In un ristorante di N’Djamena, la capitale del Ciad, una donna vestita di bianco prende il microfono mentre un tastierista suona e recita una poesia: “Volevo mettere a tacere queste cicatrici che mi ricordavano in che modo sono stata spezzata, picchiata e vivisezionata”, comincia. Épiphanie Nodjikoua Dionrang intrattiene il pubblico, ma sta esprimendo anche la sua rabbia. Si rivolge agli uomini che commettono violenze sulle donne: “Se un giorno la vita me lo consentirà, vi piscerò in faccia con la mia vagina”. Alza la voce, si punta il dito in mezzo alle gambe. “Sì”, ripete, nel caso gli uomini che sorseggiano le loro bibite non avessero capito, “con la mia fica vi piscerò in faccia”.

Le giovani ciadiane di solito non usano un linguaggio così volgare in pubblico. Molte hanno paura anche solo di parlare. Il Ciad, un paese africano coperto dal deserto, è più povero dell’Afghanistan e quasi altrettanto sessista. Secondo un sondaggio realizzato nel 2015, metà degli uomini e circa tre quarti delle donne in Ciad ritenevano accettabile il fatto che i mariti picchiassero le mogli. Dalla stessa indagine era emerso che quasi una donna su tre aveva subìto violenza fisica o sessuale da un partner. E un quarto delle ragazze si sposava prima di aver compiuto 15 anni.

Il Ciad non è un posto facile nemmeno per gli uomini. I dissidenti sono arrestati e torturati. Il presidente Mahamat Idriss Déby è un autocrate che ha conquistato il potere nel 2021 dopo che il predecessore, suo padre, è stato ucciso nel corso di scontri con i gruppi ribelli. Ma per quanto la vita possa essere difficile per tutti, le donne se la passano peggio.

Per le strade polverose delle città si vedono per lo più uomini che sfrecciano da una parte all’altra in sella alle moto e si ammassano nei negozi ai bordi delle strade. Molte donne sono chiuse in casa. Se escono, devono comportarsi bene.

Nodjikoua Dionrang, in arte Fanny’s D’Or, risponde al patriarcato con la poesia, a volte con testi “molto volgari”, per dirla con le sue parole. “Io non ho tabù”, dice mentre mangia del platano fritto in un bar, con gli enormi orecchini che ondeggiano. È un’autrice di slam poetry, una forma di poesia popolare nata a Chicago negli anni ottanta e che sta conquistando l’Africa francofona. I poeti gareggiano di solito nei luoghi pubblici recitando le loro rime davanti a spettatori vivaci e coinvolti. Per i giovani è un modo per dare voce a verità taciute. Per le donne è liberatorio.

Nodjikoua Dionrang ha visto la prima performance di slam poetry nel 2014, quando studiava in Niger. È stata colpita dalle poete, le slameuses: “Mi sentivo come loro”. All’epoca N’Djamena stava diventando un crocevia per questa forma d’arte nel continente.

Dall’oggi al domani

La forza della slam poetry in un paese musulmano e conservatore come il Ciad deve molto a Didier Lalaye, noto con il nome di Croquemort (becchino). Una delle sue poesie, Cousin de l’Ue (Cugino dell’Unione europea), ha reso famosa questa forma d’arte dall’oggi al domani. Lalaye se la prende con l’ignoranza europea sull’Africa. “Pensano che i nostri padri siano tutti poligami; che i nostri nonni siano cannibali”, dice. “Loro hanno Treblinka, la Gestapo e i nazisti. Ma amano parlare del genocidio dei tutsi e degli hutu”. Nel 2013 Croquemort ha fondato un festival intitolato N’Djam s’enflamme en slam (N’Djamena s’infiamma con la slam). Un collaboratore, Gabriel Kada, noto con il nome di Bakal, ha aiutato gli slammer del Ciad a mettere in musica le loro poesie, una svolta rispetto alle origini del genere. I festival slam somigliano a concerti rap letterari.

La maggior parte degli appassionati di slam poetry è formata da giovani che abitano in città, come le ragazze decise ad andare oltre le aspettative conservatrici della società. Non tutta la slam poetry è arrabbiata. A volte è giocosa e divertente, ma spesso è in grado di trasmettere la furia di un comizio politico.

