Una nave prigione per i richiedenti asilo nel Regno Unito
La nave Bibby Stockholm è attraccata il 18 luglio nel porto di Portland, nel Dorset, tra molte polemiche: è un’imbarcazione prigione affittata dal governo britannico per rinchiudere i richiedenti asilo che arrivano irregolarmente nel paese, in attesa che la loro domanda di asilo sia esaminata. Potrà ospitare 500 persone, tra i 18 e i 65 anni, tutti maschi, in 222 stanze, un po’ più grandi di celle carcerarie.
I mezzi d’informazione britannici hanno avuto acceso alla nave, che nelle prossime settimane dovrebbe diventare operativa e ospitare il primo gruppo di cinquanta richiedenti asilo. Secondo il governo questa operazione consentirà di risparmiare sui costi dell’accoglienza, ma secondo i critici si tratta di una mossa propagandistica, per mostrare il pugno duro sull’immigrazione.
Si tratta dell’ultima di una lunga serie d’iniziative del primo ministro Rishi Sunak, che ha fatto della lotta all’immigrazione irregolare il suo cavallo di battaglia con lo slogan “Sbarchi zero” e “Stop sbarchi”. Tuttavia, negli ultimi mesi il numero degli sbarchi irregolari nel canale della Manica è aumentato (45.755 nel 2022, al 9 luglio 12.722) così come l’arrivo di migranti (anche regolari) ha fatto segnare picchi di oltre 500mila all’anno, nonostante le politiche restrittive di Sunak, che ha promesso altre due navi per la reclusione dei richiedenti asilo e che ha investito nell’apertura di centri per i profughi in Ruanda dove deportare con la forza i richiedenti asilo che arrivano irregolarmente nel Regno Unito.
La società che gestisce la chiatta è stata fondata nel 1807 da un ricco armatore di navi che portavano gli schiavi dall’Africa alle colonie britanniche
I voli verso il Ruanda sono stati tuttavia dichiarati illegali sia dalla Corte europea per i diritti umani sia dalla corte suprema britannica e sono stati sospesi perché, secondo la corte britannica, il Ruanda non può essere considerato “un paese sicuro” in cui rimandare le persone arrivate nel Regno Unito. Ma il governo ha promesso di presentare ricorso contro la decisione del tribunale. Nel frattempo Londra ha già speso 140 milioni di sterline per l’accordo con Kigali, che è stato siglato da più di un anno, ma nessun volo è ancora decollato dal Regno Unito con a bordo i richiedenti asilo.
Nessuna protezione
Usare navi per la detenzione dei richiedenti asilo non è una novità assoluta: durante la pandemia anche l’Italia ha usato dei traghetti, le cosiddette navi quarantena, per isolare i richiedenti asilo arrivati via mare (per un periodo massimo di quindici giorni), e la stessa Bibby Stockholm è già stata impiegata dal governo dei Paesi Bassi per rinchiudere i richiedenti asilo all’inizio del duemila. In quel caso le polemiche e le proteste indussero il governo a revocare la misura. Sulla nave morì un migrante e furono registrati diversi casi di stupro e violenze.
L’ong britannica Freedom from torture ha lanciato un mailbombing diretto ai proprietari del porto di Portland per chiedere che sia revocata l’autorizzazione all’attracco della nave, definendo la prigione “crudele” e “disumana”.
Contro l’uso della nave hanno protestato nei giorni scorsi anche gli abitanti di Portland, che non vogliono la chiatta nel loro porto per ragioni di sicurezza, ma anche gli attivisti per i diritti umani, che denunciano le politiche inumane del Regno Unito verso persone che in molti casi dovrebbero ottenere la protezione internazionale.
Ha fatto scalpore, inoltre, la notizia che l’azienda che gestisce la nave, la Bibby Line Group Ltd, è stata fondata nel 1807 da John Bibby, ricco armatore di navi che portavano gli schiavi dall’Africa alle colonie britanniche. In un paese che fatica a fare i conti con il suo passato coloniale, la coincidenza non è passata inosservata.
Le autorità locali hanno detto di non essere state in alcun modo coinvolte nella decisione del governo di far attraccare la barca a Portland. Anche il Dorset council ha confermato che la decisione è stata presa dai proprietari del porto e dal governo, nonostante le autorità cittadine fossero contrarie.
Un’altra misura molto contestata voluta dal governo di Sunak, in discussione in questi giorni, è quella che prevede l’aumento del costo dei visti e dell’assicurazione sanitaria per gli stranieri nel Regno Unito: una vera e propria rivoluzione che rischia di allontanare dal paese molti lavoratori immigrati.
Sunak ha annunciato infatti che l’aumento degli stipendi di insegnanti, poliziotti e medici sarà finanziato con l’innalzamento del costo dei visti: l’assicurazione sanitaria per gli stranieri aumenterà del 66 per cento, mentre il prezzo dei visti per lavoro aumenterà del 15 per cento. Migliaia di stranieri che già vivono e lavorano nel paese, dovranno quindi pagare dalle cinquemila fino alle diciottomila sterline all’anno a persona e per le famiglie gli aumenti saranno ancora più proibitivi. Un ulteriore impedimento per accedere al mercato del lavoro in un paese che, dopo la Brexit, continua a investire nell’isolamento e nella chiusura delle frontiere.
Questo articolo è tratto da Frontiere, la newsletter settimanale di Internazionale che racconta le ultime notizie sulle migrazioni. Ci si iscrive qui.