Questo articolo è uscito il 23 marzo 2001 nel numero 378 di Internazionale.
Tanto vale dirlo subito: queste pagine sono state scritte da un avversario politico di Henry Kissinger. Detto questo non finisco di stupirmi per l’enorme quantità di informazioni sconvolgenti che ho dovuto tralasciare. Qui mi occuperò soltanto delle malefatte di Kissinger che potrebbero costituire la base per un’azione penale contro di lui: per crimini di guerra, per crimini contro l’umanità e per reati contro il diritto comune, il diritto consuetudinario o il diritto internazionale.
Crimini come la cospirazione finalizzata a rapimenti, torture e omicidi.
Avrei potuto citare il reclutamento e il successivo tradimento dei curdi iracheni. Kissinger li istigò a impugnare le armi contro Saddam Hussein tra il 1972 e il 1975, e poi li abbandonò allo sterminio sulle loro montagne quando Saddam strinse un accordo diplomatico con lo scià di Persia.
I curdi non furono solo abbandonati: a loro si mentì consapevolmente. Le conclusioni del rapporto del parlamentare statunitense Otis Pike sono una lettura terribile da cui emerge la totale indifferenza di Kissinger nei confronti della vita e dei diritti umani. Ma questa indifferenza rientra nella realpolitik più depravata e non sembra violare alcuna legge.
Anche l’organizzazione da parte di Kissinger di coperture politiche, militari e diplomatiche per il regime dell’apartheid in Sudafrica ci pone di fronte a un precedente moralmente ripugnante. Ed è all’origine delle tragiche conseguenze della destabilizzazione dell’Angola. Ma ancora una volta siamo di fronte a una fase sordida della Guerra fredda e a un esercizio irresponsabile del potere, non a un episodio criminale organizzato. Inoltre c’è da tener conto del carattere istituzionale di questa politica, che nelle sue linee generali avrebbe potuto essere fatta propria da qualsiasi amministrazione, da qualsiasi consigliere per la sicurezza nazionale, da qualsiasi segretario di Stato.
Henry Alfred Kissinger è nato in Germania nel 1923, è emigrato negli Stati Uniti nel 1938 ed è cittadino americano dal 1943. Dal 1945 al 1971 ha fatto parte del Centro di studi internazionali dell’Università di Harvard. Dal 1969 al 1973, sotto la presidenza di Richard Nixon, è stato consigliere del presidente degli Stati Uniti per la sicurezza nazionale. Dal 1973 al 1976 è stato segretario di Stato americano. Nel 1973, insieme al vietnamita Le Duc Tho, ha ricevuto il premio Nobel per la pace per il suo ruolo di negoziatore nelle trattative di pace in Vietnam. Oggi è attivo soprattutto come saggista e consulente. È autore di molti libri di politologia e di tre volumi di memorie. Nel 1982 ha fondato la Kissinger Associates, che offre consulenza strategica a grandi aziende e multinazionali.
Analoghe riserve si possono nutrire su come Kissinger diresse la commissione presidenziale sul Centroamerica istituita nei primi anni Ottanta, di cui fece parte anche Oliver North e che coprì l’attività degli squadroni della morte a Panama. O sulle protezioni politiche offerte da Kissinger, mentre era in carica, alla dinastia dei Pahlevi in Iran e al loro apparato di tortura e repressione.
Una nuova era
L’elenco potrebbe durare ancora molto a lungo. Ma non serve incolpare un solo uomo della spaventosa crudeltà e dello straordinario cinismo di decenni.
No: in queste pagine mi limito a considerare solo i reati identificabili, quelli che potrebbero – e dovrebbero – essere elencati in un vero e proprio atto d’accusa, indipendentemente dal fatto che le azioni commesse fossero o meno in linea con la “politica” ufficiale. Fra queste azioni, in queste pagine ricorderemo la pianificazione dell’omicidio di un alto esponente istituzionale di un paese democratico, il Cile, con cui gli Stati Uniti non erano in guerra.
Alcune di queste ipotesi di reato si possono costruire soltanto a braccio dal momento che Henry Kissinger – in quello che può essere considerato un intralcio deliberato e premeditato alla giustizia – ha fatto in modo che molte prove fossero nascoste o forse addirittura distrutte. Oggi però stiamo entrando nell’epoca in cui la difesa dell’immunità basata sulla sovranità nazionale per i crimini di Stato viene considerata nulla. Kissinger, a differenza di molti suoi avversari, ha capito questa novità decisiva. La sentenza della Camera dei Lord di Londra sulla rilevanza penale internazionale dei crimini commessi dal generale Augusto Pinochet, venuta ad aggiungersi al nobile attivismo della magistratura spagnola e alle sentenze del Tribunale internazionale dell’Aja, ha mandato in pezzi lo scudo che proteggeva i crimini commessi con la giustificazione della ragion di Stato. Adesso non c’è motivo per non mettere in stato d’accusa Kissinger, e non c’è motivo per cui non possa essere costretto a risponderne.
Molti dei politici che sono stati complici di Kissinger sono in carcere. La sua impunità è insopportabile
Non procedere, dunque, costituirebbe un duplice o triplice vulnus alla giustizia. In primo luogo sarebbe una violazione del principio essenziale, e oggi non più contestato, secondo cui neanche i più potenti sono al di sopra della legge. Inoltre equivarrebbe a sostenere che le azioni penali per crimini di guerra e crimini contro l’umanità sono riservate agli sconfitti o a despoti minori di paesi relativamente trascurabili. Questo a sua volta condurrebbe alla meschina politicizzazione di quello che potrebbe essere un processo nobile, e al comprensibile sospetto che ci siano due pesi e due misure.
Molti, se non tutti, i politici che sono stati complici di Kissinger – dalla Grecia al Cile, dall’Argentina all’Indonesia – adesso si trovano in carcere o in attesa di processo. L’impunità di cui solo Kissinger gode è ignobile ed emana un fetore insopportabile. Se continueremo a tollerarla, giustificheremo vergognosamente l’antico filosofo Anacarsi, il quale sosteneva che le leggi sono come ragnatele: forti abbastanza per legare i deboli ma troppo deboli per vincolare i forti. Nel nome delle innumerevoli vittime, note e ignote, è tempo che la giustizia entri in azione.
Cile, parte prima. Statista o killer?
Una volta – in un’espressione poi diventata famosa del suo disprezzo per la democrazia – Kissinger ha affermato di non vedere alcun motivo per permettere a un certo paese di “scegliere il comunismo a causa dell’irresponsabilità del suo stesso popolo”. Il paese in questione era il Cile, che all’epoca di questa dichiarazione aveva la meritata fama di essere la democrazia pluralistica più evoluta del Sudamerica. Negli anni della Guerra fredda quel pluralismo significava che l’elettorato cileno votava per circa un terzo conservatore, per un terzo socialista e comunista, e per un terzo democristiano e centrista. Ciò aveva reso relativamente facile impedire l’ingresso al governo della componente marxista, e fin dal 1962 la Cia si era per lo più accontentata – così come aveva fatto in Italia e in altri paesi con situazioni simili – di finanziare gli elementi giudicati affidabili.
Jugoslavia
Nel 1984 Lawrence Eagleburger, ex ambasciatore in Jugoslavia, diventò presidente della Kissinger Associates e strinse due vantaggiosi accordi commerciali: uno con un’impresa di costruzioni in seguito accusata di affari illegali con la Libia; un altro con l’industria che produceva l’utilitaria Yugo, e le cui fabbriche hanno fornito supporto all’esercito di Slobodan Milosevic. Dieci anni dopo Kissinger ha promosso una politica di non intervento nelle crisi della regione.
