Alcune idee per rendere verde il carburante per gli aerei
Viaggiare in aereo non è affatto la principale fonte di gas serra prodotti dalle attività umane. Al momento contribuisce alla produzione del 2,5 per cento di questi gas. Tuttavia, dopo un declino provocato dal covid-19, i viaggi in aereo sono di nuovo in aumento e le loro emissioni sono di alto profilo e difficili da gestire. Per gli aeroplani a capacità ridotta e impiegati su brevi tratte, le batterie sembrano promettenti.
Per gli aerei più grandi, però, l’innovazione tecnologica sull’utilizzo dell’idrogeno compresso – ricavato da fonti ecologiche – usato come carburante degli aerei o per alimentare pile a combustibile che a loro volta fanno funzionare motori elettrici, è destinata a restare solo una fantasia ancora per alcuni decenni.
Ecco spiegata la popolarità suscitata dall’idea del carburante sostenibile per l’aviazione (sustainable aviation fuel, saf). Questa sostanza magica sarebbe paragonabile al carburante esistente in base a tutti i parametri più rilevanti, configurandosi così come una sostituzione drop-in (in questo caso, senza la necessità di modificare i motori) del cherosene attualmente bruciato dagli aerei.
Difficile produzione
Tuttavia, anziché essere distillato dal greggio, il saf dovrebbe essere prodotto direttamente o indirettamente dall’anidride carbonica. Idealmente, dovrà trattarsi di anidride carbonica derivata di recente dall’atmosfera, così che al momento di tornare nell’aria non crei alcun effetto serra aggiuntivo. Nel migliore dei casi, però, sarà estratta dagli scarti di un processo industriale, che potrà così quanto meno sostituire le emissioni di combustibili fossili prima di essere rilasciata.
Il carburante sostenibile fin qui arrivato sul mercato si basa sulla fotosintesi per il fissaggio dell’anidride carbonica
Se riesci a fare tutto questo mantenendo un prezzo competitivo rispetto a ciò che è prodotto da una raffineria, il mondo è ai tuoi piedi. Le compagnie aeree hanno già effettuato 450mila voli utilizzando il saf come componente della loro miscela di carburante. Il settore punta alla neutralità carbonica entro il 2050 e fin qui il “safappare” è l’unico modo pratico per raggiungere l’obiettivo. Produrre il saf è però difficile. Riducendo il discorso alle componenti chimiche essenziali, significa prendere l’equivalente degli scarichi del motore e trasformarlo in qualcosa che somigli a quello che è entrato nel motore. Per farlo bisogna “fissare” il carbonio dell’anidride carbonica in grandi molecole ricche di energia. Non c’è da sorprendersi se il risultato costi circa il triplo rispetto al normale carburante per aerei.
Un problema dato dall’uso della biomassa come materia prima è che è ingombrante
Il saf fin qui arrivato sul mercato si basa sulla fotosintesi per il fissaggio dell’anidride carbonica. È derivato da scarti di olio da cucina e grassi animali, le cui molecole di trigliceridi devono la loro esistenza all’azione della luce solare sulla clorofilla. Per produrre il saf, i trigliceridi vengono idrotrattati, una modalità
collaudata per ottenere biodiesel per i trasporti a terra. Una molecola di trigliceridi è costituita da tre code di atomi di carbonio attaccati a una testa che contiene ossigeno. L’idrotrattamento combina l’ossigeno con l’idrogeno per produrre acqua. Questo processo libera le code e trasforma la testa in una molecola di propano. Le code liberate possono a quel punto essere processate e diventare drop-in.
