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L’ombra del Cremlino sull’avvelenamento di Aleksej Navalnyj

Una conferenza stampa nell’ospedale in cui era stato inizialmente ricoverato Aleksej Navalnyj dopo l’avvelenamento, a Omsk, Russia, il 21 agosto 2020. (Alexey Malgavko, Reuters/Contrasto)

La Russia non sarà in grado di aprire un’inchiesta sull’avvelenamento di Aleksej Navalnyj, principale esponente dell’opposizione in coma dal 20 agosto scorso, fino a quando non sarà chiaro cosa gli sia successo. Così almeno ha dichiarato il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov il 1 settembre. Navalnyj è in cura in un ospedale tedesco dopo aver perso i sensi in un aereo proveniente da Tomsk, in Siberia, e diretto a Mosca.

Probabilmente il Cremlino sperava che le circostanze dell’avvelenamento non fossero mai chiarite. Ma il 2 settembre il governo tedesco ha dichiarato di aver “inequivocabilmente” accertato che Navalnyj è stato esposto a un agente nervino di tipo militare, appartenente alla famiglia del Novichok: lo stesso tipo di arma chimica usata nel 2018 contro Sergej Skripal, un’ex spia russa, nella città britannica di Salisbury. “Scegliere il Novichok per avvelenare Navalnij nel 2020 equivale praticamente a lasciare un autografo sulla scena del crimine”, ha scritto su Twitter Leonid Volkov, il capo dello staff di Navalnyj, allegando una foto della firma di Putin.

Il Novichok non è un unico veleno, ma una famiglia di oltre cento sostanze sviluppate nei laboratori sovietici negli anni settanta e ottanta. Si ritiene che sia dalle cinque alle otto volte più tossico del Vx, il più letale tra i gas nervini della precedente generazione. Inoltre ha una grande persistenza, cioè si disperde molto lentamente. Dopo che è stato usato a Salisbury, in nove punti della città sono stati necessari mesi di scrupolosa bonifica. Anche i compagni di volo di Navalnyj, e le persone con cui è entrato in contatto a Tomsk, hanno rischiato di essere avvelenati.

Nel 2018 il governo britannico aveva dichiarato che la Russia aveva prodotto e conservato piccole quantità di Novichok negli anni precedenti, violando così la Convenzione sulle armi chimiche (Cwc), un accordo internazionale che proibisce la maggior parte di queste armi. Secondo i britannici, era ridicola l’idea che gruppi criminali o terroristici avessero potuto produrre o usare un agente nervino di così elevata purezza. Il suo uso contro Navalnyj “significa che può essere stato solo qualcuno molto ricco e potente”, afferma Mark Galeotti, esperto dei servizi di sicurezza russi. “Nessun sindaco o agente locale dei servizi di sicurezza potrebbe impossessarsi di una sostanza simile”.

Domande spinose
L’identificazione del Novichok provocherà il coinvolgimento dell’Organizzazione per il divieto delle armi chimiche (Opcw), l’istituzione che vigila sul rispetto della Cwc. Nel 2018 l’Opcw ha confermato l’ipotesi britannica, secondo la quale a Salisbury è stato usato il Novichok (in seguito il Gru, l’agenzia d’intelligence militare russa, ha tentato un attacco informatico contro quest’istituzione). Dopo l’avvelenamento di Skripal l’Opcw è stata rafforzata, ottenendo l’autorità non solo d’identificare gli agenti chimici usati in un attacco, ma anche i suoi presunti autori.

La conferma dell’avvelenamento ha scatenato un’ondata di condanne e sospetti. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato che “qualcuno voleva mettere a tacere” Navalnij, e che questo “solleva domande spinose a cui solo il governo russo può rispondere”. Il governo tedesco ha dichiarato che avrebbe concordato una risposta congiunta con gli alleati dell’Unione europea e della Nato. Il primo ministro britannico Boris Johnson ha definito “vergognoso” il ricorso al Novichok e ha promesso di “collaborare con i partner internazionali affinché sia fatta giustizia”. La Casa Bianca ha promesso che “i russi saranno chiamati a rispondere delle loro azioni”.