Cina
Kissinger è noto per le sue accurate giustificazioni del massacro di piazza Tienanmen, nel 1989, e per la sua opposizione a ogni ipotesi di collegare la politica commerciale di Washington ai diritti umani in Cina. Meno nota è China Ventures, una partnership finanziaria creata da Kissinger sei mesi prima del massacro. Negli anni Ottanta Kissinger ha usato i suoi legami con il regime di Deng Xiaoping per favorire gli interessi commerciali di Chase Manhattan Bank, Itt e H.J. Heinz.
Indonesia
Sotto l’amministrazione Ford, Kissinger s’incontrò con il presidente Suharto alla vigilia dell’invasione indonesiana di Timor Est, nel 1975. Nel 2000 è tornato nel paese per dare consigli al neopresidente Wahid. Nel frattempo ha aiutato il gigante minerario Freeport-McMoRan ad assicurarsi una concessione trentennale per il giacimento d’oro di Grasberg, la cui attività è da allora stata associata a danni ambientali e violazioni dei diritti umani – accuse che Wahid ha ignorato.
Argentina
Come segretario di Stato Kissinger tollerò la spirale di omicidi, violazioni dei diritti umani e sovversione della democrazia in Argentina, Cile e altri paesi latinoamericani. Come consulente ha svolto con successo opera di lobbying per varie multinazionali in Argentina, così come a Panama e in Perù, sotto i regimi di Noriega e Fujimori, e nel Messico del presidente Salinas. Quest’ultimo, nonostante fosse notoriamente corrotto, è stato spesso generosamente lodato negli editoriali di Kissinger.
Tuttavia, nelle elezioni presidenziali del settembre del 1970, il candidato della sinistra conquistò una modesta maggioranza del 36,2 per cento. Le divisioni interne alla destra e l’allineamento di alcuni piccoli partiti radicali e cristiani alla sinistra dettero la certezza che dopo i 60 giorni prescritti dalla legge il Congresso cileno avrebbe ratificato la nomina del dottor Salvador Allende a presidente della repubblica. Ma il solo nome di Allende era intollerabile per l’estrema destra cilena, per alcune potenti società che facevano affari in Cile e negli Stati Uniti – in particolare l’Itt, la Pepsi-Cola, la Chase Manhattan Bank – e per la Cia.
Tanta avversione si trasmise rapidamente a Richard Nixon. Il presidente degli Stati Uniti aveva un debito personale con Donald Kendall, presidente della Pepsi-Cola, perché gli aveva dato il suo primo incarico internazionale quando Nixon, fallita per il momento la sua carriera politica, era andato a lavorare in uno studio legale di Wall Street.
Attacco alla democrazia
La sorte della democrazia cilena fu dunque decisa in una serie di riunioni a Washington undici giorni dopo la vittoria elettorale di Allende. Dopo aver discusso con Kendall, con David Rockefeller della Chase Manhattan e con il direttore della Cia Richard Helms, Kissinger si recò con quest’ultimo nella Sala Ovale della Casa Bianca. Dagli appunti della riunione presi da Helms emerge che Nixon non dovette sprecare troppo fiato per rendere noti i suoi desideri: Allende non doveva diventare presidente. “Non interessato ai rischi. Non coinvolgere ambasciata. Disponibili dieci milioni di dollari, di più se necessario. Lavoro a tempo pieno: uomini migliori a disposizione. Mandare in tilt l’economia. Quarant’otto ore per piano d’azione”.
Da alcuni documenti declassificati risulta che Kissinger – il quale in precedenza non sapeva niente del Cile e non se n’era mai interessato, anzi una volta l’aveva sbrigativamente definito “un pugnale puntato contro il cuore dell’Antartide” – prese molto sul serio quell’occasione di far colpo sul suo capo. Fu istituito un gruppo a Langley, Virginia (la sede centrale della Cia), con lo scopo dichiarato di portare avanti una politica “del doppio binario” nei confronti del Cile: da una parte la normale politica diplomatica alla luce del sole; dall’altra – all’insaputa del dipartimento di Stato e dell’ambasciatore statunitense in Cile, Edward Korry – una strategia di destabilizzazione, rapimenti e assassini intesa a provocare un colpo di Stato militare.
La preparazione di quell’intervento conobbe una serie di ostacoli nel breve intervallo di tempo prima che Allende prestasse giuramento. L’ostacolo di lungo periodo era il fatto che tradizionalmente i militari cileni si astenevano da ogni coinvolgimento politico. Era una tradizione che distingueva nettamente il Cile dai paesi vicini, e non poteva certo venir meno dall’oggi all’indomani. L’ostacolo di breve periodo era un uomo: il generale René Schneider, capo delle forze armate cilene, che era fermamente contrario a che i militari si immischiassero nel processo elettorale. In una riunione che si svolse il 18 settembre 1970, fu deciso di toglierlo di mezzo.
Kissinger ha pianificato all’insaputa del Congresso il rapimento di un alto funzionario di un paese democratico
Il piano, come hanno ampiamente documentato Seymour Hersh e altri, era di far rapire Allende da alcuni ufficiali estremisti, ma in modo da far sembrare il rapimento opera di elementi di sinistra e vicini ad Allende. Ne sarebbe nata una certa confusione che, si sperava, avrebbe gettato nel panico il Congresso cileno, inducendolo a non ratificare la nomina di Allende. A Santiago, la capitale del Cile, venne offerta la somma di 50mila dollari a qualsiasi ufficiale abbastanza intraprendente da incaricarsi dell’operazione. Richard Helms e Thomas Karamessines, che all’epoca era il responsabile delle operazioni segrete della Cia, riferirono a Kissinger di non essere ottimisti perché i circoli militari cileni erano titubanti e divisi, oppure erano fedeli al generale Schneider e alla Costituzione. Come disse Helms in un successivo resoconto di quella conversazione, “cercammo di far capire a Kissinger quant’erano esigue le probabilità di successo”. Ma Kissinger ripeté fermamente a Helms e Karamessines di procedere lo stesso, e in fretta.
I mandanti degli assassini
Qui occorre fare una pausa per ricapitolare. Un esponente statunitense che non occupa una carica elettiva si incontra con altri, all’insaputa del Congresso e senza la sua autorizzazione, per pianificare il rapimento di un alto funzionario legalmente nominato da un paese democratico con cui gli Stati Uniti non sono in guerra e con cui mantengono relazioni diplomatiche cordiali. I verbali
delle riunioni hanno ancora un’aria ufficiale – anche se sono stati tenuti nascosti per molto tempo – ma quello cui siamo di fronte è un assassinio, un atto di terrorismo perpetrato con il sostegno di uno Stato.
L’ambasciatore Korry ha affermato nella sua testimonianza di aver ordinato ai suoi collaboratori di non avere niente a che fare con un gruppo che si faceva chiamare Patria y Libertad, una formazione parafascista dedita a cercare di mettere in dubbio i risultati elettorali. Korry inviò due cablogrammi a Washington per avvertire i suoi superiori di tenersi anche loro alla larga da quella gente. Korry non sapeva che il suo addetto militare aveva ricevuto istruzioni di contattare il gruppo senza dirglielo. E quando il presidente cileno uscente, il democristiano Eduardo Frei, annunciò che era contrario a qualsiasi intervento di Washington e che avrebbe votato per ratificare la legittima elezione di Allende, fu proprio a Patria y Libertad che si rivolse Kissinger.
