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Cosa c’è dietro all’accordo sulla vendita di armi tra Italia ed Egitto

Una veglia per il quarto anniversario della morte di Giulio Regeni a Fiumicello, in provincia di Udine, 25 gennaio 2020. (Jacopo Landi, NurPhoto/Getty Images)

È l’accordo più discusso degli ultimi quattro mesi in Medio Oriente. Se confermato, sarebbe la più grande commessa di armi ottenuta dall’Italia dalla fine della seconda guerra mondiale e la più importante mai conclusa dall’Egitto. Per le sue dimensioni, la vendita “cambia radicalmente l’equilibrio delle forze militari nella regione, in un momento in cui le tensioni tra potenze internazionali e regionali nel Mediterraneo sono in aumento”, spiega Noon post, sito di approfondimento arabo indipendente. In Italia la notizia dell’accordo ha fatto scattare una mobilitazione per chiedere al governo di bloccare le nuove forniture militari all’Egitto e di pretendere invece dal Cairo verità e giustizia per Giulio Regeni, il ricercatore italiano scomparso nella capitale egiziana il 25 gennaio 2016 e ritrovato morto nove giorni dopo con segni di tortura sul corpo. E in molti, anche sui mezzi d’informazione mediorientali, si chiedono cosa ci sia dietro la più grande vendita di armi italiane all’Egitto.

La storia è cominciata il 1 febbraio, quando le agenzie di stampa economiche in Italia hanno annunciato la richiesta egiziana di un prestito agevolato per un valore di 45 milioni di euro a cinque banche italiane. Il prestito doveva coprire l’acquisto da parte dell’Egitto di due fregate Frame Bergamini oltre a una serie di velivoli da addestramento avanzato e da combattimento leggero realizzati dalla società italiana Leonardo. Il valore stimato dell’operazione era di 1,2 miliardi di euro. “Dopo una settimana, verso l’8 febbraio, l’accordo tra Egitto e Italia si era ulteriormente gonfiato”, riferisce ancora Noon post, “per includere aerei da combattimento, missili e altre fregate, diventando così ‘la commessa del secolo’, e raggiungendo i 10 miliardi di euro”.

“L’Egitto rafforza il suo arsenale militare con un grande accordo con l’Italia. La morte di Regeni c’entra qualcosa?”, chiede il sito della televisione del Qatar Al Jazeera al Mubasher. Il video di Trt, la televisione turca in arabo, intitolato La vergogna del secolo, ripercorre il caso Regeni fino alla sua “conclusione”, cioè l’affare tra Italia e Egitto.

La Libia e il gas
Secondo il quotidiano indipendente Al Khalij al Jadid “il Cairo sta cercando di placare Roma sulla questione Regeni con un accordo di alto livello”. Il giornale ricorda che dopo la morte del ricercatore le licenze per l’esportazione militare dall’Italia al regime di Abdel Fattah al Sisi sono passate dai 7,1 milioni di euro del 2016 a 7,4 nel 2017 fino a raggiungere 69 milioni di euro nel 2018. “Questo numero supera di gran lunga gli acquisti totali di armi nel periodo tra il 2013 e il 2017, secondo un documento rilasciato dal ministero degli esteri italiano”, commenta il quotidiano. Nel 2019 l’Egitto è diventato il destinatario del maggior numero di licenze, pari a 871,7 milioni di euro.

Anche prima delle recenti minacce di aggressione in Libia da parte del presidente egiziano, per Osama Suleiman, esponente del Comitato di difesa e di sicurezza nazionale dell’ex assemblea egiziana “Al Sisi si è trasformato in un commerciante di armi e in mediatore regionale. L’accordo con l’Italia è chiaramente legato alla situazione in Libia, perché dall’Egitto è molto facile contrabbandare le armi via terra, lontano dal controllo internazionale”. Visto che “la questione libica è una priorità per Roma, che vuole proteggere i suoi interessi nel paese arabo ricco di petrolio”, aggiunge Al Khalij al Jadid,”l’Egitto può servire da mediatore per fornire al generale libico Khalifa Haftar delle risorse aeree e navali, soprattutto considerato l’embargo internazionale che gli impedisce di acquistare armi”. Secondo il quotidiano “non è escluso che una parte dell’accordo tra Egitto e Italia sarà finanziata dagli Emirati Arabi Uniti, con l’obiettivo di riprendere il controllo degli affari in Libia”. D’altra parte l’Egitto “è la più grande porta d’ingresso per le armi destinate all’est della Libia, ed è un punto di passaggio importante per le spedizioni di armi degli Emirati ad Haftar”, conclude il giornale.

Sotto banco
Per i social network arabi, riporta la Bbc arabic, il legame con la Libia è palese. Raseef22, un sito indipendente con sede a Beirut, in Libano, si chiede “a cosa possono servire tutte queste armi all’Egitto” suggerendo che l’intesa tra Roma e Il Cairo deriverebbe anche dalla necessità di proteggere i giacimenti di gas nell’est del Mediterraneo sfruttati dall’Eni: “In questo modo l’Egitto vuole rafforzarsi dal punto di vista militare per affrontare le mosse turche in Libia e nel Mediterraneo orientale”.

Dal lato strettamente egiziano, gli oppositori del regime come Osama Suleiman considerano che l’affare serve anche ad arricchire Al Sisi: “Nelle forze armate egiziane è noto che esiste una percentuale per i capi dell’esercito e per il presidente”. L’economista egiziano Mohamed Rizk, conferma: “Sfortunatamente esiste una legge non scritta in Egitto in base alla quale il presidente ottiene una commissione sull’acquisto di armi fino al 2,5 per cento del valore complessivo dell’affare, per non parlare delle commissioni che vengono pagate sotto banco”. Il quotidiano Al Araby al Jadid si chiede anche dove Il Cairo conti di trovare i soldi per l’acquisto, in un momento in cui le autorità ribadiscono che non hanno liquidità sufficiente da spendere per la salute e l’istruzione o per affrontare la disoccupazione.

I siti egiziani più attenti ai diritti umani, come il giornale indipendente Mada Masr, si schierano con la parte della stampa italiana contraria all’accordo e ricordano gli sforzi della società civile in sostegno della coraggiosa famiglia Regeni, che si è dichiarata “tradita” dall’Italia. Ci sono anche molti riferimenti alla campagna #StopArmi lanciata dalla società civile per bloccare l’accordo, e in particolare alla richiesta di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international Italia, per ottenere la verità per Giulio Regeni e la liberazione di Patrick Zaki, l’attivista egiziano e studente dell’università di Bologna arrestato al Cairo a febbraio e da allora in carcere in attesa di processo.

Al di là dei commenti e delle congetture, è certo che l’atteggiamento ambiguo del governo italiano, che da un lato chiede chiarimenti sull’uccisione di Regeni e dall’altro cerca accordi milionari sulle armi, ha fortemente colpito l’opinione pubblica del Medio Oriente. Un fatto da ricordare se l’Italia vuole continuare a ricoprire un ruolo importante nella regione.

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