Dopo l’attentato a Skripal, il Regno Unito aveva convinto i suoi alleati a procedere a un’espulsione di massa di presunti agenti russi negli Stati Uniti, in Europa e in Australia. Oggi organizzare una risposta così forte sarebbe più difficile. “L’Unione e l’occidente non hanno più molte armi, in termini di sanzioni, da usare efficacemente contro Mosca”, sostiene sir Adam Thomson, ex inviato britannico alla Nato e oggi direttore del centro studi European leadership network. Eppure le principali minacce al regime di Putin non arrivano dall’estero, ma dall’interno della Russia: e poche erano più serie di Navalnyj e della sua macchina politica.

È improbabile che l’avvelenamento di Navalnij sia avvenuto senza che Putin ne fosse al corrente

Prima di essere avvelenato, Navalnyj si trovava in Siberia per prepararsi alle elezioni locali, che minacciano d’indebolire il potere del Cremlino. Non è chiaro se il veleno sia stato mescolato al tè che ha bevuto all’aeroporto oppure somministrato alcune ore prima. Fatto sta che Navalnyj è svenuto poco dopo il decollo da Tomsk. Un volo di quattro ore e mezzo avrebbe potuto dare al veleno il tempo sufficiente per uccidere Navalnyj, se le cose fossero andate diversamente.

Quando ha saputo del malore, il pilota ha chiesto di poter effettuare un atterraggio d’emergenza nell’aeroporto di Omsk, circa 750 chilometri a ovest di Tomsk. Secondo alcune fonti russe poco prima dell’atterraggio l’aeroporto ha ricevuto una telefonata con un falso allarme-bomba, probabilmente per impedire l’atterraggio. Ma il pilota è riuscito comunque ad arrivare a terra. I medici che hanno visitato Navalnyj, sospettando un avvelenamento, gli hanno somministrato dell’atropina, un farmaco usato contro i gas nervini: la stessa sostanza con cui Navalnyj è stato in seguito curato in Germania.

Ma appena Navalnyj è stato portato in ospedale a Omsk, la struttura si è riempita di agenti in borghese, riferiscono i componenti del suo staff. Il primario ha sostenuto che non c’erano segni d’avvelenamento, e ha respinto le richieste della famiglia e dei colleghi di Navalnyj che volevano trasferirlo in una clinica tedesca specializzata. Dopo due giorni di rinvii, una serie di telefonate di leader europei – tra cui Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron – e la minaccia dei suoi collaboratori di organizzare una protesta di piazza, il Cremlino ha accettato a malincuore di far trasferire Navalnyj in una clinica di Berlino, dove è stato messo sotto protezione in qualità di ospite personale della cancelliera Merkel.

Nel frattempo è entrata in azione la macchina di disinformazione del Cremlino, che ha diffuso varie storie contraddittorie per confondere le acque. Si è detto che Navalnyj fosse ubriaco, che stesse seguendo una dieta (Margarita Simonyan, direttrice del canale Rt, ha scritto che lei porta sempre della cioccolata in borsa, qualora avesse un calo di zuccheri), e che fosse stato avvelenato dai tedeschi per danneggiare Putin.

È improbabile che l’avvelenamento di Navalnyj possa essere avvenuto senza che Putin ne fosse al corrente oppure senza che lo abbia ordinato o approvato. Per anni il presidente si è rifiutato di pronunciare in pubblico il nome di Navalnyj. I tribunali russi lo hanno perseguitato e incarcerato per brevi periodi per ostacolarne le attività. Ma eliminarlo o metterlo in prigione per anni sembravano opzioni più rischiose che utili per il Cremlino. Dopo le proteste nell’est della Russia, sostenute da Navalnij, e gli eventi rivoluzionari in Bielorussia, sembra che il calcolo sia cambiato. Ma mentre Navalnyj lotta per sopravvivere, anche il regime di Putin sembra meno stabile. Oltre che più pericoloso, sia per i russi sia per il mondo esterno.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.

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