I festival al tempo della crisi climatica
Il riscaldamento globale sta provocando condizioni meteorologiche sempre più instabili e imprevedibili in tutto il mondo. E questo ha costretto gli organizzatori dei festival a lottare per affrontare una nuova normalità tutt’altro che semplice. Molti si ricorderanno le polemiche attorno al concerto di Bruce Springsteen a Ferrara, che si era tenuto a giugno, nei giorni immediatamente successivi all’alluvione in Emilia-Romagna. Altri ripenseranno alla serata inaugurale del festival dei Due mondi a Spoleto, saltata a causa del maltempo. Non sono casi isolati: l’Italia è sicuramente uno dei paesi più esposti in Europa all’impatto del cambiamento climatico, ma ci sono esempi in tutto il mondo.
Il sito Pitchfork di recente ha pubblicato un articolo sulla questione, ricordando una serie di eventi messi in ginocchio dal meteo. La scorsa estate il Primavera Sound a Madrid ha dovuto annullare la prima serata, quella dell’8 giugno, per l’allerta meteo; il Bonnaroo in Tennessee è stato costretto a far evacuare l’area del concerto per lo stesso motivo; il festival metal tedesco Wacken open air ha dovuto ridurre la capienza di due terzi per le forti piogge e altri eventi sono stati costretti a interrompere o addirittura a cancellare i concerti. Le piogge inaspettate hanno trasformato il Burning man, la manifestazione in cui viene costruita una città temporanea nel deserto del Nevada che viene distrutta dopo otto giorni, in un paesaggio infernale immerso nel fango, mentre il festival ugandese Nyege Nyege ha spostato le sue date da settembre a novembre per essere più vicino all’inizio della stagione secca ed evitare le forti precipitazioni che l’anno scorso avevano reso difficilissimo il regolare svolgimento dei concerti. Ci sono casi ancora più estremi: nell’agosto del 2022 una persona è morta e un’altra quindicina sono rimaste ferite al Medusa Festival di Valencia, in Spagna, dopo il crollo di un palco causato dalle forti raffiche di vento.
Questa situazione, come spiega Pitchfork, ha un impatto sui prezzi delle polizze assicurative, che sono in aumento perché le aree a rischio in tutto il mondo sono sempre di più. Di fatto, ormai, molti festival, oltre a essere pronti al peggio in ogni momento, devono consegnare dal 5 al 10 per cento dei loro profitti alle compagnie assicurative.
Quali sono le soluzioni? Joe Barnett, organizzatore del festival britannico We Out Here, pensa che gli organizzatori hanno di fronte a sé due strade: in primo luogo, devono adattarsi alla nuova realtà delle condizioni estreme migliorando le infrastrutture. E poi hanno il compito di educare il pubblico. “Non penso che i festival abbiano solo la responsabilità di ridurre il loro impatto ambientale”, afferma Barnett, “bisogna anche discutere del cambiamento climatico e incoraggiare i propri clienti a esserne consapevoli”.
Mikołaj Ziółkowski, fondatore dell’evento polacco Open’er, è d’accordo, e cita il palco a energia solare di Billie Eilish al Lollapalooza come esempio di messaggio positivo. “Noi crediamo nel cambiamento climatico, ma tante persone lo negano”, spiega. “Abbiamo lo strumento perfetto per parlare alle nuove generazioni”.
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