Il 15 settembre 1970 Kissinger venne a sapere che il generale Roberto Viaux, un militare di estrema destra legato a Patria y Libertad, era disposto ad accettare l’incarico segreto di togliere di mezzo il generale Schneider. In quella fase si usava il termine “rapimento”, che viene utilizzato spesso ancora oggi. Il gruppo assegnato da Kissinger al “secondo binario”, però, autorizzò la fornitura di mitragliatrici e di granate lacrimogene agli uomini di Viaux e non pare che abbia mai domandato che cosa avrebbero fatto del generale dopo averlo rapito.
Ma lasciamo parlare i documenti. Ecco il testo di un cablogramma della Cia al gruppo del “secondo binario”, datato Santiago 18 ottobre 1970. I nomi sono ancora censurati per “motivi di sicurezza”; le identità di copertura sono scritte a mano – e da me messe in parentesi quadre – dal solerte servizio di redazione della Cia.
1. [L’emissario di questa stazione] si è incontrato clandestinamente la sera del 17 ottobre con [due ufficiali delle forze armate cilene] i quali gli hanno detto che i loro piani procedevano meglio di quanto avessero sperato. Essi hanno chiesto che entro la sera del 18 ottobre [l’emissario] facesse in modo di fornire loro otto-dieci granate lacrimogene. Nel giro di 48 ore avevano bisogno di tre mitragliatrici calibro 45 (“grease guns”) con 500 colpi ciascuna. […]
6. Chiediamo il pronto invio di tre mitragliatrici calibro 45 sterili e relative munizioni come da paragrafo più sopra, se occorre a mezzo corriere speciale. Si prega di confermare che ciò è possibile entro le 20.00 ora locale del 18 ottobre, cosicché [l’emissario] possa informarne [i suoi contatti].
La riposta, che reca l’intestazione “Immediato Santiago (destinatario esclusivo [omissis])”, ha la data del 18 ottobre e dice:
Mitragliatrici semiautomatiche e relative munizioni spedite a mezzo corriere ordinario […]. Preferito usare corriere ordinario [cancellato] per evitare che l’operazione susciti attenzioni indesiderate.
Questo è invece il testo di un messaggio simile, indirizzato anch’esso a “Santiago, 562”:
1. A seconda di come andrà il colloquio con [l’emissario] previsto per la sera del 18 ottobre, potrete decidere di spedire rapporto intelligence [cancellato] cosicché possiamo decidere se esso debba essere diffuso.
2. Nuovo argomento: se [l’emissario] ha intenzione di porsi alla testa del colpo di Stato o di esservi coinvolto attivamente e pubblicamente, non capiamo perché si preoccupa che le mitragliatrici possano essere fatte risalire a lui. Possiamo cercare di capire il motivo per cui le mitragliatrici devono essere sterili? Continueremo a fare ogni sforzo per fornirle, ma ci sembra si approfitti della nostra credulità quando si dice che [l’ufficiale della] marina guiderà le sue truppe con mitragliatrici sterili. A cosa servono esattamente queste armi? In ogni caso, cercheremo di spedirle indipendentemente dal fatto che forniate o meno una spiegazione.
“I colloqui a tutto campo avuti dall’ambasciatore per sostenere l’urgenza del golpe non si possono rimangiare”
La bellezza di questo scambio epistolare non si può apprezzare appieno senza leggere un messaggio precedente, datato 16 ottobre (si tenga a mente che per il 24 ottobre era stata convocata una seduta del Congresso cileno per ratificare l’elezione di Allende).
1. [nome in codice: Trickturn] Politiche, obiettivi e interventi sono stati passati in rassegna da alti livelli del governo degli Stati Uniti nel pomeriggio del 15 ottobre. Seguono le conclusioni, che fungeranno da vostra guida operativa.
2. Si continua a seguire con determinazione la politica di rovesciare Allende con un colpo di Stato. Sarebbe assai preferibile far trapelare questo prima del 24 ottobre, ma i tentativi di ottenere tale scopo proseguiranno con vigore anche oltre quella data. Dobbiamo continuare a esercitare il massimo della pressione in vista di tale obiettivo avvalendoci di tutte le risorse idonee. È imperativo che queste azioni vengano svolte clandestinamente e in piena sicurezza in modo da tenere ben coperti il governo statunitense e qualsiasi intervento americano. Ciò presuppone un alto grado di selettività nello stabilire contatti con militari e impone che tali contatti vengano condotti nel modo più sicuro ma non preclude affatto contatti come quelli di cui al messaggio “Santiago, 544”, che sono stati un capolavoro.
3. Dopo attento esame si è deciso che un tentativo di colpo di Stato effettuato dal solo Viaux con le forze attualmente a sua disposizione fallirebbe. Pertanto sarebbe controproducente per gli obiettivi [del “secondo binario”]. Si è quindi deciso che [la Cia] invii a Viaux un messaggio per dissuaderlo dall’agire in modo precipitoso. Essenzialmente il nostro messaggio dovrà dire: “Abbiamo riesaminato i vostri piani e sulla base delle vostre e delle nostre informazioni siamo giunti alla conclusione che i vostri piani di colpo di Stato in questo momento non possono riuscire. Fallendo rischiano di danneggiare le vostre probabilità future. Tenete in caldo gli strumenti a disposizione. Noi ci terremo in contatto. Verrà il momento in cui voi e tutti gli altri vostri amici potrete fare qualcosa. Nel frattempo continuerete ad avere il nostro appoggio”. Siete pregati di fare avere a Viaux un messaggio essenzialmente simile a quello riportato più sopra. I nostri obiettivi sono i seguenti: (a) informarlo del nostro parere e dissuaderlo dall’agire da solo; (b) continuare a incoraggiarlo a estendere la sua pianificazione; (c) incoraggiarlo a unire le forze con altri che stanno pianificando colpi di Stato, in modo da poter agire di concerto prima o dopo il 24 ottobre. […]
4. Prosegue un forte interesse per le attività di Tirado, Canales, Valenzuela e altri e auguriamo loro ogni fortuna.
5. Quanto sopra costituisce la vostra guida operativa. Nessun’altra direttiva politica che possiate ricevere da [indecifrabile: il dipartimento di Stato] o dal suo massimo esponente a Santiago, al suo ritorno, dovrà farvi deflettere dalla linea stabilita.
6. Siete pregati di passare in rassegna tutte le vostre attività attuali e se possibile nuove, comprese la propaganda, le operazioni segrete, la messa in circolazione di informazioni riservate o di disinformazione, i contatti personali e qualsiasi altra cosa che la vostra immaginazione possa escogitare al fine di portare avanti il nostro [cancellato] obiettivo in piena sicurezza.
Rinvio temporaneo
Infine è essenziale leggere il “memorandum di colloquio” della Casa Bianca datato 15 ottobre 1970, al quale il cablogramma qui sopra fa diretto riferimento, e di cui costituisce un riassunto più che credibile. Erano presenti alla riunione “ad alto livello governativo”, come si fa presente nell’intestazione, “il dottor Kissinger, il signor Karamessines, il generale Haig”. Il primo capoverso del resoconto del colloquio è stato completamente annerito e a margine non c’è neanche il minimo appunto del servizio di redazione. Viste le ammissioni fatte da allora, varrebbe veramente la pena di leggere queste 16 righe cancellate. Ma riprendiamo dal secondo capoverso:
2. A quel punto il signor Karamessines ha esposto le informazioni disponibili su Viaux, sulle riunioni di Canales con Tirado, sulla nuova posizione di quest’ultimo (dopo che Porta è stato esentato da incarichi di comando “per motivi di salute”) e ha fornito una descrizione abbastanza dettagliata della situazione complessiva in Cile in vista dell’eventualità di un colpo di Stato.
