Si dice che due punti dati non bastino a fare una tendenza. In questo caso, però, i ricercatori che studiano l’andamento dell’aspettativa di vita negli Stati Uniti, di punti ne hanno tre: dopo essere cresciuta gradualmente negli ultimi cinquant’anni, si è stabilizzata nel 2010, per poi calare per tre anni consecutivi dal 2015 al 2017, a cui risalgono gli ultimi dati disponibili.
L’aspettativa di vita di un bambino nato oggi negli Stati Uniti è in media di 78,6 anni, in calo rispetto ai 78,9 anni del 2014. Uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association da un gruppo di ricercatori della Virginia Commonwealth University cerca di individuare la cause di questo fenomeno.
La tesi più diffusa è che l’aumento della mortalità possa essere ascritto a una serie di cause tra cui l’overdose, le malattie legate all’abuso di alcol e i suicidi. Queste “morti da disperazione” sembrano concentrate soprattutto nelle comunità bianche delle regioni più povere del paese.
Un problema sistemico
Gli autori dello studio stimano che per gli adulti tra i 25 e i 64 anni la mortalità causata dalle overdose sia aumentata del 386,5 per cento tra il 1999 e il 2017. I decessi dovuti alle malattie epatiche sono aumentati del 40,6 per cento nello stesso periodo, mentre i suicidi hanno fatto registrare una crescita del 38,3 per cento. Tuttavia gli autori sottolineano che la mortalità è aumentata all’interno di 35 diverse cause di decesso. Questo significa che il problema è sistemico.
I giovani sono stati particolarmente colpiti da questo fenomeno. Tra il 2010 e il 2017 il tasso di mortalità è aumentato del 6 per cento tra gli adulti in età lavorativa (da 328,5 a 348,2 ogni centomila abitanti), mentre nella fascia d’età tra 24 e 35 anni è cresciuto del 29 per cento (da 102,9 a 132,8 ogni centomila abitanti). Tra gli adulti meno istruiti si registra un consistente aumento della mortalità. Anche la collocazione geografica ha un impatto. Tra il 2010 e il 2017, su 33mila “morti in eccesso” – ovvero quelle attribuite al cambiamento nel tasso di mortalità ogni anno – un terzo è stato registrato in Ohio, Pennsylvania, Indiana e Kentucky, anche se i quattro stati ospitano appena un decimo della popolazione degli Stati Uniti.
Queste discrepanze regionali lasciano pensare che non tutti gli statunitensi siano condannati a vivere esistenze più brevi. L’aspettativa di vita negli stati più popolosi del paese (California, Texas e New York) non è cambiata molto dal 2010. Nelle aree costiere è addirittura aumentata, seguendo lo stesso ritmo registrato in Canada. Al contempo molti fattori che alimentano la crescita della mortalità negli Stati Uniti, a cominciare dalle difficoltà economiche, sembrano destinati a perdurare. L’attuale traiettoria discendente dell’aspettativa di vita negli Stati Uniti, insomma, potrebbe non variare in tempi brevi.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è stato pubblicato sul settimanale britannico The Economist.
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