Ci sono voluti solo pochi giorni ai taliban per conquistare l’Afghanistan, a volte occupando i principali capoluoghi di provincia sparando pochi colpi.
Si è parlato molto del crollo militare dell’esercito afgano, ma le interviste con i leader taliban, i politici afgani, i diplomatici e altri osservatori suggeriscono che il movimento islamista ha posto le basi per la sua vittoria molto prima degli eventi della scorsa settimana.
Pronti a una lotta più dura per riprendere il controllo di un paese che avevano governato dal 1996 al 2001, per mesi gli insorti hanno coltivato relazioni con funzionari politici e militari locali e con gli anziani delle tribù. Questo, combinato con il ritiro preannunciato delle truppe occidentali circa vent’anni dopo l’inizio della guerra più lunga d’America, ha infranto la fiducia nei confronti dell’amministrazione di Kabul e ha incoraggiato le persone a disertare. “I taliban non volevano combattere”, sostiene Asfandyar Mir, un analista della sicurezza dell’Asia meridionale presso la Stanford University. “Volevano provocare un collasso politico”.
Città e villaggi sono crollati come un domino, anche nel nord del paese, dove sono tradizionalmente più deboli, culminando con la cattura della capitale Kabul, il 15 agosto. Un comandante taliban ha affermato che una volta che le forze governative hanno visto che gli Stati Uniti stavano effettivamente andando via, la resistenza si è sgretolata. In appena una settimana, tutte le principali città dell’Afghanistan, da Kunduz nel nord a Kandahar nel sud, erano cadute. “Non significa che questi comandanti afgani che si sono arresi a noi siano cambiati o siano diventati fedeli: solo che non c’erano più dollari”, ha detto, riferendosi al sostegno finanziario che il governo e l’esercito hanno ricevuto dall’occidente per quasi due decenni. “Si sono arresi come capre e pecore”.
Quando i suoi combattenti hanno preso il controllo del palazzo presidenziale, il mullah Abdul Ghani Baradar, uno dei principali artefici della vittoria in quanto capo dell’ufficio politico dei taliban a Doha, ha affermato che si è trattato di un trionfo senza rivali, arrivato in modo inaspettatamente rapido. “Non ci aspettavamo questa situazione”, ha detto. Suhail Shaheen, portavoce dei taliban residente a Doha, ha affermato che un gran numero di distretti è stato conquistato tramite il genere di contatti che ha una lunga tradizione in Afghanistan, dove indurre i rivali a cambiare fazione è sempre stata una tattica comune. “(Abbiamo avuto) colloqui diretti con le forze di sicurezza locali e ci siamo serviti anche della mediazione di anziani tribali e studiosi musulmani”, ha detto. “In tutto l’Afghanistan, non in una particolare provincia o in una particolare posizione geografica”.
I taliban si sono assicurati i posti di frontiera, mettendo fine a una fonte decisiva di guadagni per il governo e i clan locali
Dopo essere stati cacciati dal potere nel 2001, con la campagna militare sostenuta dagli Stati Uniti, i taliban si sono gradualmente ricostituiti, finanziandosi con l’oppio e l’estrazione mineraria illegale, generalmente evitando scontri su larga scala finché la potenza aerea degli Stati Uniti ha appoggiato l’esercito afgano. Invece si sono concentrati su villaggi remoti e posti di blocco isolati, diffondendo la paura nelle città attraverso attentati suicidi. Nel frattempo, hanno preso il controllo di molte aree provinciali con una forma di governo ombra, istituendo tribunali e sistemi fiscali propri. Nelle aree settentrionali e occidentali, dove il movimento taliban, di etnia principalmente pashtun, era tradizionalmente più debole, si sono mossi per ottenere il sostegno locale e conquistare tagiki, uzbeki e altri rappresentanti del mosaico di etnie dell’Afghanistan.
Durante l’avanzata, Baradar è riuscito a preservare un fronte unito tra la leadership politica dei taliban e i combattenti in tutto il paese, superando gli interessi a volte contrastanti su questioni che vanno dai colloqui di pace alla condivisione dei proventi della coltivazione del papavero.
“I nostri capi della sicurezza e di altre commissioni provengono tutti da gruppi etnici locali”, ha spiegato Shaheen. “Ecco perché siamo stati in grado di prendere tutti i distretti di quelle province attraverso negoziati e colloqui. Non è la stessa situazione del passato”.
Un presidente in fuga
Una volta che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha confermato l’accordo raggiunto con i taliban dalla precedente amministrazione di Washington, la lunga campagna nelle province ha rapidamente dato i suoi frutti.
Nonostante gli accordi di pace firmati prima del ritiro, i militari e i servizi segreti statunitensi avevano segnalato chiaramente che i taliban avevano intensificato gli attacchi nei capoluoghi distrettuali e cercavano di bloccare le autostrade mentre si preparavano ad attaccare le città principali.
Inoltre è stata lanciata una serie di omicidi mirati di personalità chiave della sicurezza afgana “con l’obiettivo di indebolire il morale e minare la fiducia dell’opinione pubblica nel governo”, ha affermato a luglio un rapporto del dipartimento di stato.
Dopo aver preso possesso di remote aree di campagna, i taliban si sono assicurati i posti di frontiera, mettendo fine a una fonte decisiva di guadagni per il governo e al sostegno dei clan locali, che tradizionalmente trattenevano una parte dei dazi doganali in cambio della loro lealtà.
La strategia ha fatalmente indebolito il governo di Ashraf Ghani, un accademico di formazione occidentale sostenuto da Washington ma con scarso sostegno popolare al di fuori di Kabul e scarse relazioni anche con alcuni dei suoi stessi comandanti.
Una volta che è fuggito dal palazzo, il 15 agosto, il suo ministro della difesa, il generale Bismillah Mohammadi, ha twittato accusandolo di aver “legato le nostre mani dietro la schiena e venduto il nostro paese. Maledizioni su Ghani e la sua banda”.
Essendo un pashtun guardato con diffidenza dagli altri gruppi etnici, Ghani aveva fatto affidamento sul sostegno degli indisciplinati leader dell’ex Alleanza del Nord, che gli Stati Uniti avevano reclutato per sconfiggere i taliban nel 2001. Tra questi c’erano Atta Mohammad Noor, ex governatore della provincia di Balkh, e il leader uzbeko Rashid Dostum. Ma i pazienti sforzi dei taliban hanno minato anche il sistema di sponsorizzazione che manteneva tali leader al loro posto, e sono fuggiti anche loro.
(Jibran Ahmad da Peshawar, Gibran Peshimam da Islamabad e Alasdair Pal da New Delhi)
Questo articolo è stato pubblicato dalla Reuters.
Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede in Asia. Ci si iscrive qui.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it