“Non ci sono casi attivi di covid-19 in Nuova Zelanda”, scrive Amelia Wade sul New Zealand Herald, un quotidiano di Auckland. In una conferenza stampa la premier Jacinda Ardern ha confermato che entro la mezzanotte dell’8 giugno il paese passerà al livello uno del suo sistema di allerta su quattro livelli. Il distanziamento sociale sarà incoraggiato, ma non più obbligatorio, non ci saranno limiti ai raduni pubblici, tutte le scuole e i luoghi di lavoro saranno aperti e i trasporti riprenderanno. Le frontiere, invece, resteranno ancora chiuse a tempo indeterminato. Solo i residenti in Nuova Zelanda e i loro familiari stretti possono entrare nel paese, ma devono restare in isolamento per due settimane.

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Secondo un modello elaborato dall’università di Otago, in Nuova Zelanda, c’è il 95 per cento della probabilità che il paese abbia completamente eliminato il virus.

La Nuova Zelanda ha imposto il lockdown il 25 marzo, partendo dal quarto livello del sistema di allarme, che prevedeva la chiusura di tutte le aziende e delle scuole. Dopo cinque settimane è passata al livello tre, con la riapertura di alcune attività non essenziali. A metà maggio, mentre i contagi continuavano a diminuire, è cominciato il livello due, mentre il livello uno, inizialmente previsto per il 22 giugno, è stato anticipato dopo che non sono stati registrati nuovi casi per diciassette giorni.

Da quando il virus si è diffuso nel paese a metà febbraio, la Nuova Zelanda ha registrato 1.154 contagi e ventidue decessi.

New Zealand Herald
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La Nuova Zelanda è il primo paese con più di mille casi di covid-19 registrati a dichiararsi libero dal virus. Il 9 maggio le isole Fær Øer hanno annunciato di non avere alcun contagio dentro i loro confini, seguite il 25 maggio dal Montenegro e il 5 giugno dalle isole Fiji. Taiwan, Islanda, Cambogia e Trinidad e Tobago hanno meno di dieci casi attivi su tutto il territorio; mentre alcuni piccoli paesi, tra cui diverse isole nell’Oceano Pacifico, sostengono di non aver mai registrato casi di covid-19.

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