Nel mezzo del brutale conflitto in Yemen che ha già ucciso più di 370mila persone, gli yemeniti si sono rivolti al loro antico amore per il calcio come antidoto per affrontare la devastazione, la violenza e la crisi umanitaria che sconvolgono il paese.

Attraverso i tornei non ufficiali organizzati in diversi villaggi e città, ragazzi e uomini yemeniti si riuniscono per provare a vivere la vaga parvenza di un’esistenza normale. Su campi di calcio improvvisati, coperti solo di sabbia e rocce, questi giocatori amatoriali danno il loro meglio per un pubblico di centinaia di persone arrivato da vicino e da lontano per vederli. Non ci sono posti a sedere. Gli spettatori, tra 800 e 1.500 persone, solitamente stanno in piedi per tutta la durata delle partite, gridando e cantando per spronare la propria squadra e i propri giocatori.

Come per molti aspetti della vita in Yemen, il mondo calcistico ufficiale ha subìto una brusca battuta d’arresto dopo lo scoppio della guerra nel 2014. Nel vuoto politico che si è creato con la destituzione del presidente Ali Abdullah Saleh, al potere da decenni, il gruppo degli huthi, con il sostegno dell’Iran, ha cercato di conquistare il potere in Yemen. Ha preso il controllo della capitale Sanaa, riuscendo col tempo a scacciare il governo riconosciuto dalle Nazioni Unite e il suo presidente Abd Rabbu Mansour Hadi, che godeva dell’appoggio dell’Arabia Saudita e di altri attori regionali.

Quasi il 60 per cento delle 370mila morti di questi otto anni sono state causate dalla fame, dalla mancanza di assistenza sanitaria e dall’acqua non potabile, dato che le infrastrutture del paese sono in enorme sofferenza. Circa 25 milioni di yemeniti hanno bisogno di assistenza, cinque milioni sono a rischio carestia, e un’epidemia di colera ha colpito più di un milione di persone.

Con questa drammatica situazione in atto, tanti si sono rivolti al calcio per un po’ di conforto, non solo prendendo parte ai tornei non ufficiali ma anche dandosi al calcio di strada. Sami al Handhali, un commentatore calcistico ed ex giocatore della squadra di calcio al Ahly Taiz, spiega che le infrastrutture sportive hanno subìto pesanti distruzioni, perché gli stadi e i centri sportivi sono stati colpiti dagli attacchi o trasformati in basi militari.

I tornei contribuiscono a tenere i giovani lontani dalle violenze, rafforzando il legame tra giocatori e spettatori di diverse regioni e tribù

Anche se i campionati ufficiali sono ricominciati nel settembre 2021, i finanziamenti ai club sportivi e agli atleti restano scarsi, aggiunge. “Gli yemeniti organizzano i loro eventi su campetti da calcio improvvisati, restituendo entusiasmo al pubblico e aiutandolo ad affrontare i propri drammi, ma anche portando a scoprire nuovi talenti che poi sono stati selezionati dalle squadre professionistiche e anche in nazionale”, ha spiegato al Handhali. “Queste partite e questi tornei contribuiscono anche a tenere molti giovani lontani dal coinvolgimento nelle violenze, rafforzando il legame tra giocatori e spettatori di diverse regioni e tribù”.

Gerarchie rimescolate
Queste partite rafforzano il senso di appartenenza a un villaggio o a una provincia, nonostante divisioni vecchie di anni e due governi avversari, ma entrano in gioco anche sentimenti di unità nazionale. Il pubblico spesso si scatena in cori per lo Yemen, invocando una patria unita e pacifica per tutti.

Secondo Ramzy Mosad, 25 anni, questi tornei di calcio sono un’opportunità per entrare in contatto con altri yemeniti in un modo a cui non era abituato. Mosad appartiene al popolo dei muhamasheen – gruppo di minoranza nero storicamente emarginato – e per questo è confinato nelle baraccopoli di Jibla, una cittadina nello Yemen sud-occidentale, alla periferia di Ibb. Qui i muhamasheen sono lontani dagli altri yemeniti, ammassati in case di paglia o cartone, in zone dove mancano i servizi di base sanitari, idrici, igienici e una fornitura elettrica stabile.