3. Disponevamo di un certo quantitativo di informazioni riguardanti il presunto appoggio di cui Viaux godrebbe a tutti i livelli della gerarchia militare cilena. Avevamo valutato attentamente le affermazioni di Viaux, basando la nostra analisi su solide informazioni riservate provenienti da varie fonti. Le nostre conclusioni erano chiare: Viaux non aveva più di una probabilità su venti – e forse meno – di condurre con successo un colpo di Stato. […]
5. È stato deciso dai presenti che l’Agenzia [cioè la Cia] doveva inviare a Viaux un messaggio per dissuaderlo dall’agire precipitosamente. Essenzialmente, il nostro messaggio doveva dire: “Abbiamo riesaminato i vostri piani e sulla base delle vostre e delle nostre informazioni siamo giunti alla conclusione che i vostri piani di colpo di Stato in questo momento non possono riuscire. Fallendo rischiano di danneggiare le vostre probabilità future. Tenete in caldo gli strumenti a disposizione. Ci terremo in contatto. Verrà il momento in cui voi e tutti gli altri vostri amici potrete fare qualcosa. Nel frattempo continuerete ad avere il nostro appoggio”.
6. Dopo la decisione di rinviare, almeno temporaneamente, il piano di colpo di Stato da parte di Viaux, il dottor Kissinger ha dato istruzioni al signor Karamessines perché tenga in caldo le risorse di cui l’Agenzia dispone in
Cile, lavorando clandestinamente e in segreto per mantenere la capacità dell’Agenzia di condurre operazioni contro Allende in futuro.
7. Il dottor Kissinger ha detto che desidera che le nostre parole d’incoraggiamento ai militari cileni delle ultime settimane rimangano il più possibile segrete. Il signor Karamessines ha sottolineato energicamente che avevamo fatto tutto il possibile in tal senso, usando fra l’altro ufficiali sotto copertura, riunioni a bordo di automobili e ogni altra precauzione immaginabile. Ma ultimamente sia noi che altri avevamo parlato moltissimo con diverse persone: per esempio i colloqui a tutto campo avuti dall’ambasciatore Korry con svariate persone per sostenere l’urgenza di un colpo di Stato “non si possono mica rimangiare”. [Seguono 3 righe cancellate] (Il dottor Kissinger ha richiesto che gli venisse inviata copia del messaggio il 16 ottobre).
8. La riunione si è conclusa con l’osservazione del dottor Kissinger che l’Agenzia avrebbe dovuto continuare a tenere sotto pressione tutti i possibili punti deboli di Allende: subito, dopo il 24 ottobre, dopo il 5 novembre e per il futuro, finché non fosse giunto il momento di dare nuovi ordini. Il signor Karamessines ha risposto che l’Agenzia avrebbe eseguito.
Dunque, il “secondo binario” era composto a sua volta da due binari. Il “binario 2/1” era il gruppo di estremisti capeggiato dal generale Roberto Viaux e dalla sua spalla, il capitano Arturo Marshal. Costoro avevano cercato di mettere in atto un colpo di Stato nel 1969 contro i democristiani, erano stati smascherati e non godevano più neanche delle simpatie degli ufficiali conservatori. Il “binario 2/2” era una fazione in apparenza più “rispettabile”, guidata dal generale Camilo Valenzuela, capo della guarnigione della capitale, il cui nome ricorre in vari cablogrammi e la cui identità si nasconde sotto alcune delle cancellature. Alcuni agenti operativi della Cia presenti in Cile giudicavano Viaux troppo matto per essere affidabile.
Commettere un crimine violento mentre si cerca di rapire qualcuno è un’aggravante, non un’attenuante
E anche i ripetuti avvertimenti dell’ambasciatore Korry avevano avuto qualche effetto: come emerge dal memorandum del 15 ottobre citato prima, Kissinger e Karamessines avevano avuto dei ripensamenti dell’ultimo minuto su Viaux, che ancora il 13 ottobre aveva ricevuto dalla stazione locale della Cia 20mila dollari in contanti più la promessa di un’assicurazione sulla vita da 250mila dollari. Questa offerta era stata autorizzata direttamente dalla Casa Bianca. Ma mancava solo qualche giorno al giuramento di Allende e Nixon ripeteva che “era assolutamente indispensabile impedire che Allende assumesse la presidenza”. Così s’intensificarono le pressioni sul gruppo di Valenzuela. La conseguenza diretta fu che il generale Roberto Viaux – soprattutto dopo le calorose parole d’incoraggiamento che aveva ricevuto – si sentì in un certo senso in dovere di tener fede all’impegno, per dimostrare che i dubbi sul suo conto erano immotivati.
Tre tentativi per un omicidio
La sera del 19 ottobre 1970, il gruppo di Valenzuela, con l’aiuto di alcuni uomini di Viaux ed equipaggiato con le granate lacrimogene consegnate dalla Cia, tentò di rapire il generale Schneider all’uscita da una cena. Il tentativo fallì perché Schneider si allontanò a bordo di un’auto privata e non di quella ufficiale come previsto. Il buco nell’acqua provocò un cablogramma molto significativo spedito dal quartier generale della Cia a Washington alla stazione locale per chiedere di agire urgentemente, perché “il quartier generale deve rispondere durante la mattinata del 20 ottobre alle richieste di chiarimenti provenienti dall’alto”. Vennero allora autorizzati due versamenti di 50mila dollari a Valenzuela e al suo principale collaboratore, a condizione che effettuassero un altro tentativo, che ebbe luogo la sera del 20 ottobre, ancora una volta senza successo. Il 22 ottobre le mitragliatrici “sterili” di cui si parlava prima furono consegnate al gruppo di Valenzuela per un ulteriore tentativo. Alcune ore più tardi la banda del generale Roberto Viaux riuscì finalmente ad assassinare il generale René Schneider.
Secondo il verdetto emesso in seguito dai tribunali militari cileni, a questo complotto parteciparono elementi di entrambi i rami del “secondo binario”. In altre parole, Valenzuela in persona non c’era, ma la squadra degli assassini, capitanata da Viaux, comprendeva uomini che avevano partecipato ai due precedenti tentativi di golpe. Viaux fu condannato per rapimento e cospirazione per provocare un colpo di Stato, Valenzuela solo per la cospirazione. Quindi qualsiasi tentativo successivo di distinguere fra le due congiure, se non per grado, non è che un tentativo di creare una distinzione là dove non c’è alcuna differenza.
Poco importa se Schneider fu ucciso a causa di un tentato rapimento andato a monte – gli assassini dissero che aveva osato opporre resistenza – o se il primo obiettivo fosse assassinarlo. Il rapporto della polizia militare cilena parla di assassinio senza mezzi termini. In base alle leggi di ogni paese dove vige la legge, Stati Uniti compresi, commettere un crimine violento mentre si tenta di rapire qualcuno è una circostanza aggravante e non un’attenuante. Con un cadavere ai piedi non puoi dire: “Stavo solo cercando di rapirlo”. O almeno non puoi dirlo se hai intenzione di chiedere le attenuanti.
