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L’invenzione del nemico haitiano

Springfield, Ohio, 16 settembre 2024. (Luke Sharrett, Getty Images)

La frase sugli immigrati che “mangiano i cani, i gatti e gli animali domestici”, pronunciata durante il confronto tv con Kamala Harris del 10 settembre, ha rapidamente scalato la classifica delle cose più assurde dette da Trump da quando è in politica. A prima vista potrebbe sembrare l’uscita folle di una persona poco lucida, messa alle strette dalla sua avversaria. In realtà Trump ha solo portato sul grande palcoscenico una notizia falsa che aveva cominciato a circolare a partire da un post su Facebook (poi cancellato) di una donna di Springfield, in Ohio, e che già prima del dibattito era stata rilanciata da molti politici del Partito repubblicano.

Il 9 settembre J.D. Vance, il candidato del partito alla vicepresidenza, aveva dichiarato che “gli immigrati haitiani irregolari” stanno “causando il caos in tutta Springfield, Ohio” e che “gli animali domestici di alcuni residenti sono stati rapiti e mangiati da persone che non dovrebbero essere in questo paese”. Ted Cruz, senatore repubblicano del Texas, aveva condiviso un meme di due gatti che si abbracciano con la scritta: “Per favore, votate per Trump così gli immigrati haitiani non ci mangeranno”.

Sull’account ufficiale dei repubblicani della commissione giudiziaria della camera erano state pubblicate immagini generate dall’intelligenza artificiale in cui si vedeva Trump tenere in braccio e proteggere gatti e anatre, descrivendolo come il salvatore della città. Le polemiche e l’indignazione nate dopo il dibattito non hanno portato i repubblicani a fare un passo indietro, anzi: Vance ha accusato gli immigrati haitiani che vivono a Springfield di aver fatto aumentare le malattie, la criminalità, i prezzi degli affitti e le polizze assicurative; e Trump ha fatto capire che potrebbe visitare la città nelle prossime settimane.

A questo punto la domanda è quasi automatica: perché inseguire posizioni sempre più estreme in una campagna elettorale in cui i candidati dovrebbero cercare di allargare il loro consenso? La strategia sembra meno insensata se si ricorda che il trumpismo prospera quando si radicalizza il dibattito pubblico e si crea un clima di paura in cui è più facile raccogliere i frutti delle divisioni sociali (per questo aveva poco senso aspettarsi che l’ex presidente lanciasse un appello all’unità dopo l’attentato subìto a luglio). L’immigrazione è il tema che più di tutti si presta a questo scopo, lo è in generale in tutto il mondo occidentale, e ancora di più in un’elezione come questa.

I sondaggi della Gallup, istituto che da tempo analizza l’orientamento sull’immigrazione, mostrano che per la prima volta in vent’anni la maggioranza degli americani dice di volere meno immigrati, mentre il 16 per cento ne vorrebbe di più. Un sondaggio di Axios ha rilevato che la maggioranza degli elettori è favorevole all’espulsione di massa degli immigrati senza documenti, mentre un altro del New York Times e del Siena college mostra che gli elettori si fidano più di Trump che di Kamala Harris sulla gestione dell’immigrazione. Il calcolo dei repubblicani è facile, ha spiegato il commentatore Eric Levitz: “Più gli americani andranno alle urne pensando all’immigrazione, meglio sarà per Trump e Vance”.

Nelle ultime settimane le notizie sull’immigrazione sono finite in secondo piano (soprattutto perché gli ingressi irregolari sono in calo) e Trump ha bisogno che se ne ricominci a parlare. “Fare in modo che i mezzi d’informazione si concentrino su un determinato argomento o una determinata storia non è facile”, scrive Levitz. “Ma prese di posizione estreme e incendiarie come quelle sugli immigrati haitiani a Springfield generano una grande copertura mediatica”, quindi sono funzionali allo scopo. Vance ha detto qualche giorno fa: “Se devo inventare delle storie perché i mezzi d’informazione prestino attenzione alla sofferenza degli americani, allora è quello che farò”.

Le notizie false su Springfield, una cittadina di 60mila abitanti nella zona sudoccidentale dell’Ohio, si sono diffuse rapidamente online dopo il dibattito nonostante le ripetute smentite delle autorità locali, e hanno provocato danni nel mondo reale. Sono state danneggiate le proprietà degli immigrati haitiani, che hanno deciso di tenere i figli a casa per timore che potesse succedergli qualcosa. Alcuni di loro hanno detto alla Abc News di vivere nel terrore di essere aggrediti. Il municipio della città e molti altri edifici governativi sono rimasti chiusi per giorni o sono stati evacuati a causa di una serie di minacce e allarmi bomba, mentre almeno due scuole sono rimaste chiuse il 12 settembre.

