Quando la pena di morte diventa una tortura
La sera del 17 novembre l’Alabama ha annullato all’ultimo momento l’esecuzione della condanna a morte nei confronti di Kenneth Eugene Smith, un uomo giudicato colpevole nel 1988 per l’omicidio di Elizabeth Dorlene Sennett. Detta così suona come una notizia già sentita. Negli ultimi anni è capitato spesso che un’esecuzione fosse annullata o rimandata per una grazia concessa all’ultimo momento, per una sentenza della corte suprema o perché lo stato in questione non riusciva a procurarsi i farmaci necessari per l’iniezione letale. Ma la storia di Smith è diversa, ed è il sintomo di una situazione inquietante nelle prigioni dell’Alabama.
Il pomeriggio del 17 novembre gli avvocati di Smith erano riusciti a convincere un tribunale a sospendere l’esecuzione. Ma lo stato aveva fatto ricorso alla corte suprema, il massimo organo della giustizia statunitense, che aveva ribaltato la decisione della corte d’appello e dato il via libera all’esecuzione. Così intorno alle dieci di sera il detenuto è stato portato nella camera delle esecuzioni della prigione di Atmore ed è stato legato a una barella. Gli operatori hanno cominciato a inserire gli aghi cannula che servono per iniettare le sostanze letali. Ma sono riusciti a inserirne solo uno. La procedura andava completata prima che finisse il 17 novembre (cioè entro la mezzanotte), così alle 23.21, dopo vari tentativi, gli operatori si sono resi conto di non avere più tempo, hanno annullato l’esecuzione e riportato il detenuto in cella.
Niente di insolito?
È una situazione che negli ultimi mesi si è verificata più volte, sempre con detenuti che avevano problemi di salute, come l’obesità, che rendevano difficile per gli operatori sanitari trovare le vene. Il 22 settembre è stata annullata l’esecuzione nei confronti di Alan Eugene Miller, condannato a morte nel 2000 per triplice omicidio. Ma il caso che ha fatto più discutere è quello di Joe Nathan James, morto il 28 luglio di quest’anno al termine di una procedura che ha suscitato l’indignazione non solo della famiglia e degli avvocati del detenuto, ma anche dell’opinione pubblica in generale. La sua vicenda è stata raccontata in un articolo dell’Atlantic.
“La procedura per l’iniezione letale è andata avanti per circa tre ore. Prima gli operatori hanno provato con una serie di punture con aghi, senza ottenere risultati. Alla fine hanno operato dei tagli in un braccio per arrivare a una vena (una procedura chiamata venous cutdown). Subito dopo l’esecuzione, John Hamm, il commissario del dipartimento delle prigioni dell’Alabama, ha detto che nel corso dell’esecuzione non era successo ‘niente di insolito’. Tutta la vicenda sarebbe potuta passare sotto silenzio se l’Atlantic non avesse pubblicato i risultati di un’autopsia indipendente effettuata poco dopo la morte di James. Ero presente all’autopsia e ho visto con i miei occhi cosa gli avevano fatto, tutti i punti di puntura e le ferite aperte”.
Dopo che si è saputo come era morto James, molti detenuti dell’Alabama che si trovano nel braccio della morte hanno presentato dei ricorsi per bloccare le esecuzioni, sostenendo che c’era il rischio di una morte crudele e dunque illegale. È su questa base che nel pomeriggio del 17 novembre era stato accolto il ricorso degli avvocati di Kenneth Eugene Smith poi respinto dai sei giudici conservatori della corte suprema senza una spiegazione dettagliata.
Il caso di Smith è insolito anche per come fu emessa la sentenza nei suoi confronti, nel 1988. Undici dei dodici giurati votarono per risparmiargli la vita e condannarlo all’ergastolo senza la possibilità di libertà vigilata. Ma il giudice cambiò il verdetto, sostenendo che i giurati si erano lasciati impietosire dalla testimonianza della madre di Smith. Nel 2017 l’Alabama ha approvato una legge che vieta ai giudici di scavalcare le giurie, ma il provvedimento non è retroattivo, quindi Smith resta nel braccio della morte.
Dopo la fallita esecuzione, Kay Ivey, governatrice repubblicana dello stato, ha dichiarato: “Anche se questa sera non è stato possibile fare giustizia a causa di tentativi legali dell’ultimo minuto di ritardare o annullare l’esecuzione, era giusto provarci. Le mie preghiere sono rivolte ai figli e ai nipoti della vittima, costretti a rivivere la loro tragica perdita”.
Il 21 novembre Ivey ha annunciato che tutte le esecuzioni saranno sospese in attesa di una revisione della procedura.
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