Il mese scorso, a New York, negli Stati Uniti è morto il primo cane malato di covid-19. È probabile che il cane, un pastore tedesco di nome Buddy, avesse un linfoma, ma il suo caso ci ricorda che anche gli animali domestici sono a rischio.

Adesso che i casi di covid-19 stanno aumentando in diverse aree degli Stati Uniti, comprese alcune in larga misura risparmiate dal virus in primavera, e altri paesi nel resto del mondo stanno affrontando nuove ondate di contagi, le persone sono preoccupate anche per i loro animali domestici.

E lo sono anche gli scienziati. Non è ancora chiaro, per esempio, quanto spesso cani e gatti siano contagiati dal virus, quali siano i loro sintomi e quale la probabilità che possano contagiare altri animali, compresi noi. I veterinari però ce la stanno mettendo tutta e una serie di ricerche comincia a darci qualche risposta. In base a quello che sappiamo, gli esperti offrono alcuni consigli concreti.

Noi siamo molto più pericolosi per i nostri animali domestici di quanto loro non lo siano per noi

Sin dall’inizio della pandemia le agenzie sanitarie federali e gli esperti veterinari hanno dichiarato improbabile che gli animali domestici pongano dei rischi seri per le persone. Questa affermazione non era fondata su prove solide ricavate da ricerche controllate, che mancavano e continuano a mancare, ma tutto ciò che gli scienziati hanno osservato fino a oggi suggerisce che è molto improbabile che cani e gatti trasmettano il Sars-cov-2 agli umani. “È molto più rischioso andare dal fruttivendolo che passare del tempo con il proprio animale domestico”, afferma Scott Weese, un veterinario della facoltà di veterinaria all’università di Guelph, in Ontario, esperto di nuove malattie infettive che sul suo blog ha passato in rassegna quasi tutte le ricerche sul covid-19 e gli animali domestici.

Anzi, gli animali domestici corrono molti più rischi di contrarre il virus dagli umani che non il contrario. “Quasi tutti gli animali risultati positivi al virus sono entrati in contatto con umani infetti”, afferma Jane Sykes, direttrice di medicina veterinaria all’università della California, Davis, e fondatrice della International society for companion animal infectious diseases, che offre informazioni sul covid-19 sia ai proprietari di animali domestici sia ai veterinari. Uno studio genetico delle sequenze virali nei primi due cani noti per aver contratto il covid-19 indica che lo hanno contratto dai loro proprietari. Pare che perfino le tigri e i leoni infettati al Bronx Zoo di New York ad aprile abbiano contratto il virus dagli umani.

Alcuni ricercatori però avvertono che queste scoperte potrebbero essere in parte dovute al numero limitato di test eseguiti: la maggior parte degli animali domestici esaminati è stata testata perché vivevano con umani risultati positivi. “È un risultato falsato”, afferma Shelley Rankin, microbiologa della facoltà di veterinaria all’università della Pennsylvania, il cui laboratorio fa parte del Veterinary laboratory investigation and response network della Food and drug administration degli Stati Uniti.

La maggior parte dei ricercatori è comunque convinta che gli animali domestici rappresentino un rischio ridotto per le persone, e anche per gli altri animali domestici. Alcune ricerche hanno dimostrato come i gatti possano trasmettere il Sars-cov-2 ad altri gatti. Queste ricerche però sono state condotte tutte in laboratorio, ossia in un ambiente artificiale. Come molte ricerche sul covid-19 negli umani, inoltre, sono nella maggior parte dei casi nella forma di bozze di articoli non ancora pubblicati su riviste sottoposte a peer review. Sykes inoltre riferisce di molte abitazioni in cui un animale domestico è risultato positivo e altri no. “Tutto quello che abbiamo scoperto fin qui ci suggerisce che è poco probabile che gli animali domestici siano una fonte significativa di contagio”, afferma.

I sintomi del covid-19 negli animali sono lievi o inesistenti

Poiché i test sugli animali domestici sono rari non si sa ancora quanti cani e gatti siano stati contagiati dal Sars-cov-2. Secondo una bozza di articolo su una ricerca sierologica pubblicata lo scorso mese una percentuale compresa tra il 3 e il 4 per cento di cani e gatti è stata esposta al virus in Italia nel picco della pandemia, paragonabile a quella riscontrata tra le persone.

Tuttavia, anche se i numeri sono davvero così elevati, non c’è stato un concomitante crescendo nei sintomi. L’azienda di Seattle Trupanion, che fornisce l’assicurazione sanitaria a più di mezzo milione di gatti e cani in Nordamerica e in Australia, dichiara di non aver rilevato un aumento di disturbi respiratori o di qualsiasi altro genere dall’inizio della pandemia. “Non emergono tendenze rilevanti”, dichiara Mary Rothlisberger, vicepresidente dell’analisi dati per l’azienda, e questo vale anche se si considerano i focolai epidemici. Due ricerche recenti hanno inoltre dimostrato che quanto meno i gatti solitamente non mostrano sintomi di alcun tipo. “Ho la sensazione che in loro la malattia sia molto meno grave che negli umani”, afferma Sykes.