Imbarco immediato
Al momento il produttore più grosso di saf idrotrattato è l’azienda finlandese Neste che sta ampliando un impianto di biodiesel per la produzione di saf a Rotterdam e ne sta espandendo un altro a Porvoo, nel suo paese di origine. La Neste punta a trasformare, entro la fine del 2023, 1,9 miliardi di litri di saf all’anno: circa quindici volte la produzione totale mondiale del 2021 – comunque meno del 2 per cento del consumo globale di carburante per aerei. Una tappa fondamentale è stata segnata a luglio, quando la American airlines ha preso in consegna il primo lotto di saf per farlo certificare come ecologico dal programma Corsia (Carbon offsetting and reduction scheme for international aviation), che confronta gli standard sulle emissioni nel settore dell’aviazione.
La Neste però non è l’unica azienda a utilizzare l’idrotrattamento per produrre il saf dagli oli alimentari e dai grassi riciclati. Negli Stati Uniti, l’azienda World energy usa un’ex raffineria di petrolio a Paramount, in California, per fare qualcosa di simile. Quello di Paramount è stato il primo impianto a produrre il saf per fini commerciali, convertito a tale scopo nel 2016 dall’imprenditore Bryan Sherbacow. La World energy, a cui Sherbacow ha venduto l’impianto nel 2018, ha fatto squadra con la Air products, specializzata in gas industriali, e con la Honeywell, un’azienda di ingegneria, per ampliare le sue operazioni. Entro il 2025 prevede di produrre circa 1,3 miliardi di litri di saf all’anno. Lo stesso Sherbacow, intanto, si sta muovendo in un’altra direzione: ampliare la gamma di materiali di scarto che possono essere trasformati in saf.
Un grande ostacolo all’espansione dell’approccio al saf basato sui trigliceridi è la fornitura di materie prime. Tutti sono in grado di apprezzare la valorizzazione dei rifiuti alimentari. Ma affinché questo possa offrire un contributo serio al mercato del carburante per aerei occorre acquistare oli e grassi freschi che potrebbero
essere utilizzati anche a scopi alimentari. Questo determinerebbe un aumento dei prezzi e incoraggerebbe la diffusione delle piantagioni di palma da olio, provocando esiti problematici.
Il nuovo progetto di Sherbacow, la Alder fuels, sta affrontando il problema. Anche la materia prima utilizzata dalla Alder è uno scarto, ma in questo caso si tratta di scarti della silvicoltura e dell’agricoltura. Questa biomassa è composta soprattutto da cellulosa, emicellulosa e lignina, tre polimeri strutturali che in
sostanza agiscono come lo scheletro di una pianta. I polimeri strutturali non possono essere processati attraverso nulla che si avvicini all’idrotrattamento. La Alder usa invece la pirolisi, che rompe la materia in molecole più piccole attraverso l’applicazione del calore. Il risultato è condensato in un liquido ricco di idrocarburi che l’azienda definisce greggio ecologico. Questo può essere processato e trasformato in saf nelle raffinerie esistenti e la Boeing, il più importante costruttore di aerei degli Stati Uniti, ha annunciato a luglio che avrebbe utilizzato alcuni dei suoi aerei per testare e qualificare i risultati. La Alder spera di cominciare la produzione commerciale nel 2024.
Il miglior guadagno è il risparmio
Un problema dato dall’uso della biomassa come materia prima è che è ingombrante, e dunque costosa da raccogliere, trasportare e immagazzinare. Per aggirare il problema, la Alder sta prendendo in esame il sistema hub-and-spoke (mozzo e raggi), in cui rispetto alla circonferenza del ciclo produttivo gli impianti di lavorazione si trovano all’estremità dei raggi, vicino alle fonti di biomassa, mentre il greggio ecologico prodotto viene trasportato per mezzo di autocisterne in una raffineria al centro (ossia il mozzo).
Secondo i calcoli dell’Alder, se fossero processati con questo sistema i rifiuti della silvicoltura e dell’agricoltura negli Stati Uniti sarebbero sufficienti a coprire i tre quarti dell’attuale fabbisogno del paese di carburante per aerei, senza necessità di creare nuove piantagioni o di entrare in competizione con la produzione alimentare. Altri propongono comunque una strategia diversa, ossia fissare il
biossido di carbonio direttamente in un impianto industriale invece che affidarsi alla biologia per farlo.
