In una stanza poco illuminata e piena di abiti da donna, l’artista e attivista lgbt+ ghaneana Va-Bene Elikem Fiatsi scorre una serie di autoscatti che documentano la sua transizione verso il genere femminile. La riassegnazione di genere non è vietata in Ghana, ma lo diventerà se dovesse essere approvata la nuova legge che punta a rendere ancora più rigide le già stringenti norme anti lgbt+ che rendono illegali le relazioni omosessuali all’interno del paese.
Nel paese dell’Africa occidentale l’omofobia è ovunque e le persone transgender di solito vengono considerate gay.
Nel 2017 Fiatsi ha esposto per la prima volta i suoi autoritratti con il titolo Rituals of becoming e moltissime persone hanno affollato le gallerie del paese per vedere la mostra. Il suo lavoro riflette il modo in cui le persone lgbt+ in Ghana devono gestire vincoli legali e sociali per ritagliarsi uno spazio in cui esprimere le loro identità. Adesso, però, Fiatsi teme che a causa della proposta di legge anche questo piccolo spazio possa sparire. Se approvato, il nuovo provvedimento la esporrebbe al rischio di essere denunciata ogni volta che indossa un abito da donna.
“Dire che ho paura è un eufemismo, ma io sono ciò che sono”, dice Fiatsi, che gestisce una residenza artistica a Kumasi, la seconda città del Ghana. “È come aspettare di essere massacrati”, dice. Il Ghana è uno degli oltre trenta paesi africani in cui le relazioni omosessuali sono illegali e una sentenza di colpevolezza può portare a condanne fino a tre anni di carcere.
La proposta di legge
A novembre del 2021 un gruppo di parlamentari dell’opposizione ha introdotto la cosiddetta “legge sui valori familiari”, che imporrebbe pene detentive fino a dieci anni per chi fa attivismo in favore delle cause lgbt+, tra i tre e i cinque anni per le persone che “persistono” nella condizione di lesbiche, gay, non binarie, transgender e transessuali e anche per chi si sottopone o esegue interventi chirurgici per la riassegnazione di genere.
La proposta di legge, che gode di un ampio sostegno tra i parlamentari, ma per la quale non è ancora stata fissata una data per la votazione, include anche un provvedimento che costringerebbe alcune persone a intraprendere un “percorso terapeutico” per la conversione dell’orientamento sessuale. Secondo Amnesty international questo potrebbe costituire una violazione delle leggi contro la tortura del Ghana.
La chiamo “legge anti essere umano”, ci allontana dai nostri valori familiari, quelli che ci rendono un paese tollerante, ospitale e pieno di amore
Nessun politico si è pronunciato apertamente contro questa proposta di legge. Quando è stata presentata, il presidente Nana Akufo-Addo ha sollecitato un dibattito civile e un atteggiamento tollerante, ma nemmeno lui ha espresso una posizione chiara in merito.
Chi si oppone afferma che, in caso di approvazione, la nuova norma rappresenterebbe un enorme passo indietro per un paese che attrae turisti e investitori anche grazie alla sua reputazione di democrazia aperta e stabile. Chi è a favore della norma, invece, dice che l’attivismo lgbt+ è una minaccia al concetto di famiglia, che rappresenta il pilastro dell’architettura sociale di tutti i gruppi etnici del Ghana.
“La chiamo ‘legge anti essere umano’”, afferma Fiatsi, che è una ex pastora cristiana. “Ci allontana dai nostri valori familiari, quelli che ci fanno essere un paese tollerante, ospitale e pieno di amore”
L’orientamento dell’opinione pubblica su questa legge non è noto perché non sono stati condotti sondaggi su scala nazionale. Ma secondo gli attivisti ghaneani, violenze fisiche e ricatti sono all’ordine del giorno per le persone lgbt+, mentre chi sceglie di uscire allo scoperto o viene segnalato pubblicamente come omosessuale, nella maggior parte dei casi viene emarginato da amici e parenti.
“Alcuni dei miei fratelli o cugini non mi rivolgono la parola da più di cinque anni, eppure provo molto affetto per loro e mi mancano moltissimo”, racconta Fiatsi. “Pensano che io sia un demone”.
Stesso discorso per gli ex colleghi. I leader cristiani sono tra i più convinti sostenitori della proposta di legge. Quando sono cominciate le audizioni pubbliche a novembre, il portavoce dell’influente consiglio pentecostale-carismatico Abraham Ofori-Kuragu ha dichiarato di non aver mai visto una legge “così audace nel presentare le priorità del Ghana”.
Più del 70 per cento dei 30 milioni di persone che vivono nel paese sono cristiani e nella capitale Accra i manifesti con i volti dei predicatori più popolari ornano gli angoli delle strade. Alcuni leader religiosi condannano l’attivismo a favore dei diritti lgbt+ perché secondo loro si tratta di un’imposizione esterna, che rispecchia i valori dell’occidente.
Non essendo più la benvenuta nella chiesa in cui prima predicava, Fiatsi riversa il suo spirito evangelico nell’arte e nell’attivismo.
Il suo studio, dove ospita programmi di residenza artistica aperti alle persone lgbt+, è pieno di sculture ricavate da tronchi d’albero o plasmate da vecchi apparecchi elettronici. Sulle pareti si susseguono murales e frasi come “Siamo tutti uguali”.
Ha una rete globale di alleati ma insiste nel voler restare in Ghana per solidarietà nei confronti di chi non può lasciare il paese. E nonostante i pericoli per una donna transgender siano in aumento, Fiatsi trae conforto dai piccoli atti di umanità.
Poco dopo la presentazione della proposta di legge, Fiatsi è andata a un funerale nel suo villaggio natale, nel quale non tornava da almeno vent’anni. Se ne stava in piedi, nervosa, con abito e tacchi alti. Alcune persone hanno scambiato dei convenevoli con lei, altre le hanno lanciato occhiate fugaci ridendo di nascosto. Nel giro di poco tempo, però, l’imbarazzo ha lasciato il posto al calore familiare. Un parente le ha dato una pacca sulla schiena, un altro le ha chiesto come se la passasse. Se qualcuno faceva un commento malizioso, Fiatsi ribatteva con ironia, faceva una linguaccia in segno di scherzo e continuava la sua conversazione.
“Nasceranno molte altre persone come noi, anche dopo che io me ne sarò andata”, afferma. “Quello che faccio oggi non è per me, e nemmeno per chi è vivo oggi. È per la generazione futura”.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
Questo articolo stato pubblicato nella sezione Wider images dell’agenzia di stampa Reuters. Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede in Africa. Ci si iscrive qui.
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