Conoscete L’ultimo uomo della Terra di Ubaldo Ragona? Oppure vi è familiare con il suo titolo inglese, The last man on Earth, per la regia di Sidney Salkow? Esiste infatti una diatriba su questo film del 1964, diventato di culto dopo esser stato ignorato. La regia era effettivamente italiana oppure statunitense? Pare che abbiano ragione gli americani. Online la versione italiana non è disponibile in alta definizione nemmeno a pagamento, perciò ve lo proponiamo in inglese con i sottotitoli in italiano.

Ma se la regia non è italiana, è comunque stato girato interamente a Roma, fondamentalmente all’Eur. Un quartiere che sembra quasi un altro mondo tale è il lavoro di astrazione visiva operato dalla fotografia di Franco Delli Colli. E italiani sono diversi attori, tra cui Franca Bettoja e Giacomo Rossi Stuart, il padre di Kim. Su tutti, però, domina una leggenda del cinema horror-gotico come Vincent Price.

In questo ambiente rarefatto, irreale, si svolge la vicenda di uno scienziato, interpretato da Price, che essendo rimasto forse l’unico essere umano sulla Terra per via di un virus che trasforma gli uomini in vampiri, si mette alla ricerca disperata di un vaccino. È l’adattamento del romanzo del 1954 di Richard Matheson (che ha collaborato alla sceneggiatura con lo pseudonimo di Logan Swanson) Io sono leggenda che in seguito – come abbiamo scritto nello scorso post –, sarà fonte d’ispirazione per La notte dei morti viventi. I vampiri di L’ultimo uomo della Terra hanno già qualcosa degli zombie che sul finire del decennio cominceranno a imperversare sugli schermi grazie al grande successo del film di George Romero.

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Un ulteriore splendido esempio di quella folle capacità di sperimentazione – si vedano anche le sequenze di flashback – di cui era capace il cinema di genere del passato, anche quando mancava crudelmente di fondi. Questo ufo cinematografico ci riporta alla questione della quarantena del coronavirus ma, allo stesso tempo, per via del suo effetto straniante e radicale, per quanto possibile, riesce a sdrammatizzarla.

Non è un’apocalisse ma una vera manna (cinefila) quella che arriva via web grazie a Open Culture, un sito che da tempo si batte per l’accesso libero alla cultura su internet. Qui, divisi per sezioni, troverete in versione originale grandi classici del cinema, classici poco conosciuti di cinematografie lontane, rare chicche e molti cortometraggi d’autore. Oltre 700 titoli consultabili gratuitamente e senza doversi registrare. In quest’ampia raccolta, ritroviamo per esempio The last man on Earth in lingua originale, privo però di sottotitoli e formato panoramico anche se l’immagine resta di buon livello. E ritroviamo La notte dei morti viventi (Night of the living dead) di George Romero, in versione originale.

Ve ne proponiamo alcuni, tra noti e meno noti, o forse sconosciuti ai più. Una lista, con qualche riga di accompagnamento, divisa per settori in modo da agevolarne la lettura: cinema espressionista, cinema di genere, ecc. Attenzione: trovate tra parentesi anche il titolo originale preceduto da quello italiano (quando esiste) per facilitarne la ricerca sul sito. La data di uscita è in genere riservata ai film più vecchi, fino agli anni sessanta.

Tarkovskij, Eisenstein e i corti
Prima di entrare nel dettaglio, bisogna segnalare la collezione Andrej Tarkovskij
– che comprende Andrei Rublev (1966), Solaris (1972), Lo specchio (1975) e il capolavoro assoluto Stalker (1979), tutti con sottotitoli in italiano –, Alexander Nevsky(1938) di Sergej Ėjzenštejn, con sottotitoli in inglese, e Que viva México! (1930) sempre di Ėjzenštejn, doppiato in italiano. E segnaliamo anche i settanta film provenienti dagli archivi di Mosfilm.