Questo potrebbe voler dire che gli animali domestici sono veicoli asintomatici del virus, come hanno suggerito alcuni scienziati, ma fin qui non ci sono prove dirette di questa ipotesi.

Probabilmente non ha senso sottoporre il vostro animale domestico a tampone

Esistono test per animali domestici, ma non sono usati in modo diffuso perché è stata data priorità ai test sugli umani. Agenzie come il dipartimento per l’agricoltura negli Stati Uniti hanno messo in guardia dall’effettuare test di routine su cani e gatti.

Anche se il vostro animale domestico dovesse risultare positivo, afferma Weese, “cosa ve ne fareste dei risultati?”. Se il vostro cane o il vostro gatto ha il covid-19 probabilmente è perché lo avete anche voi, prosegue. “Non cambia nulla per l’animale domestico, né per la famiglia”. E visto che non ci sono medicine per la malattia, “non prescriveremmo nulla” per l’animale.

Le precauzioni di sicurezza per gli animali domestici non sono cambiate

Sia che si tratti di portare il vostro cane nell’area per cani al parco o di accarezzare un gatto che vive all’aperto, valgono i soliti consigli: indossate una mascherina, lavatevi le mani e mantenete il distanziamento sociale. “Se non prendete precauzioni mettete a rischio voi e il vostro animale”, afferma Rankin, che però aggiunge: “Se siete dei padroni responsabili, probabilmente il vostro animale corre meno rischi di essere contagiato rispetto a voi”.

Weese è d’accordo nel dire che le persone dovrebbero preoccuparsi più delle altre persone che degli animali domestici. “Il rischio rappresentato dalle persone nelle aree cani dei parchi o nelle cliniche veterinarie è molto più alto di quello rappresentato dai cani in quegli stessi luoghi”, dice.

Gli scienziati hanno ancora più domande che risposte

I ricercatori stanno iniziando soltanto adesso a capire quale sia il ruolo degli animali da compagnia nella pandemia. Le ricerche sugli animali domestici fin qui “sono parte di un puzzle che stiamo ancora cercando di mettere insieme”, afferma Sykes.

E sono in una fase preliminare. “Quasi tutte le bozze di ricerca che ho visionato presentano delle falle”, afferma Rankin, che elenca campioni di piccole dimensioni, dati incompleti e assenza di test rilevanti. Questo non significa necessariamente che i risultati non siano validi, ma Rankin e i suoi colleghi vorrebbero vedere ricerche più solide.

Per Sykes e Weese per esempio sarebbe importante condurre un maggior numero di ricerche in casa. Questo potrebbe offrire agli scienziati un’idea più precisa sulla probabilità che gli animali domestici trasmettano il virus ad altri animali domestici, sul periodo di contagiosità degli animali e sugli eventuali sintomi clinici del covid-19 che potrebbero mostrare.

Rankin fa parte di un progetto finalizzato a realizzare una “vera e propria epidemiologia” dei trascorsi medici, compresi i casi di covid-19, di duemila animali domestici esaminati presso la sua facoltà di veterinaria per varie ragioni, tra cui i semplici controlli di routine. La speranza è che questo approccio possa eliminare alcuni dei pregiudizi contenuti nelle ricerche precedenti – per esempio quelle che hanno esaminato solo gli animali domestici che vivono in famiglie positive al covid-19 – e offrire una comprensione più approfondita dei veri fattori di rischio per la malattia.

Anche Sykes e Weese stanno partecipando ad attività simili. Weese vorrebbe inoltre approfondire la possibilità che gli animali domestici, soprattutto i gatti inselvatichiti o che vivono all’aperto, rappresentino un rischio per la fauna. “Se vogliamo sradicare questo virus”, dice, “dobbiamo conoscere tutti i luoghi in cui potrebbe trovarsi”.

Altri ricercatori stanno verificando se le medicine che curano altri coronavirus nei gatti potrebbero essere efficaci anche per contrastare il covid-19, sia negli animali domestici sia nelle persone. “Rispondere a queste domande non è importante solo per la salute degli animali da compagnia”, afferma Sykes. “Potrebbe aiutare anche noi”.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito sulla rivista scientifica statunitense Science. Il titolo originale era: What does the COVID-19 summer surge mean for your cats and dogs?
Reprinted with permission from Aaas. This translation is not an official translation by Aaas staff, nor is it endorsed by Aaas as accurate. In crucial matters, please refer to the official English-language version originally published by Aaas.

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