I repubblicani hanno soffiato su un malessere che covava da un po’ tra gli abitanti storici della città. Negli ultimi anni circa 15mila haitiani si sono trasferiti a Springfield, in fuga dall’instabilità e dalla violenza nel loro paese e attirati dai posti di lavoro nel settore manifatturiero: il loro arrivo ha contribuito a rafforzare l’economia locale e a ringiovanire la città, e allo stesso tempo ha messo sotto pressione i servizi sociali – con tempi di attesa più lunghi nelle cliniche e negli ospedali – e ha fatto aumentare la competizione per trovare alloggi a prezzi accessibili. Il malessere è diventato indignazione nel 2023, quando Aiden Clark, un bambino di 11 anni, è morto in un incidente causato da un immigrato haitiano. Politici repubblicani e vari personaggi di destra hanno usato la morte del ragazzino per attaccare la comunità haitiana, portando i genitori a intervenire per chiedere di non usare la morte del figlio per fare propaganda politica.

Se questa retorica xenofoba “funziona” è anche per via dei pregiudizi radicati nella società statunitense. Gli haitiani occupano un posto particolare nella lunga storia dell’odio contro gli immigrati. Sono spesso stati considerati pericolosi e selvaggi – capaci di cose immonde come mangiare gli animali domestici – e il loro paese è stato visto come una fonte di problemi fin dalla sua indipendenza nel 1804, quando si liberò del dominio coloniale francese e della schiavitù. Il governo degli Stati Uniti, preoccupato dalla possibilità che la vittoria degli haitiani potesse ispirare gli schiavi americani a organizzare una rivoluzione simile, si rifiutò di riconoscere l’indipendenza di Haiti per quasi sei decenni.

Una foto che colpì molto tre anni fa: un agente della polizia di frontiera degli Stati Uniti cerca di impedire a un migrante haitiano di entrare in un accampamento sulle rive del Rio Grande a Del Rio, in Texas, il 19 settembre 2021.

Dopo la rivoluzione, la Francia usò la forza militare per chiedere un risarcimento finanziario per la perdita della colonia, costringendo Haiti a prendere in prestito molti soldi per soddisfare la richiesta. Gli Stati Uniti e la Francia fornirono quei prestiti e usarono la loro posizione per continuare a esercitare un controllo sulle finanze del paese caraibico. Secondo un’inchiesta del New York Times (pubblicata anche da Internazionale), i risarcimenti alla Francia sono costati all’economia di Haiti 21 miliardi di dollari e hanno contribuito in modo diretto alla povertà e ai problemi finanziari con cui il paese combatte ancora oggi.

Gli Stati Uniti occuparono Haiti con la forza dal 1915 al 1934 sostenendo di stabilizzare il paese dopo l’assassinio di diversi presidenti; in realtà volevano evitare che la Francia o la Germania guadagnassero terreno in una regione che era considerata preziosa dal punto di vista strategico. Durante quel periodo fu creato un sistema di lavoro forzato e molte terre degli haitiani furono vendute alle multinazionali statunitensi.

Negli anni settanta migliaia di haitiani chiesero asilo negli Stati Uniti per scappare alle persecuzioni politiche del dittatore Jean-Claude Duvalier, sostenuto da Washington. Molti di loro furono arrestati, a tanti altri fu negato l’asilo anche se avevano i requisiti per ottenerlo. “Queste pratiche”, spiega un articolo di Vox, “crearono un precedente per la detenzione dei richiedenti asilo e altre politiche punitive che gli Stati Uniti usano ancora oggi”.

I pregiudizi crebbero ulteriormente dopo che gli haitiani furono associati a una serie di malattie. All’inizio degli anni ottanta, quando non era ancora stato dato un nome scientifico all’hiv/aids, i mezzi d’informazione e i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie cominciarono a parlare di malattia delle quattro H, cioè “haitians, homosexuals, hemophiliacs e heroin users”, in parte perché alcuni dei primi casi di contagio includevano persone provenienti da Haiti.

Oggi come in passato, il razzismo contro gli haitiani negli Stati Uniti cresce di pari passo con l’instabilità nel loro paese d’origine. Negli ultimi anni le bande criminali hanno preso il controllo di buona parte del territorio nazionale, tra cui circa l’80 per cento della capitale Port-au-Prince. In migliaia hanno cercato rifugio negli Stati Uniti, aiutati dalle politiche dell’amministrazione Biden che concedono permessi temporanei a persone provenienti da alcuni paesi.

Da sapere
Chi crede a cosa

Fino a che punto gli americani credono alle teorie false diffuse dai repubblicani? Su questo è uscito qualche giorno fa un interessante sondaggio di YouGov: la maggioranza dei sostenitori di Trump crede alle notizie secondo cui gli immigrati mangiano gli animali domestici (e ad altre altrettanto assurde), ma gli elettori indipendenti tendono a non crederci.


Questo testo è tratto dalla newsletter Americana.

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