Ci sono poi i cortometraggi d’autore. Il sito francese Apar, segnalando l’iniziava di Open culture, ne mette in evidenza alcuni: i corti di Wes Anderson (con Owen Wilson e Luke Wilson), Guillermo del Toro, Tim Burton, Salvador Dalí, David Cronenberg, George Lucas, David Lynch (ma ce ne sono anche di Stanley Kubrick, Jean Cocteau, Andrei Tarkowskij, Sofia Coppola, Christopher Nolan).

Inoltre da non perdere Bon voyage, storico cortometraggio di Alfred Hitchcock del 1944, in francese come il titolo, ma con sottotitoli in inglese e con una buona qualità di immagine.

L’espressionismo tedesco
Su Open Culture c’è anche gran parte dei capolavori del cinema espressionista tedesco:

  • Quattro film di Friedrich Wilhelm Murnau: L’ultima risata (The last laugh, 1924), Faust (1926), Nosferatu (1922) e Aurora (Sunrise: a song of two humans, 1927)
  • Il Golem (Der Golem, 1915) di Paul Wegener
  • M - il mostro di Düsserdolf (M, 1931) di Fritz Lang, uno dei primi film sonori

Cinema di genere
Tra gli altri titoli vale la pena segnalare:

  • La strada scarlatta (Scarlet street, 1945), un notevole film noir del periodo americano di Fritz Lang con Edward G. Robinson
  • Il bel noir di Robert Siodmak con Barbara Stanwyck, Il romanzo di Thelma Jordan (The file on Thelma Jordan)
  • Classici del b-movie con un tris di titoli provenienti dalla filmografia di Edgar G. Ulmer, come il noir Venere peccatrice (The strange woman, 1946), il road movie noir Detour (1945) o l’horror Bluebeard (1944) con John Carradine
  • Diversi film di Alfred Hitchcock, tra cui Sabotaggio (Sabotage, 1936), Il club dei 39 (The 39 steps, 1939), Giovane e innocente (Young and innocent, 1935) o The lodger: a story of the London fog (1927), uno dei suoi film muti del periodo giovanile inglese
  • Il bacio nudo (The naked kiss, 1964), film ibrido e non privo di sperimentazione del regista di culto Samuel Fuller
  • Il crime-film Judex (1963) del francese Georges Franju, geniale nel rileggere i generi in chiave surrealista. Si veda per esempio la sequenza dal 13° minuto in poi, con l’uomo in smoking e la testa d’uccello. Il film è in francese senza sottotitoli, ma con un audio piuttosto buono

D’autore
Per uscire dai generi:

  • Zero in condotta di Jean Vigo – l’autore del più celebre L’Atalante –, un titolo cardine della storia del cinema citato da Truffaut nei Quattrocento colpi
  • The water magician (1933), uno dei più importanti film muti del maestro giapponese Kenji Mizoguchi
  • Vampyr (1932) e La passione di Giovanna d’Arco (La passion de Jeanne d’Arc, 1928), entrambi due capolavori muti di Carl Theodor Dreyer. In particolare con il secondo titolo ci si dimentica addirittura l’appartenenza al mezzo d’espressione tale è la sua grandezza. Ma per quest’opera proponiamo anche la versione Vimeo in alta definizione con sottotitoli in inglese e le musiche di Arvo Pärt
  • Il carretto fantasma (The phantom carriage, 1921) di Victor Sjöström, altra opera fondamentale della storia del cinema, e di quello svedese in particolare, che influenzò fortemente Ingmar Bergman

Classici e capolavori del muto
Dai film fondamentali nella costruzione del linguaggio cinematografico come quelli di D.W. Griffith: Intolerance (1916) e, all’estremo opposto – per via di sequenze ambigue con il Ku Klux Klan –, Nascita di una nazione (The birth of a nation, 1915) fino alle venti comiche di Buster Keaton, passando per La corazzata Potëmkin (Battleship Potemkin, 1927) di Eisenstein.

