Le strade di Odessa sono di nuovo animate, ma gli occasionali attacchi missilistici allontanano qualsiasi senso di normalità. Gli elaborati edifici in pietra del centro storico sono sostenuti da sacchi di sabbia. Poche persone si avventurano sulla spiaggia per fare un tuffo nel mar Nero, che è ormai pesantemente minato, e un coprifuoco alle dieci di sera tiene chiusi in casa i circa cinquecentomila abitanti che non sono fuggiti. Per ora la città tira un sospiro di sollievo: la Russia ha ridimensionato le ambizioni della sua invasione e si sta concentrando sull’est del paese.
Ma il peggio potrebbe ancora arrivare. Odessa ha un enorme significato tattico, simbolico ed economico. Per il resto del mondo il destino del porto determinerà la gravità di una crescente crisi alimentare. Perché Odessa è così importante?
Soprannominata “perla sul mare”, la terza città dell’Ucraina era un tempo un gioiello dell’impero russo. Fondata nel 1794 da Caterina la Grande, divenne un centro mercantile e un rifugio per gli scrittori (si dice che Čechov vi consumasse grandi quantità di gelato, e che Pushkin ci abbia trascorso 13 mesi). Il suo significato storico ha forse contribuito a proteggere il centro della città dai peggiori attacchi russi, a differenza di Mariupol, il più grande porto sul mar d’Azov, cinquecento chilometri più a est. Come in gran parte dell’Ucraina orientale, la popolazione di Odessa è soprattutto russofona, anche se la guerra ne ha rafforzato l’identità ucraina.
La città è fondamentale anche dal punto di vista economico. Dai porti del mar Nero, tra cui Odessa, altri due vicini (Pivdennyi e Čornomorsk), e Mykolaiv a est, passava più del 70 per cento delle esportazioni ucraine prima della guerra. Il blocco russo del mar Nero e le mine posizionate sul fondo dall’Ucraina, per scopi difensivi, hanno bloccato tutte le spedizioni, comprese quelle di grano, di cui l’Ucraina era il quinto esportatore mondiale. Questo ha contribuito a far salire i prezzi del grano di oltre il 50 per cento quest’anno. Il 24 maggio Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha accusato la Russia di usare la fame come arma. La Russia, il più grande esportatore di grano al mondo nel 2021, ha approfittato dei prezzi quasi da record. E ora sta usando la penuria alimentare come merce di scambio, offrendo di sbloccare i porti in cambio della revoca delle sanzioni da parte dell’occidente.
I leader mondiali sono alla disperata ricerca di modi per sbloccare le esportazioni ucraine, finora senza successo
La pressione per la riapertura dei porti del mar Mero è destinata a crescere. Tra circa un mese comincerà un nuovo raccolto, ma l’Ucraina non ha lo spazio per immagazzinarlo. Secondo Sławomir Matuszak del Centro per gli studi orientali, un’istituzione con sede a Varsavia, la prossima stagione frutterà trenta milioni di tonnellate di raccolto per l’esportazione, oltre ai venti milioni di tonnellate già presenti nei silos. In totale circa cinquanta volte più di quanto il paese abbia esportato nell’ultimo mese.
I percorsi alternativi su rotaia e su strada possono trasportare solo una frazione delle esportazioni abituali, con costi di trasporto molto più elevati rispetto a quelli via mare. I leader mondiali sono alla disperata ricerca di modi con cui sbloccare le esportazioni ucraine, finora senza successo.
Per ora la Russia sta concentrando i suoi sforzi militari nella regione del Donbass orientale. Ma ha spento gli ultimi focolai di resistenza a Mariupol e alcuni temono che possa rifarsi minacciosa, per esempio avanzando a ovest via Mykolaiv, a 130 chilometri di distanza, attraverso Odessa, verso la Transnistria, una regione separatista filorussa della Moldova su cui ha messo gli occhi.
I missili russi hanno preso di mira soprattutto le infrastrutture, come nel caso degli attacchi multipli all’aeroporto della città e al vicino ponte Zatoka, che è stato la via principale per i rifornimenti provenienti dalla Romania. Ma hanno colpito anche edifici residenziali e centri commerciali. Un attacco anfibio sembra improbabile. La presa della città sarebbe la parte più complessa della spinta di Mosca per impadronirsi della costa e isolare l’Ucraina. Finora Odessa ha resistito all’aggressione russa. Il destino della città sarà fondamentale, ben oltre i confini dell’Ucraina.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.
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