Croquemort cercava delle donne che partecipassero al festival. Nel 2016 Nodjikoua Dionrang si è iscritta portando in scena una poesia che raccontava un attacco quasi fatale di appendicite. È stata la prima poeta ciadiana a gareggiare. “Sono arrivata terza”, sorride, “e visto che ero l’unica donna mi hanno proclamata la slameuse numero uno del Ciad!”. È diventata un’istituzione nella scena locale. All’inizio Dionrang non era radicale come oggi. Le cose sono cambiate nel 2020, quando un’amica in Togo è stata rapita, stuprata e uccisa. La polizia non ha mai scoperto il colpevole. “È stata la svolta della mia vita”, racconta. “Mi ha reso furiosa. Molte donne soffrono nello stesso modo. E nessuno fa niente”.

Le sue poesie sono diventate femministe. “Essere nata donna è una maledizione? Possiamo vivere nel terrore costante?”, si chiede in una performance. Anche le sue parole si sono fatte più rabbiose. “Fate finire tutto questo, altrimenti impugneremo le nostre asce e i nostri machete contro questi vigliacchi”, aggiunge.

Più o meno in quel periodo ha conosciuto Mahmat Traoré, anche lei artista e attivista. Quando le chiedono cosa l’ha resa una femminista, Mahmat Traoré fa un respiro profondo. “Sono stata stuprata per sei anni da mio fratello più grande e da mio cugino”, racconta. Suo fratello le diceva che dio approvava quello che le faceva. Per Mahmat Traoré è un’idea assurda: “Se davvero esiste un dio, perché ha permesso che mi succedesse questo?”. Nel 2020 Mahmat Traoré e Nodjikoua Dionrang sono diventate attiviste oltre che artiste. Hanno fondato la Lega per i diritti delle donne ciadiane, che aiuta le vittime a ottenere assistenza medica e legale e denuncia i presunti aggressori. “Ho avuto tanti problemi con le autorità”, racconta Nodjikoua Dionrang. I funzionari del ministero per i diritti delle donne “non vogliono che io dica le cose apertamente”.

Le poete slam testano i limiti di quello che i ciadiani conservatori e il governo sono in grado di sopportare. Molti le criticano perché parlano di abusi. Nodjikoua Dionrang provoca delle reazioni estreme. “Stai attenta. Un giorno ti ammazziamo”, le dicono spesso sui social. Una volta ha visto un’auto seguirla mentre tornava a casa in mototaxi. “Non ho paura di morire”, dice. Sul palco respinge le critiche: “Sono quella che chiamate sgualdrina, meno di niente e puttana”, dice, sputando l’ultima parola in francese, pute.

Le pressioni esercitate dal governo sono aumentate da quando Déby è salito al potere nel 2021, racconta Croquemort. I finanziatori dei festival slam in alcuni casi si sono tirati indietro. Spesso vengono negati i permessi per gli eventi. Nell’ottobre 2022 il regime ha rinviato le elezioni e ha represso le proteste uccidendo almeno 128 persone. Alcuni artisti sono stati presi di mira. “C’è stata una caccia all’uomo. Ho capito che non potevo restare”, dice Croquemort. Ora vive nei Paesi Bassi. In vista delle elezioni, previste a inizio maggio, teme ulteriori repressioni.

Nodjikoua Dionrang continua a scrivere poesie ma oggi si esibisce meno spesso, assorbita dalle battaglie femministe. La slam poetry ciadiana, però, non si ferma.

Una decina di adolescenti si ritrovano per il loro debutto in una performance di slam dopo un laboratorio di tre giorni. Mentre la sala si riempie, le giovani si spostano velocemente, tengono gli occhi bassi, parlano poco. Anche dopo essere stati chiamati sul palco tengono la testa bassa. E poi, all’improvviso, la magia. Gli occhi s’illuminano e le voci si fanno sentire.

Le giovani slameuses continuano a infrangere tabù. “Le malattie sessualmente trasmissibili si diffondono senza controllo; non c’è educazione, e quindi non c’è protezione”, dichiara la poeta Louange. Dal pubblico Nodjikoua Dionrang la ascolta, piena d’orgoglio. ◆ gim

Biografia

1991 Nasce in Ciad.
2010 Si trasferisce in Niger per studiare economia all’università di Niamey.
2016 Tornata in Ciad, comincia a partecipare agli spettacoli di slam poetry.
2017 Partecipa al festival Vendredi slam a Dakar, in Senegal.
2020 Fonda la Lega per i diritti delle donne ciadiane, che si batte contro la violenza sulle donne.


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Questo articolo è uscito sul numero 1553 di Internazionale, a pagina 70. Compra questo numero | Abbonati