Perciò per la squadra calcistica dei muhamasheen, Elnaseem, essere stati invitati a un torneo nel distretto di Assayani e aver giocato insieme ad altre squadre di Ibb “ci ha scaldato il cuore”, racconta Mosad. “Il coinvolgimento degli abitanti di Assayani nelle nostre partite non ha prezzo. Siamo stati travolti e ci siamo riempiti di gioia e felicità guardando quel pubblico che ci ammirava come se fossimo abitanti del posto”, aggiunge Mosad, la cui squadra ha poi vinto il torneo.

Respinti dalla società a causa di una gerarchia sociale secolare in cui i muhamasheen sono confinati al gradino più basso, l’invito a partecipare al torneo “è stato immensamente apprezzato, e abbiamo voluto mostrare agli altri che anche noi abbiamo dei giocatori di talento e siamo desiderosi di integrarci nella nostra società”, racconta Mosad.

Partecipando al torneo, i giocatori muhamasheen hanno interrotto il ciclo di discriminazioni che subiscono da anni

Questo particolare torneo si svolge ogni inverno dal 2017 nella regione controllata dagli huthi, spiega Motee Dammaj, uno degli organizzatori e fondatori del campionato di Assayani. Gli inviti vengono mandati a 16 squadre dei villaggi di Assayani e di Jibla, e “la voglia di organizzare eventi come questo nasce dalla consapevolezza dell’amore degli yemeniti per lo sport, e dal desiderio di infondere nuova vita a molti yemeniti devastati dalla guerra, rafforzando inoltre i legami sociali tra di loro”, afferma Dammaj.

Il numero dei partecipanti dipende però dalla situazione del paese in un dato momento, aggiunge. “Ogni anno c’è grande affluenza e partecipazione di giocatori e di pubblico, e il morale è sempre altissimo. Nonostante la pesante carenza di carburanti che rende difficile a molti partecipare ai giochi, otto squadre ci sono comunque riuscite”, afferma, accogliendo con favore la presenza dei muhamasheen, che è stata “importante per rompere il ciclo di discriminazione che questa minoranza subisce da anni”.

Dalla strada alla nazionale
Nel 2017 Hamza Mahrous, all’epoca tredicenne, era uno delle centinaia di migliaia di persone che hanno abbandonato la città di Hodeida sul mar Rosso, in fuga dalle crescenti violenze. Si è stabilito con la famiglia a Taiz, anch’essa teatro di scontri e violenze, assediata dagli huthi dal 2015.

Avendo trascorso gran parte della sua vita in un contesto rurale, fin da giovane Mahrous ha sviluppato un profondo amore per il calcio. Prima dello sfollamento, aveva vinto numerosi premi per le sue doti atletiche, giocando come centravanti per la squadra scolastica e per un club locale. A Taiz, giocava nei tornei informali che si svolgevano nelle strade danneggiate dalla guerra nel quartiere di al Masbah, nel quale viveva. Lì è stato subito ingaggiato da diverse squadre locali, compreso il club calcistico Talee Taiz, con il quale ha vinto il torneo Balqees.

Nel 2019 è stato notato da un gruppo di osservatori in cerca di giocatori da reclutare nella nazionale yemenita, ed è stato invitato a entrare nella squadra under 15. “Entrare nella nazionale era un sogno che non ho mai pensato si potesse realizzare, soprattutto considerato che sono uno sfollato e i tempi difficili in cui ci troviamo”, ha detto Mahrous. “Ma con tenacia ed esercizio, nelle strade e nei campi di calcio, e con l’appoggio dei miei genitori, è accaduto”.

