Un nuovo naufragio nel Mediterraneo
Decine di persone sono morte, dopo che la loro imbarcazione è affondata al largo delle coste libiche. Lo ha affermato l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).
L’imbarcazione, un gommone, era partita da Zuara tra il 13 e il 14 dicembre, con a bordo un’ottantina di persone. Alarmphone, il centralino di soccorso gestito da volontari attivo nel Mediterraneo, ha ricevuto diverse telefonate dalle persone a bordo, che erano in difficoltà con il maltempo nel pomeriggio del 14 dicembre. E ha avvertito le autorità costiere di Libia, Italia e Malta. Ma le autorità costiere libiche hanno risposto solo un’ora dopo le prime chiamate di soccorso e hanno suggerito di fare intervenire altre imbarcazioni presenti nell’area.
“Sebbene inizialmente avessero detto che avrebbero inviato un pattugliatore, alle 20.44 hanno dichiarato che non avrebbero mandato navi di soccorso a causa del maltempo”, afferma Alarmphone in un comunicato. “Ad altre navi della flotta civile (Ocean Vicking, ndr), che avrebbero potuto mettere in salvo le persone, era stato ordinato di allontanarsi dalla zona e di sbarcare le persone soccorse in Italia”, continua Alarmphone.
Dall’inizio del 2023 sono morte almeno 2.511 persone in mare
Alla fine è intervenuta la centrale operativa della guardia costiera italiana e ha inviato sul posto la nave Vos Triton, che è arrivata nella notte nel punto indicato dall’imbarcazione e ha soccorso 25 persone, ma ne mancano all’appello almeno 61. I sopravvissuti sono stati portati a Tripoli, in Libia, e poi nel centro di detenzione di Tarik al Sikka.
“Il rimorchiatore Vos Triton non è sufficientemente attrezzato per svolgere complesse operazioni di salvataggio. Non sappiamo cosa sia successo nella fase di salvataggio. Quello che sappiamo è che si è verificato un disastro. Solo 25 delle oltre ottanta persone a bordo hanno potuto essere salvate. I sopravvissuti sono stati costretti a tornare in Libia. Le altre, circa 61 persone, sono annegate”, ha scritto Alarmphone, che accusa le autorità italiane, maltesi e libiche di essere intervenute in ritardo e di avere allontanato le navi delle organizzazioni non governative a cui non è permesso fare soccorsi multipli.
Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati e il ministero dell’interno italiano, nel 2023 sono arrivati in Italia oltre 153mila rifugiati e migranti provenienti dalla Tunisia e dalla Libia.
Secondo il progetto Missing migrants dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), dall’inizio del 2023 sono morte 2.511 persone in mare. Ma secondo l’organizzazione EuroMed Rights questo numero è sottostimato.
“Uno dei naufragi più tragici è avvenuto il 26 febbraio 2023, quando un’imbarcazione partita dalla Turchia con circa duecento persone a bordo è naufragata al largo di Cutro (Italia), uccidendo 94 migranti, di cui 35 minorenni. Poi, il 14 giugno 2023, quasi seicento persone sono annegate al largo di Pylos (Grecia) nel mar Mediterraneo e sabato 16 dicembre l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha denunciato la scomparsa e la morte di almeno 61 persone in seguito al naufragio della loro imbarcazione al largo delle coste libiche. Tra gennaio e luglio, le autorità tunisine hanno recuperato un totale di 901 corpi al largo delle coste”, scrive in un comunicato EuroMed rights.
Sara Prestianni, direttrice dell’organizzazione, condanna “gli stati che si sottraggono alle loro responsabilità e finanziano la costruzione di muri e di campi di detenzione in paesi di confine o extraeuropei”. Gli stati europei, che stanno lavorando a un nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, dovrebbero “concentrarsi su una vera solidarietà, su rotte migratorie sicure per coloro che ne hanno bisogno e sull’adozione di un sistema di accoglienza e investimenti per garantire che le persone in movimento e le comunità ospitanti godano dei benefici della migrazione”.
Questo testo è tratto dalla newsletter Frontiere.
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