Tuttavia, una versione del concetto di “circostanze attenuanti” è diventata la storiella inconsistente con cui da allora Kissinger si protegge dall’accusa di complicità in rapimento e omicidio di primo grado, prima e dopo il fatto. Questo spregevole eufemismo ha persino trovato spazio in un rapporto scritto. L’indagine condotta dalla Commissione per l’intelligence del Senato degli Stati Uniti ha concluso che dal momento che le mitragliatrici fornite a Valenzuela non erano state impiegate per l’omicidio e che il generale Viaux era stato ufficialmente dissuaso dalla Cia qualche giorno prima dell’omicidio di Schneider, non c’era “alcuna prova dell’esistenza di un piano per uccidere Schneider o del fatto che esponenti ufficiali degli Stati Uniti avessero previsto che Schneider sarebbe stato ucciso durante il rapimento”.
Nella sua biografia di Kissinger, Walter Isaacson prende per buona una nota indirizzata dallo stesso Kissinger a Nixon dopo la riunione del 15 ottobre con Karamessines: riferendo al presidente del complotto di Viaux, Kissinger afferma di averlo “scaricato”. Isaacson prende per buona anche l’affermazione che il colpo riuscito di Viaux era essenzialmente non autorizzato. Tutti questi pretesti e queste scuse sono deboli sul piano logico quanto spregevoli su quello morale. Henry Kissinger ha la responsabilità diretta dell’assassinio di Schneider, come dimostrano i cinque punti seguenti.
Bruce MacMaster, uno degli agenti “sotto copertura” citati nello scambio di cablogrammi, era un agente di carriera della Cia che andava in giro con un falso passaporto colombiano sostenendo di rappresentare in Cile alcuni imprenditori statunitensi. MacMaster ha raccontato i suoi tentativi di far pervenire ad alcuni membri del gruppo Viaux in galera dei quattrini per farli stare zitti dopo l’assassinio e per evitare che tirassero in ballo la Cia.
Il colonnello Paul M. Wimert, addetto militare a Santiago e principale ufficiale di collegamento della Cia con la fazione di Valenzuela, ha testimoniato che dopo l’assassinio di Schneider recuperò in tutta fretta i due versamenti di 50mila dollari fatti allo stesso Valenzuela e al suo collaboratore, e anche le tre mitragliatrici “sterili”. Dopodiché si recò rapidamente in auto a Viña del Mar, una cittadina costiera del Cile, e le gettò nell’oceano. Il suo complice in quest’azione, il capo della Cia di Santiago Henry Hecksher, appena qualche giorno prima aveva assicurato a Washington che o Viaux o Valenzuela sarebbero riusciti a eliminare Schneider, innescando così il colpo di Stato.
Riprendiamo in mano il memorandum Casa Bianca/Kissinger del 15 ottobre e rivediamo il modo ottusamente letterale in cui fu ritrasmesso in Cile. Esso non “scarica” affatto Viaux, anzi semmai lo incita – il generale era notoriamente un fanatico spaccone – a raddoppiare gli sforzi. “Verrà il momento in cui voi e tutti gli altri vostri amici potrete fare qualcosa. Nel frattempo continuerete ad avere il nostro appoggio”. Non sono esattamente le parole che si usano quando si vuole scaricare qualcuno. Il resto del cablogramma parla apertamente dell’intenzione di “dissuaderlo dall’agire da solo”, di “continuare a incoraggiare a estendere la sua pianificazione” e di “incoraggiarlo a unire le forze con altri che stanno pianificando un colpo di Stato in modo da poter agire di concerto prima o dopo il 24 ottobre”. Le ultime tre affermazioni rappresentano una descrizione del tutto esatta, per non dire profetica, di quello che Viaux fece effettivamente.
Un ufficiale della marina statunitense in Cile descrive il giorno del colpo di Stato come “il nostro D-Day”
Consultiamo nuovamente il cablogramma ricevuto da Henry Hecksher il 20 ottobre, in cui si fa riferimento ad ansiose richieste di chiarimenti “provenienti dall’alto” sulla prima delle fallite azioni contro Schneider. Quando la Commissione per l’intelligence del Senato lo ha interrogato sulla stessa frase, presente in un analogo cablogramma inviato a un altro agente della Cia a Santiago, Thomas Karamessines si è detto certo che il termine “dall’alto” si riferisse direttamente a Kissinger. In tutte le precedenti comunicazioni provenienti da Washington – basta dare uno sguardo a quanto c’è scritto più sopra – era effettivamente così. Ciò è sufficiente a demolire la tesi di Kissinger secondo cui il 15 ottobre egli avrebbe “scaricato” il “secondo binario” e le sue due diramazioni.
In seguito l’ambasciatore Korry ha affermato una cosa ovvia, e cioè che Kissinger stava cercando di costruirsi un alibi nell’eventualità di un fallimento da parte del gruppo di Viaux: “A lui non interessava il Cile: gli interessava chi sarebbe stato incolpato di cosa. Voleva che io fossi quello che ci andava di mezzo. Henry non voleva che il suo nome fosse associato a un buco nell’acqua e si stava creando un precedente in modo da poter dare la colpa al dipartimento di Stato. Mi portò dal presidente perché voleva che io dicessi quel che dovevo dire su Viaux; voleva farmi passare per quello più morbido”.
È chiaro però che Henry Kissinger voleva due cose. Innanzi tutto voleva l’eliminazione del generale Schneider, con qualsiasi mezzo e per qualsiasi tramite. Non è mai stata data alcuna istruzione da Washington di lasciare illeso Schneider; vennero spedite per corriere diplomatico delle armi; come destinatari furono scelti con cura uomini violenti. Al tempo stesso Kissinger non voleva comparire nel caso che il tentativo fosse fallito o fosse stato scoperto. Si tratta delle normali motivazioni di chiunque istighi o inciti qualcuno a commettere un omicidio. Senza attendere che i suoi molti memoriali vengano pubblicati o che ne venga ordinata la divulgazione, possiamo dire senza timore di essere smentiti che a prima vista Henry Kissinger è colpevole di collusione diretta nell’assassinio del funzionario di un paese democratico e pacifico.
Cile, parte seconda. Morte al sud
Il 9 novembre 1970 Henry Kissinger fu l’estensore del Memorandum di Decisione 93 del National Security Council, in cui si riesaminava la politica nei confronti del Cile immediatamente dopo la conferma dell’elezione di Salvador Allende a presidente. Furono proposte le consuete misure di destabilizzazione economica – secondo l’ordine dato da Nixon: “Mandare in tilt l’economia” – fra cui tagli agli aiuti e agli investimenti. Ma ancor più significativo è il fatto che Kissinger sostenne la necessità di mantenere “rapporti stretti” con i leader militari dei paesi confinanti. Una decisione presa per agevolare sia il coordinamento delle pressioni sul Cile, sia la preparazione dell’opposizione interna al paese. Una decisione che prefigura a grandi linee le rivelazioni emerse in seguito sull’Operazione Condor, una collusione segreta fra le dittature militari di tutto il Sudamerica messa in piedi con la piena consapevolezza e tolleranza del governo degli Stati Uniti.
Il governo Allende venne rovesciato nel quadro di un sanguinoso colpo di Stato l’11 settembre 1973, mentre Kissinger era impegnato nelle udienze del Senato per la conferma della sua nomina a segretario di Stato. In quella circostanza egli mentì assicurando alla Commissione esteri del Senato che il governo degli Stati Uniti non aveva avuto alcun ruolo nel colpo di Stato.