Gli approcci più popolari a questo tipo di fissazione diretta sono i cosiddetti processi power-to-liquid, che producono quelli che sono definiti e-fuel (abbreviazione di electrofuel, visto che la produzione dipende, almeno in parte, dall’elettricità). I processi power-to-liquid variano molto. Tutti però hanno in comune la creazione di una mistura di idrogeno e monossido di carbonio, o
gas di sintesi.
Il valore del gas di sintesi è che, a temperature e pressioni appropriate e in presenza dei catalizzatori adatti, le sue componenti reagiscono per produrre idrocarburi e acqua. Si tratta del processo Fischer-Tropsch (dal nome dei chimici tedeschi che lo hanno inventato negli anni venti) usato in Germania durante la seconda guerra mondiale per convertire il carbone in combustibili liquidi e
sopperire così al mancato accesso del paese al petrolio.
L’approccio adottato in tempo di guerra implicava la parziale ossidazione del carbone per creare monossido di carbonio. Questo ingrediente però può essere prodotto anche dalla riduzione parziale di anidride carbonica: ecco spiegato l’interesse suscitato nell’utilizzo di questo processo per la produzione di saf. L’anidride carbonica potrebbe provenire da diverse fonti. Alcuni sognano di prelevarla direttamente dall’atmosfera, usando la cosiddetta cattura diretta dall’aria (dac) per separarla. Altri, più pragmaticamente, suggeriscono di estrarla in quanto prodotto di scarto dei biodigestori che generano metano o dagli impianti di fermentazione come i birrifici.
L’anidride carbonica prodotta dal settore del cemento sarebbe ottima per ricavare carburante sostenibile
Se si usa l’elettricità rinnovabile per produrre l’idrogeno, attraverso l’elettrolisi dell’acqua, l’e-fuel prodotto è decisamente ecologico. Un paese con abbondante energia idroelettrica ed eolica da sfruttare in tal senso è la Norvegia. Ed è proprio qui che il consorzio Norsk e-Fuels sta costruendo un impianto per la dac con l’obiettivo di produrre saf. La produzione di 12,5 milioni di litri all’anno dovrebbe cominciare nel 2024.
Un’altra fonte di energia rinnovabile è il Sole. L’azienda svizzera Synhelion usa un campo di specchi che riflettono la luce solare verso un ricettore collocato in cima a una torre. Questo surriscalda un fluido vettore nel ricettore fino a fargli raggiungere una temperatura in eccesso di 1.500 gradi. Quel fluido alimenta una camera di reazione che produce gas di sintesi riducendo l’acqua a idrogeno e l’anidride carbonica a monossido di carbonio. In questa fase iniziale l’azienda sta usando un catalizzatore a base di nichel e sta prendendo il gas da un impianto a biomassa, ma sta sviluppando altri processi e in seguito aggiungerà al sistema la dac. Parte del fluido vettore passa attraverso un accumulatore termico per acquisire una proporzione del suo apporto termico da usare in seguito. Il processo dovrebbe così essere in grado di operare a ciclo continuo.
Il 17 agosto la Synhelion ha annunciato la produzione di gas di sintesi “su scala industriale” in un impianto sperimentale e l’inaugurazione di una struttura nei pressi di Colonia, in Germania, da cui spera per l’anno prossimo di fornire saf alle compagnie aeree del gruppo Lufthansa. E nel 2025 aprirà un altro impianto in Spagna, per approfittare dei suoi livelli più elevati di luce solare. Entro il 2030, in vista dell’apertura di altri impianti, la produzione dell’azienda potrebbe aumentare fino a 850 milioni di litri all’anno, una quantità sufficiente per soddisfare la metà del fabbisogno delle compagnie aeree svizzere. L’obiettivo è di raggiungere i 50 miliardi di litri all’anno entro il 2040. Questo determinerebbe un impatto rilevante nel mercato del combustibile per aerei.