Molti i titoli di primo piano del cinema dadaista e surrealista, o più in generale del cinema delle origini, ma che non di rado era vicino al surrealismo, come Entr’Acte di René Clair (1924); Anémic cinéma di Marcel Duchamp (1926); Le Ballet mécanique di Fernand Legér (1924); Le retour à la raison di Man Ray (1923); La coquille et le clergyman (The seashell and the clergyman, 1928) di Germaine Dulac con la sceneggiatura di Antonin Artaud; Cinderella di George Méliès (1899); L’arrivée d’un train en gare de La Ciotat dei fratelli Lumière (1896).

Oppure ancora le collezioni dedicate a Charlie Chaplin e John Wayne.

Rarità
Non mancano rarità come il documentario Darwin di Peter Greenaway; The legend of Hallowdega, una black comedy sotto forma di mockumentary di Terry Gilliam; Why try to escape from which you know you can’t escape from? Because you are a coward, primo film di Lars von Trier risalente al 1970.

E poi ancora due opere sperimentali dal titolo quasi uguale come Dementia (1955), noto anche come Daughter of horrors, di John Parker, un film amato dai Cahiers du cinéma, che ibrida forme cinematografiche legate all’horror, al noir e al cinema espressionista, e Dementia 13 (1963), una delle prime opere di Francis Ford Coppola.

Ci sono poi 13 episodi della serie Dick Tracy e il film del 1947 Dick Tracy meets Gruesome con Boris Karloff nella parte del cattivo – entrambi tratti dal celebre fumetto di Chester Gould.

Infine segnaliamo Kansas City confidential (1952) di Phil Karlson, un titolo che ha ispirato Tarantino per Le iene e che vede tra gli attori quel Lee Van Cleef, poi riesumato da Sergio Leone. E The Hoodlum (1951) di Max Nosseck, con interprete principale Lawrence Tierney, poi ripescato da Quentin Tarantino in Le iene.

I documentari
Sono tanti, e si può scegliere tra:

  • Gente del Po, breve ma meraviglioso documentario onirico del 1947 di Michelangelo Antonioni
  • In search of Moebius, documentario su uno dei maestri assoluti del fumetto, il francese Jean Giraud, alias Moebius
  • Le dinosaure et le bébé, dialogue en huit parties entre Fritz Lang et Jean-Luc Godard (1967)
  • Lost Kubrick: the unfinished films of Stanley Kubrick, narrato da Malcolm McDowell – l’attore feticcio di Arancia meccanica – con interviste a Jan Harlan, Jack Nicholson e Sydney Pollack
  • Nanook l’esquimese (Nanook of the north, 1922) di Robert Flaherty, uno dei documentari d’autore fondamentali della storia del cinema
  • Room 666, dove Wim Wenders intervista 16 registi, tra cui Steven Spielberg, Jean-Luc Godard e Rainer Werner Fassbinder, al festival di Cannes del 1982

L’animazione
Tre titoli:

  • 13 experimental short films by Tezuka Osamu, il “dio del manga” che lavorò anche nell’animazione
  • Mickey Mouse in Vietnam, coregia di Milton Glaser, opera underground contro la guerra del Vietnam (1968)
  • Steamboat Willie (1928), celebre prima apparizione di Topolino e primo film sonoro di Walt Disney

Inoltre troviamo 120 opere sudcoreane, incluse opere del maestro Im Kwon-taek –autore di Ebbro di donne e pittura (2002) e moltissimi altri film –, e dell’autore attualmente più raffinato di quella cinematografia, Hong Sangsoo, anche se purtroppo quasi sconosciuto da noi.

Ci sono anche molti film asiatici di kung-fu e di arti marziali, tra cui Legend of the eight samurai (doppiato in inglese) del maestro giapponese del cinema di genere Kinji Fukasaku, autore di riferimento per Tarantino e Takeshi Kitano.

Buona visione. Ne avrete per un po’.

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