Quando si arriva a Cinecittà si attraversa una portineria, costruita nello stile razionalista italiano di inizio novecento che sembra preparare i visitatori a un viaggio nel passato. La maggioranza dei visitatori, circa centomila all’anno, viene proprio per questo. Cinecittà si estende su più di quaranta ettari alla periferia di Roma e ospita il Museo italiano dell’audiovisivo e del cinema, dove si può visitare una mostra permanente dell’illustre storia della stessa Cinecittà, e un’altra dedicata interamente a Federico Fellini, ideata dal suo protetto Dante Ferretti.

Al di là degli hangar dei 19 teatri di posa, i turisti possono aggirarsi tra le stradine e i set permanenti di Cinecittà. Il più esteso è una riproduzione in fibra di vetro di un’antica città romana, con tanto di anfiteatro e arco di trionfo. È un ricordo dei giorni di gloria dello studio, tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta, quando era usato per realizzare film epici come Ben Hur e Cleopatra. Grazie a questo si è guadagnato l’appellativo di “Hollywood sul Tevere”.

Fino a poco tempo fa, dice l’amministratore delegato di Cinecittà, Nicola Maccanico, “questo era un posto dove le persone venivano per vivere l’esperienza della storia del cinema e nel quale, ogni tanto, qualcuno veniva a girare un film”. I registi erano perlopiù italiani o di origine italiana, come Martin Scorsese, che qui ha girato Gangs of New York, o Anthony Minghella, che ha scelto Cinecittà per Il paziente inglese. Ma tutto questo potrebbe drasticamente cambiare.

Immersione totale
In termini assoluti l’Italia è destinata a diventare il principale beneficiario del fondo di rilancio post-pandemia dell’Unione Europea (pnrr): dovrebbe ricevere, o prendere a prestito a tassi agevolati, più di duecento miliardi di euro. Di questi, 260 milioni sono stati stanziati per migliorare e ingrandire sensibilmente Cinecittà. “La produzione di film, serie e documentari sta vivendo una crescita vertiginosa”, ha detto il ministro della cultura Dario Franceschini. “Dobbiamo farci trovare pronti”.

Cinecittà sta per espandersi di oltre due terzi e acquisterà attrezzature all’avanguardia

Il piano prevede di aumentare il numero di teatri di posa a 24, e di sviluppare un nuovo sito da 31 ettari nelle vicinanze. Il nuovo lotto, distante solo mezzo chilometro nel punto più vicino, avrà altri otto teatri di posa e 16 ettari di area all’aperto. Che si misuri in base alla superficie o al numero di teatri di posa, Cinecittà sta per espandersi di oltre due terzi. Acquisterà anche alcune attrezzature all’avanguardia già in uso negli studios statunitensi e britannici, tra cui un gigantesco schermo a led, che immerge gli attori nel mondo fantastico che stanno mettendo in scena molto più efficacemente dei tradizionali green screen.

La domanda è se questo enorme investimento darà i suoi frutti. Fino a un paio di mesi fa, la risposta era palesemente affermativa. Cinecittà era al completo e le sue fortune erano migliorate gradualmente negli ultimi dieci anni, anche grazie all’avvento dello streaming. Ma l’annuncio di aprile di un calo degli abbonamenti di Netflix ha gettato un’ombra su tutta l’industria cinematografica e televisiva. E ora gran parte dell’economia mondiale rischia l’inflazione e forse la recessione.

Maccanico concorda sul fatto che “potrebbe esserci un periodo di consolidamento. Ma credo che gli spazi che creeremo a Cinecittà saranno redditizi anche in un periodo di crescita lenta”. Roma, sostiene, esercita un’immensa attrattiva sulle produzioni cinematografiche, anche in presenza della crescente concorrenza degli studios a basso costo dell’Europa orientale.

Innanzitutto, una generosa agevolazione fiscale: un credito del 40 per cento sulle spese di produzione ammissibili sostenute in Italia, che può arrivare fino al 75 per cento del costo totale della produzione e a un massimo di venti milioni di euro all’anno. Poi ci sono i tecnici esperti di Cinecittà. E infine, dice Maccanico, c’è Roma stessa. “Se dici a un’attrice come Charlize Theron che gireremo per sei mesi a Sofia o per sei mesi a Roma…”. Maccanico lascia la frase incompiuta, ma con un’eloquente alzata di sopracciglia lascia intendere che, per le star abituate a una certa qualità di vita, la scelta è ovvia.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it