In volo verso un futuro più verde
In un progetto separato, la Synhelion è entrata in collegamento con la Cemex, un’azienda messicana tra i principali produttori al mondo di cemento. Parte della produzione implica il riscaldamento di calcare per separare l’anidride carbonica. Per questo motivo, il settore è responsabile dell’8 per cento circa delle emissioni, generate dalle attività umane, di questo gas. L’anidride carbonica però è abbastanza pura, e dunque ideale come materia prima.
Dopo aver testato con successo l’idea in Spagna, le due aziende puntano a costruire un impianto di prova in una delle sedi della Cemex. Sebbene produrre e-fuel in questo modo sarebbe meno ecologico rispetto a prelevare l’anidride carbonica necessaria direttamente dall’atmosfera, sarebbe comunque un modo per ricavare valore, in termini ambientali, da un mero scarto. Anche le aziende petrolifere vogliono entrare in scena. La spagnola Repsol ha fatto squadra con la Saudi Aramco, il gigante petrolifero saudita, per costruire un impianto a Bilbao che produrrà carburante non solo per aerei ma anche per automobili, camion e imbarcazioni, usando l’idrogeno ecologico e l’anidride carbonica proveniente da una vicina raffineria di petrolio. Questo impianto, che dovrebbe aprire nel 2024, userà un processo catalitico sviluppato dall’azienda chimica britannica Johnson Matthey per realizzare il processo di Fischer-Tropsch.
Un terzo approccio per produrre il saf, diverso dall’uso dei rifiuti organici o dal processo di Fischer-Tropsch, prevede il ricorso alla biotecnologia. Un’idea innovativa è usare direttamente la fotosintesi, progettando alghe unicellulari per per ottenere dei drop-in convenzionali. Un’altra idea prevede un drop-in decisamente non convenzionale, basato su una molecola creata da batteri per difendersi dai funghi. Finora però queste proposte restano confinate al laboratorio.
In un modo o nell’altro la tecnologia per produrre combustibili ecologici per aerei sembra prossima a vedere la luce. “Queste alternative non sostituirebbero completamente il combustibile standard per raggiungere l’obiettivo della neutralità carbonica del settore dell’aviazione entro il 2050”, spiega Sebastian Mikosz, responsabile per l’ambiente e la sostenibilità della Iata, l’associazione di settore che rappresenta la maggior parte del settore dell’aviazione civile.
Secondo i calcoli del gruppo, il saf potrebbe coprire il 65 per cento della mitigazione delle emissioni di anidride carbonica, mentre il resto potrebbe derivare da aerei elettrici o alimentati a idrogeno, da un’operatività più efficiente delle compagnie aeree, dalla compensazione delle emissioni e dalla cattura di anidride carbonica. Per raggiungere questo obiettivo occorreranno però 450 miliardi di litri di saf all’anno entro la metà del secolo. Ampliare la produzione del saf a un livello simile potrebbe richiedere un aiuto da parte dei governi. A tal fine, l’amministrazione di Joe Biden negli Stati Uniti ha annunciato l’introduzione di crediti fiscali e altri incentivi per la produzione di saf nel quadro della nuova legge di bilancio del paese.
L’Unione europea, invece, non usa la carota, ma il bastone. Agli stati membri è richiesto di imporre ai singoli aeroporti degli obiettivi di utilizzo di saf. Secondo una proposta, queste richieste potrebbero aumentare dal 2 per cento del 2025 all’85 per cento entro il 2050. Se gli incentivi per espandere la produzione e ridurre i costi saranno gestiti bene, il giorno in cui una persona sensibile ai temi ambientali potrà salire a bordo di un aereo con la coscienza pulita non è così lontano.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)