La guerra aggrava la crisi demografica della Russia
Quando gli è stato chiesto cosa gli tolga il sonno, Vladimir Putin ha citato un problema: il declino della popolazione russa e la minaccia che questo rappresenta per l’economia del paese.
Durante una conferenza stampa del novembre 2021, mentre Mosca ammassava truppe lungo il confine con l’Ucraina, il presidente russo ha ricordato che il tasso di natalità del paese è calato durante la seconda guerra mondiale e all’inizio degli anni novanta dopo la caduta dell’Unione Sovietica, determinando una carenza di forza lavoro. “Da un punto di vista umanitario, nella prospettiva di un rafforzamento del nostro stato e dal punto di vista economico il problema demografico è uno dei più importanti”, ha aggiunto. Ma l’invasione dell’Ucraina ha aggravato il problema.
La guerra ha scatenato un esodo di persone istruite e provocherà probabilmente migliaia di vittime, tra cui molti giovani uomini che avrebbero contribuito all’economia nei prossimi decenni, aggiungendosi all’impatto della pandemia di covid-19, durante la quale la mortalità in eccesso è stata di un milione di persone. Queste sfide, insieme alle pesanti sanzioni imposte dall’occidente che potrebbero spingere la Russia verso la sua peggiore recessione dall’inizio degli anni novanta, minacciano di sconvolgere l’economia russa per lungo tempo e incoraggiare le persone ad avere meno figli.
“Con questa guerra scriteriata Putin si sta sparando sui piedi. Le principali perdite non verranno dal conflitto ma da una profonda crisi economica in Russia”, ha dichiarato Ilya Kashnitsky, professore associato del Centro interdisciplinare per le dinamiche demografiche in Danimarca. Un segnale del fatto che la Russia teme una fuga dei cervelli in seguito alla guerra è arrivato a marzo, quando il governo ha cancellato l’obbligo di leva per i giovani lavoratori del settore tecnologico (offrendo mutui agevolati) e ha esentato le aziende del settore tecnologico dall’imposta sul reddito e dalle ispezioni, concedendogli prestiti vantaggiosi.
In passato Mosca aveva creduto che il settore tecnologico avrebbe accelerato lo sviluppo economico e che avrebbe sostenuto la ripresa postpandemia, ma da quando è cominciata la guerra, il 24 febbraio, le cose sono andate diversamente: nelle successive quattro settimane hanno lasciato il paese tra i cinquantamila e i settantamila lavoratori del settore, come ha confermato a una commissione parlamentare a marzo Sergej Plugotarenko, direttore dell’Associazione russa per le comunicazioni elettroniche (Raec). Plugotarenko ha previsto che altre persone, probabilmente tra le settantamila e le centomila, lasceranno il paese ad aprile.
“È chiaro che l’emigrazione sta prendendo un ritmo e dimensioni mai viste prima”, ha dichiarato il demografo indipendente Alexey Raksha. Jean-Christophe Dumont, direttore del dipartimento migrazioni internazionali dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), osserva che finora il fenomeno non era stato fonte di preoccupazione per il governo russo. “Oggi la situazione sta cambiando velocemente e vari paesi ne stanno già approfittando”. Israele ha creato una green route privilegiata per i profughi provenienti dall’Ucraina e dalla Russia “che si sono trasferiti in Israele quasi in numero uguale”, spiega Dumont, cercando di attirare chi lavora nella robotica, nell’aeronautica e nelle nanotecnologie.
La pandemia, l’impatto economico della fuga di cervelli e delle sanzioni porteranno a un ulteriore calo dei tassi di fertilità, sottolineano i demografi
I tentativi di Putin di favorire l’aumento della popolazione – come la concessione di 770mila passaporti agli abitanti del Donbass annunciata febbraio – si scontrano con il fatto che a quel punto la Russia aveva già perso molte delle persone abbastanza istruite e benestanti da poter lasciare il paese quando è scoppiata la pandemia. Inoltre, tra il marzo 2020 e il gennaio 2022, secondo un’analisi dei dati governativi effettuata dal Financial Times, in Russia l’eccesso di mortalità ammonta a un milione di morti rispetto allo stesso periodo tra il 2015 e il 2019. Un dato che fa impallidire il conteggio ufficiale decessi per covid-19 nel paese (360mila) e si presenta come uno dei più alti del mondo registrati durante la pandemia.
Un altro contributo all’emigrazione potrebbe averlo dato la sfiducia nei confronti dei vaccini prodotti in Russia, citata come una delle cause del basso tasso di vaccinazione nel paese. Secondo Dumont, il rifiuto del governo di distribuire vaccini a mRna, preferendo quelli meno efficaci e prodotti in patria, avrebbe spinto “molti a stabilirsi nei paesi dell’Ocse perché non vogliono tornare in patria e vaccinarsi con Sputnik”.
La pandemia, l’impatto economico della fuga di cervelli e delle sanzioni porteranno a un ulteriore calo dei tassi di fertilità, sottolineano i demografi. Gli economisti temono una caduta dei redditi del 12-15 per cento. “Non credo che questo governo garantirà un sostengo adeguato”, dice Elina Ribakova, economista dell’Istituito per la finanza internazionale di Washington. “Si concentreranno sulla ricostruzione delle riserve finanziarie e poi sulle spese militari”.
Il netto calo delle nascite nel decennio successivo alla fine dell’Unione Sovietica ha fatto sì che oggi il numero di persone sui venti o trent’anni sia relativamente basso, e che queste a loro volta siano scarsamente propense a fare figli. I demografi generalmente concordano sul fatto che senza una forte immigrazione la popolazione di un paese può crescere solo se il tasso di fertilità è di 2,1 figli per donna. La Russia, come molte economie sviluppate, si colloca su livelli decisamente inferiori.
Secondo Rashka le ricadute economiche della guerra si faranno sentire al livello demografico verso l’inizio del prossimo anno. Questo significa che Putin, con l’invasione, ha probabilmente inasprito la crisi di natalità da lui stesso temuta. “Il tasso di fertilità complessivo – il numero di bambini avuti in media da una donna – potrebbe scendere del 10 per cento nei prossimi due anni a causa del calo dei redditi”, osserva Raksha, convinto che questo crollo si verificherà nel 2023 a meno che non siano lanciati importanti programmi di incentivi finanziari. “Le persone stanno cominciando a capire solo adesso che potrebbero perdere il lavoro e tutto è diventato più caro, mentre i salari non sono cresciuti”.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico Financial Times.