Per Mercedes, una commessa che lavora nel centro di Buenos Aires, la decisione era scontata. “L’ultima volta avevamo votato per il presidente perché volevamo una vita migliore, specialmente per i nostri figli. Ma la vita è peggiorata. Abbiamo lavorato di più guadagnando di meno”.
Mercedes lo dice la mattina dopo che gli elettori hanno presentato un pollice verso a Mauricio Macri, presidente dell’Argentina, nelle elezioni primarie. L’opposizione, guidata dal veterano peronista Alberto Fernández, affiancato dall’ex presidente del paese Cristina Fernández de Kirchner, ha ottenuto il 47 per cento dei voti espressi. La coalizione di Macri ha preso il 32 per cento.
Nessun sondaggista aveva previsto l’entità dell’umiliazione di Macri. Il voto ha innescato un crollo della borsa; il peso argentino è sceso del 20 per cento quando i mercati hanno aperto il 12 agosto. Gli investitori ritengono Macri la migliore possibilità per le riforme e sono terrorizzati da un ritorno al populismo di Cristina Fernández, la cui presidenza tra il 2007 e il 2015 ha lasciato l’Argentina in crisi.
Quella dell’11 agosto è stata in effetti una prova generale per le elezioni del 27 ottobre
In senso puramente tecnico, il voto dell’11 agosto non ha rilevanza, poiché né Macri né Fernández avevano sfidanti all’interno dei loro partiti (rispettivamente Juntos por el cambio e Frente de todos). Ma dal momento che tutti gli argentini di età superiore ai 16 anni sono legalmente obbligati a votare, è stata in effetti una prova generale per le elezioni del 27 ottobre. In questo senso, è stata una sconfitta schiacciante per Macri.
Macri ha perso nella provincia di Buenos Aires; nel centro industriale di Rosario; e nella capitale del vino di Mendoza. Uno dei grandi vincitori, Axel Kicillof, ex ministro dell’economia nel governo di Fernández, e che ora è in corsa per governare la provincia di Buenos Aires, ha dichiarato che il risultato è dovuto a “persone che non sanno se possono arrivare alla fine del mese e pagare i loro conti”. Nella provincia di Buenos Aires, sede di quasi due quinti dell’elettorato, la macchina elettorale di Cristina Fernández ha funzionato in modo brillante, con i funzionari di partito mobilitati per spiegare come votare. Macri si è invece affidato ai social network per diffondere il suo messaggio.
L’anno scorso una crisi valutaria aveva fatto crollare il peso e i tassi di interesse delle banche centrali al 40 per cento. Macri è stato costretto a chiedere un prestito di 57 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale. Per soddisfare i termini del piano di salvataggio, ha ridotto le spese e aumentato i prezzi dei servizi di pubblica utilità, come gas ed elettricità, e dei trasporti pubblici. La crisi ha messo a dura prova l’economia. L’Argentina è in recessione da un anno; l’inflazione è superiore al 50 per cento.
Il futuro
Nella cerchia stretta del presidente, il suo candidato alla vicepresidenza Miguel Angel Pichetto, un politico peronista che ha disertato per unirsi a Macri, ha dichiarato: “La classe media che una volta ha votato per il governo ora lo sta punendo”. Secondo lui ora il presidente se ne deve deve assumere la responsabilità.
Nelle dichiarazioni successive alla sua vittoria, Fernández ha fatto di tutto per sottolineare la sua agenda moderata. “Non siamo mai stati dei pazzi”, ha dichiarato. I suoi consiglieri affermano che non si aspettavano di andare così bene alle primarie, e secondo uno di loro ora Fernández procederà con cautela. “Ogni perdita di valore del peso si tradurrà in prezzi più alti e renderà il suo lavoro di presidente molto più duro”.
Detto questo, potrebbe avere difficoltà a convincere i mercati della sua credibilità. Fernández aveva avvertito negli ultimi giorni della campagna che la svalutazione del peso era in arrivo. Aveva anche promesso di rinegoziare il prestito record di 57 miliardi di dollari, dicendo che in effetti potrebbe fallire con le obbligazioni argentine.
Una domanda irrisolta è quale sarà il ruolo di Cristina Fernández. L’ex presidente ha ricevuto diverse accuse di corruzione (tutte negate); ha mantenuto un profilo basso nella campagna. Sebbene un terzo degli elettori le sia rimasto fedele, tanti non la amano. La sua scelta di candidarsi come vicepresidente, invece di cercare di nuovo il primo posto, sembra essere stato un colpo da maestro.
All’interno del campo di Macri, l’umore è pessimo. “Questa è una catastrofe”, ha detto uno dei suoi consiglieri. “È quasi impossibile recuperare, una montagna troppo alta per scalare”. Il presidente stesso ha ammesso la sconfitta in fretta. “Un risultato pessimo”, ha detto, promettendo di lottare fino al voto di ottobre. Una delle principali sostenitrici di Macri, l’ex candidata alla presidenza Elisa Carrio, ha criticato la squadra del presidente, accusandola di non essere in contatto con la gente comune. Macri ha espresso la speranza che l’opposizione mostrerà “responsabilità” nelle prossime settimane.
“Molti argentini comprendono la necessità di riforme strutturali, comprendono l’enorme corruzione dell’ultimo governo, ma alla fine hanno votato per mettere il cibo in bocca alle loro famiglie”, afferma il sondaggista Eduardo D’Alessio.
Il crollo dei mercati potrebbe convincere gli argentini a cambiare idea? D’Alessio non crede: occorrerebbe un “enorme, evidente errore” da parte dei due Fernández prima di ottobre per mantenere Macri in carica, dice. Può sembrare un colpo impossibile, ma sono successe cose più strane nella politica argentina.
(Traduzione di Stefania Mascetti)
Questo articolo è stato pubblicato sul settimanale britannico The Economist.
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