“Una donna trasparente, un ologramma”. Così scriveva uno dei circa 80mila utenti di Weibo che hanno commentato un video caricato sul social network all’inizio di giugno e che solo nelle prime 24 ore ha registrato cinque milioni di visualizzazioni.
Nel video, ripreso da una telecamera di sorveglianza, c’è una donna che attraversa una via trafficata. È sulle strisce pedonali. A un certo punto un taxi rosso la investe ma prosegue la corsa. La donna, supina in mezzo alla strada, solleva leggermente la testa, poi la lascia ricadere. Pochi secondi dopo, un Suv la travolge. La donna al volante scende, si avvicina, e il video si interrompe. Tra il primo e il secondo impatto passano più di un minuto, venti macchine e altrettanti pedoni. Nessuno si ferma, qualche veicolo rallenta evitando cautamente il corpo della vittima.
La “donna trasparente” è morta più tardi all’ospedale. Si chiamava Ma Ruixia, aveva 34 anni, viveva a Zhumadian, una città nella provincia dello Henan, e aveva un piccolo ristorante halal dove vendeva piatti a base di carne d’agnello.
L’incidente è successo in aprile ma il video è stato messo in circolazione solo due mesi dopo, provocando le reazioni indignate di utenti sconvolti dall’indifferenza dei passanti e riaprendo un dibattito sull’etica perduta della Cina contemporanea già emerso in passato. Per la Lega della gioventù comunista la moralità pubblica “ha toccato il fondo”. Un editoriale su China.com riconduce il comportamento dei passanti “alla paura dei rischi che si incontrano quando si cerca di soccorrere qualcuno per strada”.
Molti cinesi ragionano in termini di sopravvivenza personale e basta, manca l’empatia
Paura di soccorrere? Sì, è legata al fenomeno del pengci e in Cina se ne parla da almeno dieci anni, cioè da quando nel 2006 fece scandalo il caso di Peng Yu, un 26enne che dopo avere aiutato una donna anziana che era caduta scendendo dall’autobus e averle pagato le spese mediche, fu denunciato dalla stessa e poi condannato da una corte di Nanchino come responsabile della caduta. Da allora molte persone in Cina di fronte agli incidenti preferiscono defilarsi. Ma c’è anche un altro tipo di fenomeno – molto diffuso in Cina, come dimostrano questi video – che aiuta a capire meglio la reticenza dei passanti a intervenire in soccorso degli sconosciuti: molte persone si lanciano sulle auto in corsa fingendo di essere investiti per chiedere di essere risarciti.
Già nel 2011 il paese rimase sconvolto dalla vicenda di Yue Yue, una bambina di due anni investita per due volte da un triciclo a motore e lasciata per terra in un vicolo nell’indifferenza dei passanti (il vicolo si trovava dentro un mercato), raccolta da una mendicante che rovistava nell’immondizia lì vicino. La bambina morì e anche in quell’occasione fu un video a scatenare le polemiche. Dopo quell’episodio, il governo lanciò delle campagne per sensibilizzare la popolazione e nel 2013 a Shenzhen è stata introdotta la prima haoren fa, letteralmente “legge del buon uomo” ma curiosamente tradotta come “legge del buon Samaritano” nelle versioni in inglese dei giornali cinesi. Prevede che nei casi come quello di Peng Yu prevalga la presunzione d’innocenza del soccorritore e che, se la frode è comprovata, il denunciante subisca delle conseguenze penali. Ma evidentemente non basta.
Un’amica cinese ha cercato di spiegarmi questa attitudine a farsi gli affari propri anche di fronte al dolore e al rischio della vita altrui – chiamata universalmente “effetto spettatore” – distinguendo tra i concetti di daode (morale) e suzhi (qualità intrinseca), la presenza quasi naturale di senso civico. Ecco, secondo lei, indipendentemente dal reddito e dal livello di urbanizzazione, molti cinesi non hanno la suzhi, ragionano cioè in termini di sopravvivenza personale e basta, manca l’empatia. Non è la prima volta che lo sento. Mi chiedo se sia un problema che si risolverà naturalmente con il progresso oppure se è proprio la schizofrenia di quel progresso a provocarla.
Ma Ruixia era l’ultima di quattro fratelli, viveva con i genitori a cinque minuti dal suo ristorante e quando è stata investita stava tornando a casa. In passato era emigrata nel Guangdong, nel sud della Cina, per lavorare. Si era sposata presto e aveva un figlio di 18 anni. Il marito e il ragazzo sono rimasti nel Guangdong, mentre lei era tornata a Zhumadian per accudire i genitori anziani. Nella grande Cina non è raro che le famiglie si separino per ragioni pratiche. Ma Ruixia sognava di comprare un terreno e avere una fattoria.
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