×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

I guerriglieri colombiani delle Farc diventano guide turistiche

San Vicente del Caguán, in Colombia, 5 novembre 2021. (Camilo Vargas, Misión de verificación de la Onu en Colombia)

Sembra di galleggiare lungo la navata di una cattedrale allagata. Grandi pareti di roccia si ergono da acque placide e fangose, che risuonano di rampicanti gocciolanti e pappagalli starnazzanti. Poi il fiume si allarga e accelera, talvolta bloccato da massi che, per essere schivati, richiedono colpi di pagaia che bruciano
i bicipiti. Onde di acqua fredda si abbattono sull’imbarcazione da rafting che rimbalza tra schiumose rapide. Alla fine si ferma su una spiaggia, dove una famiglia del posto ci aspetta con canna da zucchero e succo di guava.

“Abbiamo sostituito i fucili con i remi”, Frellin Noreña sorride mentre guida la zattera bagnato dalla testa ai piedi. Il suo nome di battaglia era Pato, ovvero anatra. “Bisogna essere pazzi per preferire la guerra alla pace”. Noreña è un ex combattente delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), un gruppo guerrigliero.

Circa settemila dei suoi compagni hanno abbandonato le armi dopo l’accordo di pace del 2016 che ha formalmente posto fine al più lungo conflitto interno dell’emisfero occidentale. Oggi lavora come guida con la Caguán expeditions e porta i turisti sui fiumi vicino a Miravalle, nel dipartimento Caquetá, un angolo remoto della Colombia dove pochissimi estranei si sono avventurati negli ultimi decenni. Sostenuta dall’Onu, l’iniziativa mira a reintegrare gli ex guerriglieri mettendo a frutto la loro conoscenza della regione amazzonica.

Alloggiare presso gli agricoltori locali offre ai turisti una finestra sulla persistente povertà che l’accordo del 2016 avrebbe dovuto risolvere

Esistono diversi progetti di questo tipo. Gli ex guerriglieri offrono attività di osservazione degli uccelli, escursioni e un’abbondante cucina da campo nell’ambito dei tour ecologici Tierra grata di La Paz, una città vicino al confine con il Venezuela. Nel corso di un’escursione di due giorni lungo i sentieri paludosi delle montagne, Jhonni Giraldo, un ex soldato delle Farc, conduce i turisti più coraggiosi al piccolo borgo di Marquetalia. Nel 1964 l’esercito riversò un inferno di bombe su questa comune armata fondata da profughi; i sopravvissuti si diressero verso le colline e nacque l’insurrezione delle Farc. Non c’è molto da vedere, a parte i resti arrugginiti di un elicottero abbattuto. Giraldo sta pensando di ricostruire la casa di Manuel Marulanda detto Tirofijo, il fondatore delle Farc.

Cicatrici di battaglia
Alloggiare presso gli agricoltori locali offre ai turisti una finestra sulla persistente povertà che l’accordo del 2016 avrebbe dovuto risolvere. “Non ci sono strade e i medici visitano raramente queste zone”, dice Fredy Conde, che trasporta faticosamente il suo formaggio su muli per venderlo al mercato locale. “In Colombia la campagna è stata abbandonata”. Il soggiorno nei campi di reinsediamento delle Farc, istituiti dopo l’accordo di pace per riabilitare gli ex
combattenti, offre anche un assaggio di quali siano le difficoltà di questa smobilitazione.

Miravalle, tappezzato di murales dei leader Farc e arroccato su una valle dalla natura lussureggiante, vanta un allevamento di pesci, una serra di coltivazioni biologiche e un piccolo museo, oltre alle attività di rafting. I suoi ribelli divenuti canottieri hanno perfino gareggiato in Australia.

Ma alcune guide fluviali hanno deciso di lavorare come guardie del corpo per i loro ex comandanti, dice Noreña (dal 2016 sono stati uccisi circa trecento combattenti smobilitati delle Farc). Molti venerano ancora il loro ex comandante, Hernán Darío Velásquez, meglio conosciuto come El Paisa, che ha abbandonato Miravalle ed è tornato nella giungla con un manipolo di uomini nel 2018, lasciandosi alle spalle fidanzate e figli piccoli. El Paisa, che sarebbe stato ucciso in Venezuela nel dicembre 2021, era un narcotrafficante che ha ucciso decine di civili, racconta Sebastián Velásquez dell’ong Federazione colombiana delle vittime delle Farc.

È improbabile, dato anche il permanere delle tensioni, che queste iniziative di ex membri delle Farc diventino un punto di riferimento per il turismo internazionale. Solo il 10 per cento dei clienti della Caguán Expeditions sono stati stranieri, dice Noreña. Il rafting d’acqua dolce a San Gil, a sette ore di auto dalla capitale, è più emozionante, ammette. L’itinerario che passa da Marquetalia interessa probabilmente soprattutto gli appassionati di storia e i fanatici del caffè (i pendii vulcanici della regione ne sono ricchi).

Le iniziative stanno aiutando alcune famiglie a guadagnarsi da vivere in modo legale. E questo non è poco in un paese dove le cicatrici del conflitto armato sono ancora fresche. Nel suo rapporto finale del 28 giugno, la commissione per la verità della Colombia, istituita nel 2016 nel quadro dell’accordo di pace, ha rilevato che tra il 1985 e il 2018 sono state uccise più di 450mila persone, il doppio delle stime precedenti. I paramilitari, spesso legati alle élite imprenditoriali e ai proprietari terrieri, sono stati responsabili di quasi la metà delle uccisioni; le Farc e altri gruppi ribelli minori, di un quarto. Circa sette milioni di persone sono fuggite dalle loro abitazioni nello stesso periodo.

Il neoeletto presidente di sinistra, Gustavo Petro – a sua volta un ex guerrigliero del gruppo M19 – ha promesso di attuare le raccomandazioni della commissione, tra cui la riforma delle forze armate e la regolamentazione del traffico di droga. Anche un soldato semplice che si è imbattuto brevemente nel signor Giraldo sul sentiero per Marquetalia sostiene che lo stato finora non ha mantenuto le promesse di sviluppo rurale. “Il conflitto non fa bene a nessuno”, dice l’ex
ribelle, arrancando in salita verso il punto in cui tutto è cominciato. Il soldato concorda. “Né per i civili, né per il governo”.

Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale britannico The Economist.

pubblicità