Le poste in gioco delle elezioni presidenziali in Ciad
Il 5 e il 6 maggio si sono svolte in Ciad le elezioni presidenziali a cui erano chiamati a partecipare otto milioni di elettori ed elettrici. Il 5 maggio si sono recati ai seggi i nomadi e i militari, mentre il giorno seguente è stato il turno dei “sedentari”. La sera del 9 maggio la commissione elettorale ha annunciato i risultati provvisori, che danno il presidente della transizione, Mahamat Déby, vincitore con il 61 per cento dei voti. Ma la vittoria è contestata dal suo principale sfidante, il primo ministro in carica Succès Masra.
Lo scrutinio è stato seguito con attenzione dalla stampa internazionale perché è stato il primo a interessare uno dei paesi dell’Africa saheliana che hanno assistito a colpi di stato con il conseguente arrivo al potere di giunte militari. Il governo del Mali continua a ritardare il voto promesso. L’anno scorso il leader del Burkina Faso, Ibrahim Traoré, ha rinviato a tempo indeterminato le elezioni previste per luglio 2024. E non c’è una fine in vista per il governo di transizione della Guinea.
In questi ultimi tre anni il Ciad, paese povero dell’Africa centrale ed ex colonia francese rimasta fedele a Parigi, è stato governato da Mahamat Déby, il figlio del precedente presidente Idriss Déby Itno, il dittatore trentennale morto il 20 aprile 2021 per le ferite riportate sulla linea del fronte, dov’era andato a fare visita ai suoi soldati che combattevano contro un gruppo ribelle. A quell’epoca i generali decisero di mettere al suo posto il figlio Mahamat, senza suscitare troppe proteste a livello internazionale.
Con queste elezioni Mahamat Déby cercava la consacrazione delle urne e, secondo molti osservatori e i giornali ciadiani critici verso il governo, aveva predisposto tutto per ottenerla. Due figure importanti dell’opposizione, Nassour Ibrahim Neguy Koursami e Rakhis Ahmat Saleh, non avevano potuto candidarsi perché secondo la commissione elettorale non avevano le carte in regola. Un altro possibile contendente, Yaya Dillo, era stato ucciso dalle forze di sicurezza a febbraio in un raid nella sede del suo partito. L’unico possibile ostacolo al successo di Mahamat Déby era Masra, ex oppositore cooptato dal partito al potere, che ora contesta i risultati del voto. Déby e Masra hanno entrambi quarant’anni e, secondo la Bbc, piacciono ai giovani, che formano il 65 per cento dei ciadiani.
Nonostante la povertà, il Ciad è ricco di petrolio e altre risorse naturali. Inoltre, ha uno degli eserciti più potenti e meglio addestrati della regione. Come spiega Andrea De Georgio nel podcast Il Mondo del 9 maggio, la cultura militaresca pervade tutta la società. N’Djamena è considerata un’alleata chiave nella lotta al terrorismo nel Sahel, in particolare contro i jihadisti nigeriani di Boko haram. Sul territorio ciadiano c’è ancora una forte presenza militare della Francia: secondo Le Monde, un migliaio di soldati è di stanza a N’Djamena, in una base aerea da cui decollano ogni giorno i Mirage impegnati nelle operazioni di raccolta d’informazioni sui movimenti dei ribelli jihadisti. Gli Stati Uniti, invece, hanno annunciato a fine aprile il ritiro di parte delle loro truppe da lì e dal Niger.
Al Pentagono è stato chiesto dai due governi africani di rinegoziare le condizioni della loro cooperazione militare. Mentre la decisione di ritirarsi dal Niger è definitiva, scrive il New York Times, i funzionari statunitensi sperano di riprendere i colloqui in Ciad dopo le elezioni. Sarà quindi importante vedere come si muoveranno vincitori e vinti dopo queste elezioni, se Déby si confermerà un alleato della Francia e dei paesi occidentali, e se riuscirà a prendere saldamente le redini del potere o dovrà affrontare lo scoppio di violenze.
Il momento è delicato perché l’influenza russa si sta espandendo in tutta la regione. In Niger, per esempio, nell’importante base militare di Agadez si sono incrociati i soldati statunitensi e quelli russi: i primi erano in partenza e i secondi in arrivo.
Questo testo è una versione aggiornata di quello uscito sulla newsletter Africana.
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