Un fiume di calore bianco si snoda sul fondo di una macchina a forma di ciambella, prima che la luce rovente salga fino a riempire lo spazio e svanisca, lasciando solo il buio. È questo il momento in cui un esperimento europeo per riprodurre il processo che alimenta il Sole, chiamato energia da fusione, ha stabilito un nuovo record mondiale.

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L’esperimento – effettuato presso il Joint european torus (Jet) di Oxford il 21 dicembre 2021 – ha mantenuto incandescente per cinque secondi il plasma, producendo una quantità record di 59 megajoule di energia termica. Il precedente record del Jet era di 22 megajoule per meno di un secondo, stabilito nel 1997.

“Non è un risultato inaspettato. È in realtà il punto d’arrivo di un lavoro che va avanti da anni, e il risultato è in linea con quello che speravamo. Provo un certo sollievo”, dice Volker Naulin, dell’équipe di EuroFusion, un consorzio di gruppi di ricerca sulla fusione. La fusione nucleare promette una fornitura continua di energia a basso contenuto di emissioni, ma senza il problema delle scorie radioattive del suo sistema cugino, l’energia nucleare da fissione.

Questo nuovo record è significativo perché indica che l’uso commerciale dell’energia da fusione potrebbe diventare una realtà. Anche se cinque secondi potrebbero non sembrare un tempo così lungo, è il massimo che i magneti di rame del Jet possono gestire. Secondo Naulin, la durata e la produzione mostrano che l’attuale comprensione della fisica del plasma è corretta. Il risultato suggerisce che la macchina di fusione di tipo tokamak, molto più grande e potente, in costruzione nel sud della Francia, chiamata Iter, potrebbe raggiungere i suoi obiettivi quando sarà accesa nel 2025.

Nuovi materiali
Gli obiettivi, in questo caso, sono generare più potenza di quella immessa – il traguardo tanto atteso dell’energia da fusione – e di farlo per un periodo di tempo sostenuto, inizialmente circa cinquanta minuti. Naulin dice che il nuovo record del Jet è un segno che la modellazione realizzata per Iter è corretta. “È davvero la conferma che i calcoli fatti non sono un numero di fantasia”.

Il grande cambiamento tecnologico che ha permesso il nuovo record è stato l’eliminazione dalle pareti del Jet dei materiali a base di carbonio, come la grafite, che agiscono come una spugna per gli isotopi di idrogeno usati per creare il plasma. Stavolta nella parete sono stati usati metalli come il tungsteno e il berillio, simili a quelli che saranno usati per Iter.

Il risultato è arrivato dopo una serie di “iniezioni” di plasma generate presso il Jet tra settembre e dicembre, che erano state ritardate di circa un anno a causa della pandemia. Era la prima volta, dopo più di vent’anni, che al Jet si tentava di usare una miscela di due tipi di isotopo di idrogeno: deuterio e trizio. Nella maggior parte dei test degli ultimi anni era stato usato solo il deuterio. L’uso contemporaneo di entrambi permette una fusione a temperature più basse, e i ricercatori della fusione considerano il materiale come il combustibile più efficiente per una futura centrale elettrica.

Juan Matthews dell’Università di Manchester, nel Regno Unito, dice che la portata del nuovo record stabilito al Jet è “molto più significativa” rispetto al tentativo dello scorso agosto in un impianto statunitense che usava dei laser e un approccio completamente diverso per innescare la fusione.

“Il Jet si sta avvicinando al pareggio energetico, con una potenza vicina a quella usata per far funzionare il reattore”, dice. “Dobbiamo ricordare che il Jet sta usando vero combustibile fatto di trizio e deuterio, e questi test a impulso saranno preziosi per assicurarsi che Iter possa funzionare a regime una volta entrato in funzione”.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato sul sito del settimanale New Scientist.

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