Nel dicembre 2021 Mahrous e i suoi compagni di squadra hanno regalato agli yemeniti un raro assaggio di esultanza e di orgoglio nazionale quando hanno vinto la coppa di calcio juniores dell’Asia occidentale, battendo l’Arabia Saudita ai rigori in finale. Gli yemeniti si sono riversati nelle strade a festeggiare, alcuni sparando colpi in aria con le proprie armi, esultando per un attimo con un senso di orgoglio e unità. “Sento di aver contribuito a creare quella felicità che milioni di yemeniti desideravano, e di cui avevano bisogno. E questo è stato possibile solo attraverso il calcio, un gioco che tutti loro amano tantissimo”, dice Mahrous.

Una seconda possibilità
Saad Murad, 30 anni, racconta di aver perso l’occasione di sfondare nella carriera calcistica a causa della guerra. Dopo essersi costruito per dieci anni un curriculum da calciatore, dai tornei scolastici nella sua città Damt al campionato nella prima divisione yemenita nelle file del club Dhu Reidan, Murad sembrava destinato alla nazionale.

Ma quando il più importante campionato nazionale e tutte le attività sportive ufficiali sono state sospese, la sua carriera ha si è interrotta. Oggi racconta che l’unico legame rimasto con la sua vita precedente sono i tornei informali organizzati in inverno. “Questi tornei locali mi hanno dato conforto e sollievo, e una maniera di accettare i miei sogni perduti”, dice Murad, che non riesce a trovare lavoro nella drammatica situazione economica del paese.

Con la partecipazione di 32 club ufficiali e giocatori della nazionale, il torneo ospitato a Damt lo scorso inverno è stato uno degli eventi calcistici più grandi che si sono tenuti nel paese negli ultimi sette anni. Come spiega Moammar al Hajri, del comitato organizzativo di Damt, questo torneo si svolge ogni anno dal 2018 grazie a finanziamenti indipendenti e donazioni, con il sostegno di imprenditori, soggetti aziendali e degli yemeniti all’estero.

“La squadra vincitrice ha ottenuto un premio in denaro di circa 500mila riyal yemeniti (duemila dollari) e i secondi classificati hanno ricevuto 300mila riyal (1.200 dollari)”, spiega al Hajri. Cifre come queste sono importanti in un paese in cui la valuta locale ha sofferto dei durissimi colpi a causa del conflitto. Con la perdita di posti di lavoro e la sospensione dei salari, milioni di persone lottano per la sopravvivenza, e la situazione è peggiorata da una carenza di carburante che ha ulteriormente inasprito l’inflazione.

Mahioub al Marisi, 50 anni, dipendente pubblico che ha assistito a quasi tutte le partite del torneo di quest’anno insieme ai suoi figli, è rimasto meravigliato dal gran numero di persone arrivate da zone lontane, spesso a piedi. “I campi di calcio erano fatti di sabbia, eppure un pubblico appassionato si è accalcato negli spazi circostanti straripando nei campi coltivati per poter intravedere le partite. La gente era semplicemente entusiasta ed elettrizzata di essere lì. Ha rigenerato una parte dell’animo degli yemeniti”, dice.

Lontano da questi tornei, Jameel Nasher, 22 anni, quasi ogni giorno si dirige verso uno spazio aperto vicino casa sua su via Taiz a Ibb, dove nel tardo pomeriggio si incontra con altri amanti del calcio per giocare fino a tarda notte. Con indosso la maglietta del Liverpool di Mohammed Salah, con il numero 11, a dimostrare il suo amore per il calciatore, Nasher forma una squadra di otto giocatori. In campo è un turbinio di colori. Ogni giocatore indossa la divisa della squadra per cui fa il tifo. “Il nostro amore per il calcio e il nostro giocare in strada è quel che rimane immutato nelle nostre vite devastate dalla guerra. Siamo cresciuti giocando ed è rassicurante sapere che questo non ci è stato tolto”, dice.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

Questo articolo è uscito su Al Jazeera. Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede in Medio Oriente. Ci si iscrive qui.

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