Nell’enorme massa di informazioni incontestabili che dimostrano il contrario, si potrebbe scegliere il Situation Report n.2 della sezione Marina del contingente militare statunitense in Cile, redatto dall’addetto navale Patrick J. Ryan. Nel documento Ryan descrive i suoi stretti rapporti con gli ufficiali intenti a rovesciare il governo, definisce la data dell’11 settembre 1973 “il nostro D-Day” e osserva con soddisfazione che “il colpo di Stato in Cile si è svolto in modo quasi perfetto”. Oppure si possono sfogliare i dossier declassificati sul Progetto Fubelt, nome in codice sotto cui la Cia, nei suoi frequenti contatti con Kissinger e il Comitato dei Quaranta, ha condotto operazioni segrete contro il governo legittimamente eletto del Cile.
C’è un segreto nella storia recente degli Stati Uniti. È noto agli storici, ai decani del giornalismo e all’establishment politico, eppure è circondato dal silenzio. “In parole semplici”, spiega Hitchens, “il segreto è questo: nell’autunno del 1968 Richard Nixon, non ancora presidente, e i suoi emissari sabotarono i negoziati di Parigi per la pace in Vietnam”. Un ruolo chiave nel sabotaggio lo ebbe Kissinger, che cominciava allora a costruire la sua rapida scalata al potere come braccio destro di Nixon. La tattica era semplice: “Promisero ai capi militari sudvietnamiti che una futura amministrazione repubblicana gli avrebbe offerto condizioni migliori di quelle dei democratici, in quel momento alla presidenza con Lyndon Johnson”. I negoziati fallirono, ma quattro anni dopo Nixon ripropose le stesse condizioni per ottenere la pace. In quei quattro anni, però, persero la vita ventimila statunitensi e un numero imprecisato di vietnamiti, cambogiani e laotiani.
Quello che colpisce – e che denota una complicità molto più diretta in singoli crimini contro l’umanità – è l’attenzione microscopica al dettaglio con cui lo stesso Kissinger, dopo il colpo di Stato, si teneva informato sulle atrocità commesse da Augusto Pinochet. Il 16 novembre il vicesegretario di Stato aggiunto Jack B. Kubisch consegnò un rapporto particolareggiato sulla politica delle esecuzioni condotta dalla giunta militare cilena, rapporto – ricorda il collaboratore a Kissinger – “da lei richiesto con un cablogramma da Tokyo”. Nel memorandum Kissinger viene informato in vari modi sui primi 19 giorni del regime di Pinochet. In quel periodo le esecuzioni sommarie raggiungono secondo il rapporto un totale di 320. La cifra contraddice quella pubblicamente ammessa di cento e si basa “su una relazione interna confidenziale approntata per la giunta militare”, di cui sono evidentemente a conoscenza le autorità americane. Tanto per inserire una nota positiva, Kubish osserva che
il 14 novembre gli Stati Uniti hanno annunciato il secondo credito concesso al Cile: 24 milioni di dollari per mangime di mais. Il nostro impegno a vendere alla Marina cilena due cacciatorpediniere avanzati ha ricevuto in Senato una risposta ragionevolmente favorevole. Nel frattempo i cileni ci hanno indirizzato nuove, controverse richieste di attrezzature militari.
A questo punto Kubisch introduce lo spiacevole argomento dei due cittadini statunitensi assassinati dalla giunta Pinochet, Frank Teruggi e Charles Horman. Ancora oggi, dopo oltre un quarto di secolo, i familiari dei due scomparsi attendono di conoscere nei particolari la sorte che toccò ai loro cari. Il motivo per cui la ricerca dura da tanto tempo si può desumere da un telegramma datato 11 febbraio 1974, che riferendo di una riunione con il ministro degli Esteri della giunta, dice che Kubisch chiede notizie dei due americani scomparsi “vista l’esigenza di fare attenzione a impedire che la nostra collaborazione venga ostacolata da questioni relativamente marginali attinenti ai nostri rapporti”.
Operazione Condor
Torniamo all’Operazione Condor. Si trattò di rapimenti, torture, intimidazioni e omicidi coordinati al di là dei confini nazionali fra le polizie segrete del Cile di Pinochet, del Paraguay di Alfredo Stroessner, dell’Argentina di Jorge Rafael Videla e altri caudillos della regione. Fu una squadra della Condor che fece esplodere un’auto imbottita di tritolo nel centro di Washington, nel settembre del 1976, uccidendo l’ex ministro degli Esteri cileno Orlando Letelier e il suo braccio destro Ronni Moffitt.
La complicità del governo degli Stati Uniti a tutti i livelli di questa rete è stata già messa a nudo. Per esempio è accertato che l’Fbi aiutò Pinochet a catturare Jorge Isaac Fuentes de Alarcón, detenuto e torturato in Paraguay, poi consegnato alla polizia segreta cilena e desaparecido. Un dato stupefacente: il compito di sorvegliare i dissidenti latinoamericani rifugiati negli Stati Uniti fu promesso dallo spionaggio americano agli esponenti della stessa Condor.
Oggi Stroessner è stato rovesciato, Videla è in galera, Pinochet e i suoi scherani sono stati o stanno per essere processati in Cile. E Kissinger? Tutti i crimini fin qui citati e molti altri sono stati commessi sotto la sua “supervisione” quando era segretario di Stato. E tutti erano, e sono, punibili in base alle leggi locali o internazionali. È quindi un po’ difficile per Kissinger o per i suoi difensori sostenere che egli fosse indifferente o all’oscuro di come stavano davvero le cose. Nel 1999 è stato declassificato un memorandum che fornisce penosi particolari su un colloquio privato fra Kissinger e Pinochet avvenuto a Santiago del Cile l’8 giugno 1976. La riunione si svolse il giorno prima del discorso di Kissinger all’Organizzazione degli Stati americani (Oas) sul tema dei diritti umani.
Kissinger a Pinochet: “Lei è vittima di tutti i gruppi di sinistra del mondo. Non abbiamo intenzione di indebolirla”
Kissinger ebbe qualche difficoltà a spiegare a Pinochet che le poche frasi pro forma che avrebbe pronunciato sull’argomento non andavano assolutamente prese sul serio. Il mio amico Peter Kornbluh si è preso la briga di confrontare il “memorandum di conversazione” con il resoconto della riunione fornito dallo stesso Kissinger nel terzo volume delle sue memorie apologetiche, Years of Renewal.
Dalle memorie: “Il mio dialogo con Pinochet fu dedicato in notevole misura ai diritti umani, i quali effettivamente costituivano il principale ostacolo a relazioni strette fra gli Stati Uniti e il Cile. Io esposi le linee generali del discorso che avrei pronunciato il giorno seguente dinanzi all’Oas. Pinochet non fece commenti”.
Dal memorandum: “Affronterò il tema dei diritti umani in termini generali e nel contesto mondiale. In due capoversi farò riferimento al rapporto della Commissione diritti umani dell’Oas sul Cile. Dirò che il problema dei diritti umani ha nuociuto ai rapporti Usa-Cile. In parte questo è il risultato delle iniziative del Congresso. Aggiungerò che spero che lei rimuova tali ostacoli nel giro di breve tempo… Non posso fare di meno senza provocare una reazione negli Stati Uniti che determinerebbe restrizioni di tipo legislativo… L’obiettivo del mio discorso non è il Cile, ci tengo a dirglielo chiaramente. La mia valutazione è che lei è vittima di tutti i gruppi di sinistra del mondo, e che il suo peccato più grave è stato rovesciare un governo che stava scegliendo il comunismo”.
