Cosa ci aspetta nel 2024 sul fronte delle migrazioni
La “deterrenza”, cioè il tentativo dei paesi di destinazione di scoraggiare le partenze, non funziona: non ferma le migrazioni, né determina una riduzione dei numeri delle persone che decidono di intraprendere il viaggio, eppure nel 2024 i governi europei continueranno su questa strada con ancora più determinazione.
Anche gli Stati Uniti hanno lo stesso orientamento: non è sempre stato così, ma questa costruzione simbolica e materiale delle frontiere è l’unica strada sperimentata a diversi livelli dai governi occidentali, che non hanno mai adottato delle alternative, con qualche sporadica eccezione. Penso per esempio alla finestra che si è aperta in Europa per i profughi ucraini nel 2022, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, o ai modelli virtuosi sperimentati dal Canada e dalla Colombia.
La conseguenza immediata delle politiche basate sulla deterrenza è l’aumento del numero di morti ai confini: dal Mediterraneo al deserto tra Messico e Stati Uniti. Ma anche l’aumento delle violazioni dei diritti umani nei campi profughi alla frontiera, nei paesi di transito e nei paesi di origine. Sono fenomeni che vanno avanti da anni, ma il 2024 sarà un anno di campagna elettorale in Europa e negli Stati Uniti, perciò questi aspetti saranno ancora più esasperati. È dalla fine degli anni novanta infatti che la migrazione è diventata uno strumento di pressione politica e un tema di campagne elettorali, con le strumentalizzazioni e le esagerazioni che ne conseguono. Il prezzo più alto lo pagano sempre le persone.
I conflitti in corso nella Striscia di Gaza, in Ucraina, in Sudan, in Birmania, nella Repubblica Democratica del Congo continueranno a produrre sfollati interni e profughi anche nell’anno che verrà. L’emergenza climatica e la siccità sono altri fattori che favoriranno le migrazioni e spingeranno le persone a lasciare le loro case: dal Kenya alla Somalia, dall’Honduras allo Yemen. Secondo l’Unicef nel mondo più di settecento milioni di bambini vivono in aree in cui c’è scarsità d’acqua. La grave situazione umanitaria nello Yemen e in Afghanistan, ma anche l’instabilità dei paesi dell’area del Sahel dopo i colpi di stato in Niger, Burkina Faso e Mali, rappresenterà un problema per l’arrivo di aiuti e un ulteriore fattore di spinta a partire per le persone che vivono in quelle regioni.
Ma per l’Europa, la vera novità nel 2024 saranno i ripetuti tentativi di esaminare le domande di asilo off-shore, come è ipotizzato dal piano che Roma ha siglato con Tirana (e che per il momento è stato sospeso dall’Albania, che lo sta esaminando da un punto di vista di aderenza alla costituzione). In questa direzione va anche l’accordo che il premier britannico Rishi Sunak vuole portare avanti con il Ruanda, nonostante la corte suprema britannica l’abbia bocciato. Secondo Al Jazeera, la Georgia, il Ghana e la Moldova sono paesi extraeuropei con cui i paesi dell’Unione potrebbero provare a stringere patti simili a quello stretto da Roma con Tirana per esternalizzare la procedura di asilo: una pratica che comporta una serie di violazioni dei diritti umani, contrarie alle carte fondamentali europee.
In Italia per la conferenza stampa di fine anno (rimandata al 4 gennaio), la premier Giorgia Meloni – che ha fatto della sua politica migratoria una bandiera – ha ammesso che il pugno duro non ha funzionato: nonostante quattro decreti in un anno, un accordo con la Tunisia e un altro con l’Albania (che per il momento ha sospeso il patto accusato da alcuni deputati di essere incostituzionale) nel paese nel 2023 sono arrivate 155.754 persone via mare (secondo i dati del ministero dell’interno), il doppio dell’anno precedente e più di duemila ne sono morte durante la traversata.
Nella rotta del Mediterraneo centrale, nel corso del 2023, sono morti 974 migranti mentre 1.372 sono stati dichiarati dispersi, per un totale di 2.346 vittime. I dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) in Libia mostrano un notevole aumento di morti e dispersi, rispetto agli anni precedenti. Nel 2022 erano stati infatti rispettivamente 529 e 848 (totale 1.377), mentre 662 e 891 (totale 1.553) nel 2021. L’Oim sottolinea inoltre che sono stati 17.025 i migranti intercettati nel 2023 dalla cosiddetta guardia costiera libica e riportati nel paese nordafricano in cui sono stati documentate sistematiche e profonde violazioni dei diritti umani contro i migranti. Secondo Emergency, sono 28mila le persone morte in mare dal 2014.
Questo testo è tratto dalla newsletter Frontiere.
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