La lotta alla crisi climatica non mobilita solo i giovani
Alcuni sostengono che l’età non sia altro che un numero; per altri, invece, l’età è associabile alla saggezza. O magari si tratta di uno stato mentale. Di qualsiasi cosa si tratti, l’età è un fattore rilevante nella lotta alla crisi climatica e il rinnovato slancio portato dal 2021 deve essere usato per mobilitare la fascia di popolazione più anziana, troppo poco considerata in quest’ottica.
Finora, il movimento globale per contrastare il cambiamento climatico ha coinvolto soprattutto la popolazione giovane e, prima dell’avvento del covid-19, ovunque nel mondo si sono viste proteste guidate da studenti che hanno ampliato il dibattito pubblico e dato maggiore visibilità ai giovani nei forum internazionali più importanti.
Se da un lato questi eventi sono importanti passi avanti, dall’altro purtroppo il 2020 è stato l’anno più caldo mai registrato e per evitare una catastrofe sarebbe necessaria una riduzione delle emissioni che invece sono in aumento costante. Si rende perciò necessaria una rapida reazione della società intera.
Ragioni per mobilitarsi
Nelle discussioni sul cambiamento climatico le persone anziane sono praticamente invisibili rispetto a quelle giovani, eppure sono senza dubbio fondamentali per rendere più efficaci le iniziative. Ecco quindi cinque ragioni per cui è necessario che lo slancio dei giovani le coinvolga di più e le renda protagoniste.
Le persone anziane sono estremamente vulnerabili alla crisi climatica e ai suoi effetti, soprattutto per quanto riguarda la loro salute e la possibilità di dover affrontare eventi estremi. La loro situazione può diventare più delicata a causa di problemi di mobilità, isolamento sociale (in alcune culture) e difficoltà nell’avere accesso ai servizi. Per esempio, il 75 per cento dei morti causati dall’uragano Katrina del 2005 negli Stati Uniti aveva più di sessant’anni. D’altro canto, però, la loro impronta ecologica pro capite può includere un consumo energetico piuttosto alto per usi domestici e la dipendenza dalle automobili per gli spostamenti. Con il trascorrere del tempo, persone più giovani con una grande impronta energetica possono mantenere i loro alti livelli di emissione di CO2 anche nella fase successiva della vita.
Nel mondo, il numero di persone che hanno più di 65 anni sta aumentando più rapidamente di altre fasce di età, e potrebbe rappresentare una delle più significative trasformazioni sociali di questo secolo. Il fenomeno non si limita alle regioni più sviluppate, come il Giappone o l’Europa meridionale: oggi nei paesi meno industrializzati vivono i due terzi della popolazione anziana mondiale e in generale questa quota sta aumentando nella maggior parte dei paesi. In quantità e in proporzione, la tendenza nei prossimi anni potrebbe tradursi in un aumento di emissioni di CO2 riferite alla popolazione anziana.
Gli investitori anziani sono meno attenti di quelli più giovani alle questioni ambientali e sociali
Come il diritto di protestare in modo non violento, anche il voto alle elezioni è un diritto dei cittadini. Eppure, molti giovani non hanno questo diritto o scelgono di non esercitarlo. In paesi come gli Stati Uniti, per esempio, il 52 per cento degli elettori registrati nel 2020 aveva più di 50 anni (era il 41 per cento nel 1996). Alcuni studi hanno rilevato che le persone anziane ritengono di essere meno colpite dei giovani dagli effetti della crisi climatica e di essere meno in grado di contrastarla, il che potrebbe influenzare la loro scelta di dare o no il supporto necessario per cambiare le politiche.
Non c’è molta coerenza tra le politiche che riguardano l’invecchiamento della popolazione e il cambiamento climatico. Per esempio, il documento delle Nazioni Unite che sancisce gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Oss) cita la popolazione anziana solamente tre volte, e il principale meccanismo per monitorare i progressi nei singoli paesi mostra come solo un territorio su 110, Andorra, riferisca di sforzi che mettono al centro l’invecchiamento della popolazione nelle politiche per realizzare l’obiettivo di azioni efficaci contro il cambiamento climatico (Oss 13).
Una porzione sempre più cospicua della ricchezza globale, compresi i patrimoni e le spese che fanno girare l’economia, è in mano a persone anziane. Se prendiamo come esempio gli Stati Uniti, vediamo che la popolazione di più di 55 anni spende il doppio delle cifre mobilitate nel mercato rivolto ai più considerati millennial. Secondo le stime attuali, da qui al 2030 solo l’11 per cento del capitale di investimento sarà nelle mani di persone più giovani di 45 anni. Eppure, nonostante abbiano un peso maggiore nel mercato azionario e nel diritto di voto, gli investitori anziani tendono a considerare molto meno degli investitori più giovani fattori come l’ambiente, la società e la gestione della cosa pubblica.
Incanalare la saggezza
Vista la posizione chiave delle persone di una certa età nel tradurre in pratica le idee di difesa dell’ambiente, come possiamo incanalare e mettere a frutto la loro saggezza e influenza? Per esempio, dando maggior peso alle tematiche e alle politiche che siano di interesse per la fascia più anziana, come i rischi e le opportunità legati al clima per quanto concerne pensioni e investimenti, la buona gestione dell’energia in casa, le possibili opzioni per una mobilità di minore impatto ambientale oppure sviluppando sistemi di allerta per il rischio di condizioni climatiche estreme.
Questo dovrebbe includere anche una comunicazione specifica e la creazione di un nuovo sapere: mentre i giovani di oggi possono ricevere una formazione sul cambiamento climatico a scuola, i più anziani non hanno avuto questa opportunità e finora è stata prodotta ben poca informazione specificamente rivolta loro. Va comunque detto che esistono eccezioni degne di nota, come per esempio le università della terza età, che mirano alla formazione e al coinvolgimento nella vita sociale attiva principalmente di pensionati.
Il covid-19 ha messo in luce quanto siamo interconnessi al livello globale, mostrandoci come sia i giovani sia gli anziani subiscano gli effetti diretti e indiretti di ciò che accade. In quest’ottica, anche la crisi climatica colpisce in maniera indiscriminata, e abbiamo visto protagonisti delle iniziative come David Attenborough e Greta Thunberg attivarsi per diminuire il divario tra le generazioni. Esempi di solidarietà come questo sono una premessa che fa ben sperare per un’agenda climatica più inclusiva, in cui la preoccupazione per il futuro sia sullo stesso piano del senso di continuità rispetto alle generazioni precedenti e all’impulso a prendersi cura di chi viene dopo di noi.
Poiché affrontiamo insieme la crisi climatica, dobbiamo ricorrere a tutta la mobilitazione possibile, dei giovani degli anziani, e di chiunque sia nel mezzo tra queste due categorie. È giunta l’ora di agire in maniera inclusiva.
(Traduzione di Maria Chiara Benini)
Questo articolo è uscito sul sito The Conversation.
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