Dalle memorie: “Nella mia veste di segretario di Stato, ritenni di avere la responsabilità di incoraggiare il governo cileno nella direzione di una maggiore democrazia adottando la politica di mostrare comprensione per i timori di Pinochet… Pinochet mi rammentò che ‘la Russia appoggia i suoi amici al cento per cento. Noi siamo con voi. Voi siete il leader. Ma per i vostri amici avete un sistema punitivo’. Io tornai al punto che mi stava a cuore. Cioè che, realisticamente, il fatto che gli Usa erogassero aiuti massicci dipendeva dai progressi compiuti sul piano dei diritti umani”.
Dal memorandum: “C’è del vero in ciò che lei afferma. Stiamo vivendo tempi strani, negli Stati Uniti… È una situazione deplorevole. Siamo passati per il Vietnam e per il Watergate. Abbiamo dovuto aspettare le elezioni [del 1976]. Abbiamo salutato con favore il rovesciamento del governo cileno filocomunista. Non abbiamo nessuna intenzione di indebolire la sua posizione”.
Colloqui amichevoli
Pinochet nominò due volte in modo spiacevole Orlando Letelier, il capo dell’opposizione cilena in esilio, accusandolo di aver fuorviato il Congresso americano. Kissinger si scusò a nome del Congresso e – in quella che parve una replica in tono minore della tattica adottata a Parigi nel 1968 per il Vietnam – suggerì al dittatore di sperare nell’arrivo di tempi migliori dopo le imminenti elezioni. Tre mesi dopo un’autobomba uccideva Letelier a Washington: quello fu l’unico attentato del genere mai commesso nella capitale degli Stati Uniti da agenti di un regime straniero. Nelle sue memorie, Kissinger non fa la minima menzione dell’incidente. L’uomo incaricato di organizzare l’attentato, il generale della polizia segreta cilena Manuel Contreras, ha affermato in seguito, in una dichiarazione giurata, di non aver mai assunto iniziative se non su ordine specifico e personale di Pinochet. A tutt’oggi Contreras è in prigione, probabilmente a domandarsi perché mai si è fidato dei suoi superiori.
“Voglio veder migliorare le nostre relazioni e la nostra amicizia”, disse Kissinger a Pinochet, ma non ai lettori delle sue memorie. “Noi vogliamo aiutarvi, non danneggiarvi”. Kissinger suggerì a un assassino, un dittatore di cui aveva contribuito a imporre la tirannide, di liquidare le parole che avrebbe pronunciato di lì a poco come un contentino per il Congresso. Così facendo, Kissinger insultò la democrazia di entrambi i paesi. E per giunta diede il via al proseguimento delle attività terroristiche interne e internazionali, nessuna delle quali poteva essergli sconosciuta (nelle sue memorie fa riferimento a un’organizzazione che definisce l’agenzia di “spionaggio antiterroristico” di Pinochet). Come ulteriore collusione con Pinochet contro il Congresso americano – che stava pensando di tagliare le vendite di armamenti ai responsabili di violazioni dei diritti umani in base all’Emendamento Kennedy – Kissinger affermò in tono ossequioso:
“Non so se lei intercetta le mie telefonate: se sì, mi avrà certamente sentito dare istruzioni a Washington di silurare l’Emendamento Kennedy. Se lo mandiamo a fondo, consegneremo come d’accordo gli F-5E”.
Aspettiamo la diffusione dei documenti che ci aiuteranno a far luce sui crimini commessi in nostro nome
Vale la pena di tenere a mente questo passo, perché è un’ottima chiave per decodificare il consueto rapporto fra realtà fattuale e falsità che contraddistingue le sgangherate memorie di Kissinger. Dovrebbe inoltre costituire una pressante esortazione ai membri del Congresso e alle organizzazioni che militano in favore dei diritti umani perché riaprano le inchieste mai completate e le indagini finite nel nulla sui molti crimini di quel periodo. Infine il brano, letto alla luce del ritorno del Cile alla democrazia e della decisione dei tribunali cileni di ricercare la verità e la giustizia, smentisce il paternalistico insulto rivolto da Kissinger all’“irresponsabilità” del popolo cileno, che per mano sua ha conosciuto ben più che semplici insulti verbali. Secondo un detto che circola a Washington, ogni tardiva rivelazione da parte delle autorità contiene sempre informazioni peggiori di quanto non sospettino i più cinici. Nel settembre 2000 la Cia ha squadernato i risultati di un’inchiesta interna sul Cile. Neanche i critici e gli inquirenti più esperti hanno potuto sottrarsi allo stupore.
Sostegno a colpo di Stato nel 1970. In base al “secondo binario” della strategia, la Cia ha tentato di promuovere un colpo di Stato per impedire ad Allende di assumere la presidenza dopo aver ottenuto la maggioranza relativa alle elezioni del 4 settembre e prima che il Congresso cileno – come imponeva la Costituzione dal momento che non aveva ottenuto la maggioranza assoluta – ratificasse la sua vittoria. La Cia operava con tre diversi gruppi di congiurati, e tutti e tre dissero chiaramente che per un colpo di Stato occorreva rapire René Schneider, comandante delle forze armate. Schneider era profondamente convinto che la Costituzione esigesse che le forze armate permettessero ad Allende di assumere la presidenza. La Cia concordava con tale valutazione. Nonostante la Cia abbia fornito armi a uno dei gruppi, non ci risulta che l’intenzione dei congiurati o della stessa Cia fosse di uccidere il generale. I contatti con uno dei gruppi di congiurati furono presto interrotti a causa delle tendenze estremistiche del gruppo. La Cia fornì gas lacrimogeni, mitragliatrici semiautomatiche e munizioni al secondo gruppo. In precedenza la Cia aveva incoraggiato questo gruppo a intraprendere un colpo di Stato, ma quattro giorni prima dell’azione aveva ritirato il suo appoggio perché, secondo la sua valutazione, il gruppo non era in grado di portarlo efficacemente a termine.
Nemici inesistenti
Abbiamo qui una ripetizione della vecchia storiella della presunta distinzione fra un rapimento e un assassinio. Si solleva ancora una volta l’appassionante interrogativo: che cosa intendeva fare la Cia del generale Schneider dopo averlo rapito? Si noti inoltre la studiata passività con cui il rapporto dichiara “non ci risulta che l’intenzione dei congiurati o della stessa Cia fosse di uccidere il generale”. Poi però salta fuori una banda un po’ indisciplinata.
Nel novembre 1970 un membro del gruppo Viaux che era riuscito a sfuggire alla cattura ricontattò l’Agenzia e chiese assistenza finanziaria per conto del gruppo.
Sebbene l’Agenzia non avesse alcun obbligo nei confronti del gruppo – visto che agiva per conto suo – nel tentativo di mantenere segreti i contatti precedentemente intercorsi, di assicurarsi la buona disposizione dei suoi membri e per motivi umanitari, furono versati 35mila dollari.
“Motivi umanitari”. Una spiegazione tanto creativa da suscitare ammirazione. Nel 1970 35mila dollari in Cile erano una somma considerevole; di certo non una somma che il capo di una stazione locale della Cia potesse sborsare di tasca sua. Vien voglia di chiedere come mai il Comitato dei Quaranta e il suo vigile presidente Henry Kissinger decisero che il miglior modo di dissociarsi da una banda dal grilletto facile era regalarle una piccola fortuna in contanti dopo che questa aveva commesso un assassinio a sangue freddo.
