro. Taro Izumi sfrutta tecniche diverse e oggetti di uso quotidiano per creare ambienti in cui il visitatore è costretto a occupare una posizione insolita. Finte macchine creano scenari illusori in cui lo spettatore s’inserisce per assumere le pose scomode e impossibili di alcune icone dello sport, mostrate nelle immagini di riferimento, in un set popolato di oggetti vari. Sedie, tavoli e divani perdono la loro funzione originaria e diventano parte integrante dell’installazione. Proprio quegli oggetti che normalmente sono considerati marginali permettono ai visitatori di essere esibiti e ammirati come simboli. Libération

La biennale di Sharjah
Tamawuj, Sharjah art foundation, Emirati Arabi Uniti, fino al 12 giugno
Le quattro parole chiave della tredicesima biennale di Sharjah sono acqua, agricoltura, terra e cucina. Quattro sono anche gli artisti premiati nel corso della rassegna. L’installazione di Dineo Seshee Bopape è dedicata alla rivoluzione haitiana. Inci Eviner esplora la prospettiva delle donne. Uriel Orlow crea un microcosmo botanico, insieme motore e testimone dell’eredità del colonialismo in Sudafrica. Walid Siti riflette sul legame tra radici culturali, frontiere, casa, mobilità e migrazione. e-flux

Questa rubrica è stata pubblicata il 7 aprile 2017 a pagina 95 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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