Questo articolo fa parte di una serie di Internazionale che spiega come funzionano le istituzioni dell’Unione europea, in vista delle elezioni del 26 maggio 2019.

Nascita

Il parlamento europeo è stato istituito nel 1958 dal trattato di Roma (siglato nel 1957) come Assemblea parlamentare europea. Nel 1962 ha assunto la denominazione attuale. La prima elezione diretta è stata nel 1979: in precedenza gli eurodeputati erano designati dai parlamenti nazionali. Oggi è l’unica istituzione europea eletta direttamente dai cittadini. La sede è a Strasburgo, ma la maggior parte delle attività delle commissioni parlamentari si svolge a Bruxelles e il segretariato generale è a Lussemburgo. Il prossimo parlamento europeo sarà eletto tra il 23 e il 26 maggio nei 27 paesi che oggi fanno parte dell’Unione europea.

Funzioni e poteri

All’inizio il parlamento era un organo consultivo, ma i suoi poteri sono aumentati con il procedere dell’integrazione europea. Insieme al consiglio dell’Unione europea (composto dai ministri degli stati membri), il parlamento detiene il potere legislativo dell’Unione europea, cioè è responsabile dell’approvazione di regolamenti, direttive e altri atti legislativi. A differenza dei parlamenti nazionali, però, non ha l’iniziativa legislativa, che spetta alla Commissione europea.

In base alla procedura legislativa ordinaria, stabilita dal trattato di Lisbona, le proposte di atti legislativi presentate dalla Commissione europea devono essere approvate prima dal parlamento (che può inserire emendamenti) e poi dal consiglio. In alcuni casi si applicano però procedure speciali in base alle quali il potere decisionale spetta al consiglio e il parlamento ha solo funzione consultiva.

Il parlamento europeo ha il compito di approvare il bilancio annuale dell’Unione, proposto dalla Commissione. Anche questo potere è condiviso con il consiglio dell’Unione, ma il parlamento ha l’ultima parola ed è responsabile del controllo sulla sua messa in atto. Ha inoltre la facoltà di approvare o respingere la composizione della Commissione europea. Prima della nomina, ogni commissario designato deve comparire davanti a una commissione parlamentare, che deve poi votare sull’intera squadra. Il parlamento può votare mozioni di censura contro la Commissione che, se approvate, ne comportano le dimissioni.

Composizione

Attualmente il parlamento ha 751 seggi, suddivisi tra i singoli stati in proporzione alla loro popolazione. In seguito all’attivazione della procedura per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, nella nuova legislatura i seggi saranno ridotti a 705. Dei 73 seggi attualmente occupati dagli eurodeputati britannici, 46 saranno eliminati e 27 ridistribuiti tra gli altri paesi. Non è chiaro però cosa succederà se Londra dovesse chiedere di rinviare l’uscita: secondo una risoluzione dell’europarlamento, “l’attuale ripartizione dei seggi rimarrà in vigore fino al momento in cui il recesso del Regno Unito dall’Unione europea non diventerà giuridicamente efficace”. Se il rinvio fosse di lunga durata il paese potrebbe essere tenuto a svolgere le elezioni europee.

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Elezioni

Si svolgono ogni cinque anni a suffragio universale diretto. La procedura varia da paese a paese, ma le norme europee stabiliscono che il sistema dev’essere proporzionale. Le liste sono presentate dai partiti politici nazionali, ma una volta eletti gli eurodeputati entrano a far parte di gruppi politici sovranazionali.

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Partiti

Introdotti dal trattato di Maastricht del 1992, sono federazioni di partiti nazionali uniti da idee o posizioni condivise. Non esprimono liste di candidati comuni alle elezioni europee, ma in base al trattato di Lisbona possono proporre degli Spitzenkandidat (candidati di punta) che in caso di vittoria devono essere considerati per la presidenza della Commissione europea.

Questo articolo fa parte di una serie di Internazionale che spiega come funzionano le istituzioni dell’Unione europea, in vista delle elezioni del 26 maggio 2019. È stato pubblicato nel numero 1293 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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