Lo stesso interrogativo sorge in forma anche più pressante per un’altra rivelazione fatta dalla Cia nel corso dello stesso rapporto, alla voce “Rapporti con Contreras”. Manuel Contreras era il capo della polizia militare segreta di Pinochet e in quella veste organizzò l’uccisione, la tortura e la “sparizione” di molti cileni, oltre a spingere fino a Washington l’uso di attentati e omicidi. La Cia ammette all’inizio del documento di
aver avuto rapporti di collegamento in Cile allo scopo di garantirsi un’assistenza nel compito di raccogliere informazioni riservate su obiettivi esterni. La Cia offrì cioè assistenza nel campo dell’organizzazione interna e dell’addestramento alla lotta contro la sovversione e il terrorismo provenienti dall’estero, ma non nella lotta contro gli oppositori interni del governo.
Questa prosa scarna, che ruota attorno alla distinzione fra “obiettivi esterni” e dittatura interna – che è affare ben più sporco – solleva un interrogativo: quale minaccia esterna? Il Cile non aveva nemici esterni se non l’Argentina, con cui si contendeva i diritti su certe rotte marittime nel Canale di Beagle (il motivo per cui nel 1982 il Cile aiutò la signora Thatcher nella guerra delle Falkland). Come sappiamo, anche in Argentina la Cia aiutava il regime militare a sopravvivere. No, il Cile non aveva nemici esterni, ma la dittatura di Pinochet aveva molti avversari all’estero, cioè i tanti cileni costretti ad abbandonare il loro paese. Il compito di Manuel Contreras era appunto di rintracciarli e sopprimerli. Come si legge nel rapporto,
durante un certo periodo compreso fra il 1974 e il 1977, la Cia mantenne i contatti con Manuel Contreras Sepúlveda, noto in seguito per essere stato coinvolto in violazioni dei diritti umani. La comunità responsabile della politica del governo statunitense approvava i contatti della Cia con Contreras in quanto capo della principale organizzazione di spionaggio del Cile, giudicandoli necessari per portare a termine la missione della stessa Cia, malgrado i timori che quei rapporti potessero esporre l’Agenzia all’accusa di contribuire alla repressione politica interna.
Soldi americani
Dopo qualche botta e risposta sulla distinzione fra polizia “esterna” e “interna”, il rapporto della Cia afferma candidamente:
Nell’aprile del 1975, rapporti dello spionaggio mostrarono che Contreras era il principale ostacolo a una ragionevole politica dei diritti umani all’interno della giunta cilena, ma un comitato interagenzie ordinò alla Cia di continuare a intrattenere rapporti con lui. L’ambasciatore degli Stati Uniti in Cile invitò il vicedirettore della Cia, generale Vernon Walters, a ricevere Contreras a Washington, nell’interesse di mantenere buoni rapporti con Pinochet. L’incontro ebbe luogo nell’agosto 1975, con l’approvazione interagenzie. Nel maggio e giugno di quell’anno, elementi interni alla Cia avevano raccomandato di stabilire un rapporto pagato con Contreras al fine di ottenere informazioni riservate grazie alla sua posizione particolarmente vantaggiosa, che gli garantiva un accesso illimitato a Pinochet. La proposta venne scartata in considerazione della politica del governo americano sui rapporti clandestini con il capo di un servizio di spionaggio noto per gli abusi dei diritti umani. Ma a causa di alcuni errori di comunicazione sui tempi previsti per questo scambio, Contreras ricevette un pagamento in soluzione unica.
Qui c’è ben poco da analizzare. Poco tempo dopo che la Cia aveva concluso che Manuel Contreras era “il principale ostacolo a una ragionevole politica dei diritti umani”, ecco che gli vengono versati dei soldi dei contribuenti americani e viene ricevuto ad alto livello a Washington. Il memorandum della Cia dichiara esplicitamente che, se ci sono dubbi, vengono messi a tacere dalla “comunità responsabile della politica del governo statunitense” e da “un comitato interagenzie”.
Nello stesso rapporto, con umorismo involontario, si cerca anche di suggerire che la cospicua tangente è stata sborsata per errore. Per giunta, il rapporto si contraddice: in un passo dice che le attività di Contreras all’estero erano poco trasparenti, mentre altrove sostiene che
a un anno dal colpo di Stato, la Cia e altre agenzie del governo degli Stati Uniti erano perfettamente a conoscenza di una cooperazione bilaterale fra servizi di spionaggio della regione al fine di tenere d’occhio le attività degli oppositori politici e, almeno in alcuni casi, di farli fuori. Questo fu il predecessore dell’“Operazione Condor”, un accordo stipulato nel 1975 fra Cile, Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay per la messa in comune di informazioni riservate.
Dunque adesso lo sappiamo: l’internazionalizzazione del principio degli squadroni della morte era perfettamente chiara e approvata dallo spionaggio statunitense e dai suoi controllori politici in due diverse amministrazioni. Il responsabile di più alto grado, per conto di entrambe le amministrazioni, era Henry Kissinger. Qualsiasi cosa sia il “comitato interagenzie” cui si fa riferimento, e se si tratti o meno del Comitato dei Quaranta, si torna sempre alla stessa persona.
L’inizio
Al momento di lasciare il dipartimento di Stato, Kissinger concluse un accordo in base al quale donò le sue carte alla Biblioteca del Congresso, dopo averle trasportate in fretta e furia con un camion nella tenuta Rockefeller di Pocantico Hills. La donazione avvenne a una sola condizione: che restassero sotto chiave per cinque anni dopo la sua morte. Ma l’amico di Kissinger Manuel Contreras commise un errore uccidendo un cittadino americano, Ronni Karpen Moffitt, con l’autobomba che assassinò anche Orlando Letelier a Washington nel 1976. Verso la fine del 2000, l’Fbi ha finalmente chiesto e ottenuto un’ordinanza del tribunale che gli consente di esaminare le carte lasciate alla Biblioteca del Congresso. È appena un inizio.
Aspettiamo il momento in cui anche il Congresso degli Stati Uniti avvierà un processo come quelli che ci sono stati in Cile, Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, e ordinerà finalmente la divulgazione di tutti i documenti segreti che permetteranno di fare luce sui crimini impuniti commessi in nostro nome.
(Traduzione di Marina Astrologo)
◆ Christopher Hitchens è stato un giornalista statunitense (1949-2011). È stato corrispondente da Washington per Harper’s Magazine, è stato un collaboratore fisso di The Nation, Vanity Fair, Granta, New Left Review e The London Review of Books. Nei suoi libri si è occupato tra l’altro della crisi di Cipro, del Kurdistan, di madre Teresa e delle relazioni angloamericane. Hitchens ha scritto per Harper’s Magazine un lungo articolo nel quale ripercorre in 14 capitoli i punti principali del suo atto d’accusa contro l’ex segretario di Stato americano, dal Vietnam a Cipro, dal Bangladesh a Timor. L’articolo ha suscitato un dibattito particolarmente acceso negli Stati Uniti ed è l’introduzione de libro The trial of Henry Kissinger.
Questo articolo è uscito il 23 marzo 2001 nel numero 378 di Internazionale. Era stato pubblicato a puntate su Harper’s Magazine con il titolo “The case against Henry Kissinger”.
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