Il padre di Amélie, 14 anni, era violento. “È una cosa che ti segna, che non riesci a dimenticare”. Amélie è vissuta in una famiglia in cui c’era violenza domestica: vuol dire che suo padre faceva del male a sua madre e faceva paura ai figli.

Le violenze sono andate avanti per diversi anni e un giorno la madre di Amélie ha trovato il coraggio di lasciare il marito. All’epoca Amélie aveva due anni e suo fratello tre. “Anche allora non mi sentivo al sicuro”, ricorda la ragazza. “Quando tornavamo a casa controllavamo che le finestre e le imposte fossero ben chiuse, perché a volte lui riusciva a entrare”. Amélie, il fratello e la madre hanno ricevuto l’aiuto dei parenti e di una psicologa. “All’inizio rifiutavo quell’uomo, per me non era mio padre. Sono riuscita ad accettarlo solo dopo averne parlato a lungo con la psicologa. Ma non gli voglio bene. So che mia madre è forte e che lui si è comportato male, lei non ha fatto niente di male”.

Per anni Amélie ha visto suo padre in un luogo sorvegliato, poi i contatti tra loro si sono interrotti del tutto. “Mi sono detta che finalmente avrei potuto vivere la mia vita”, si ricorda. Oggi è in terza media e da grande vuole fare l’avvocata. “Per lottare contro le ingiustizie e aiutare le persone in difficoltà”.

Essere violenti non vuol dire soltanto picchiare qualcuno. “Le botte sono solo una parte”, spiega la psicologa Karen Sadlier. In una coppia di genitori “c’è violenza anche quando una persona vuole dominare l’altra, vuole dirle cosa fare e la sminuisce in continuazione”, precisa.

Anche se spesso è l’uomo a essere violento nei confronti della donna, anche un uomo può essere vittima di violenze coniugali. Queste violenze possono assumere diverse forme: un marito insulta la moglie, le impedisce di usare i soldi come vuole, le ripete che non conta nulla o controlla quello che fa su internet.

Questa viene definita violenza psicologica: la donna sta male, ha paura, non ha più il coraggio di agire come meglio crede. Poi possono esserci anche violenze fisiche, ossia botte, capelli tirati. Spesso amici, colleghi o familiari non si accorgono di niente, perché con loro l’aggressore è gentile.

Gli adulti non sono le uniche vittime delle violenze coniugali. “Quando il papà insulta la mamma, quando il papà urla a tavola o parla con tutti tranne che con la mamma, i bambini lo capiscono e ne soffrono”, spiega Ernestine Ronai, responsabile dell’Osservatorio sulle violenze conto le donne di Seine-Saint-Denis, in Francia.

Inoltre, un bambino che vive in un clima violento rischia di diventare un adulto violento. Spesso le violenze esplodono per questioni legate ai bambini: “Perché non hanno fatto i compiti?”, “Perché la loro camera non è in ordine?”. “I bambini si sentono responsabili, ma l’unico responsabile è l’aggressore”, sottolinea Ernestine Ronai.

Il figlio di un genitore violento può avere reazioni diverse nei confronti dell’altro genitore. Può cercare di proteggere la madre o, al contrario, pensare che lei non valga niente perché suo padre lo dice di continuo. Può commettere delle sciocchezze affinché suo padre guardi lui e non sua madre, o al contrario fare tutto alla perfezione per non far innervosire ancora di più il padre.

“Si possono avvertire emozioni diverse. Non si è obbligati a sentire una cosa o l’altra”, aggiunge la psicologa Karen Sadlier. L’importante è avere ben chiara una cosa: “Niente può giustificare la violenza, la legge la vieta e ci sono esperti che possono aiutare le donne a uscire da questa situazione”. Vivere con un marito o un fidanzato violento è difficile. Fa male, fa paura. Ma spesso lasciare una persona violenta è complicato. Un uomo non diventa violento nei confronti della sua compagna dall’oggi al domani. La situazione si crea poco alla volta e la donna all’inizio non se ne rende conto.

Spesso poi l’uomo violento le chiede scusa, le dice che la ama, così lei pensa che le cose si sistemeranno. Può anche dirle che se lei si comporterà meglio la prossima volta lui sarà più gentile. “Ma il problema non è lei, è lui”, insiste Ernestine Ronai.

Per fermare le violenze, le donne sono spesso obbligate ad andar via di casa. Per farlo, però, devono avere abbastanza soldi per trovare un’altra sistemazione per se stesse e per i figli, se ce ne sono, per nutrirli e vestirli. Non tutte le donne possono farlo. A volte in famiglia lavora solo il marito e paga tutte le spese, perciò le donne si dicono che è meglio restare insieme altrimenti non avranno di che vivere e non potranno prendersi cura dei bambini.

“Le violenze fisiche sono vietate dalla legge e il fatto che sono compiute da un marito, un compagno o un ex compagno è considerato un’aggravante, perché la casa dovrebbe essere un luogo sicuro”, spiega Luc Frémiot, ex procuratore che si batte contro le violenze coniugali. Le donne possono parlare con la polizia o i carabinieri. Ma anche quando riescono a fare una denuncia, possono finire davanti a giudici che non sempre prendono le decisioni migliori. Poliziotti, carabinieri e giudici vengono formati sempre meglio per comportarsi in modo corretto. “Lavoro da trent’anni in questo campo, le cose sono cambiate. Non è il paradiso, ma non è più l’inferno di qualche anno fa”, conclude la psicologa Karen Sadlier.

Le violenze coniugali fanno paura e rendono tristi, ma per fortuna ci sono tante persone che fanno di tutto per aiutare le vittime. Se hai bisogno di aiuto in Italia esiste un numero di telefono speciale per ascoltare e dare consigli alle donne vittime di violenze: 1522. (Oppure online).

Se tua madre subisce violenze da parte di tuo padre o di un altro uomo, puoi consigliarle di chiamare questo numero. Se hai voglia di parlare di quello che succede a casa, puoi chiamare il 114. Risponde Emergenza infanzia, un servizio gestito dal Telefono azzurro per conto del governo.

Soprattutto però la psicologa Karen Sadlier consiglia di “individuare tre o quattro persone di cui poterti fidare” e alle quali poter raccontare cosa ti sta succedendo: il tuo medico, il tuo insegnante o tuo zio. Così se la prima persona non riesce ad aiutarti, puoi parlare con qualcun altro. Infine, tua madre forse pensa che tu non ti renda conto di niente. Dirle che hai paura può aiutarla a uscire da questa situazione.

“Se la madre viene protetta, potrà proteggere i bambini”, continua Ernestine Ronai. Se uno dei tuoi amici ha bisogno di aiuto Se il tuo amico o la tua amica si è confidata con te è perché si fida di te e questo è bellissimo. La sua storia però non deve restare segreta, perché quello che sta succedendo è grave e bisogna fermarlo. Parlane con un adulto di cui ti fidi. Puoi anche consigliare al tuo amico o alla tua amica di chiamare il 114.

Forse conosci qualche bambino che ti sembra cattivo e violento. Tuttavia “non si nasce cattivi, non si nasce violenti”, dice Ernestine Ronai. Forse si comporta così perché a casa sua c’è violenza e lui è solo un bambino che ha bisogno di aiuto.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito su Le P’tit Libé con il titolo Les violences conjugales, ed è stato tradotto sul numero 8 di Internazionale Kids.

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