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A difendere le feste ci pensa Vinicio Capossela

Vinicio Capossela. (Simone Cecchetti)

La leggenda vuole che nel 1912, mentre il Titanic affondava dopo aver colpito un iceberg, l’orchestra suonasse Abide with me, un inno cristiano scritto circa 65 anni prima dal reverendo scozzese Henry Francis Lyte. È una preghiera, un invito a dio a stare con il protagonista nella vita e nella morte, a sopportare con lui le sofferenze. Il nuovo disco di Vinicio Capossela, Sciusten feste n.1965, si apre proprio con una versione italiana di questo inno, intitolata Sopporta con me. È il suo modo di dare inizio a questo “disco per la festa”, come l’ha definito il cantautore, che contiene canzoni di Natale, ma anche molto altro.

Abide with me di solito si suona ai funerali. Il testo della mia versione è stato scritto dall’artista e grafico Jacopo Leone, che ha curato anche la copertina del disco. In realtà c’era già una versione perfetta di Abide with me, quella di Thelonious Monk. Dura meno di un minuto, ma è piena di compassione ed evoca quello che ci affratella tutti: abbiamo lo stesso destino e ci vuole una grande forza d’animo per accettare di vivere sapendo di morire”, mi ha spiegato Capossela in una sala appartata della hall di un albergo di Roma. “Jacopo ha fatto un’operazione tipica della cultura afroamericana nei confronti della Bibbia. Ha preso una cosa destinata ai sacerdoti, l’ha accartocciata come una lattina di birra e l’ha portata nella vita quotidiana: il messaggio fondamentale del brano, e in un certo senso di tutto il disco, è: non startene lì da solo, sopportiamo insieme”.


Il cantautore è stato ospite della Festa del cinema, dove ha presentato il suo film-documentario Natale fuori orario, diretto da Gianfranco Firriolo e dedicato ai concerti al locale Fuori orario di Taneto di Gattatico, in provincia di Reggio-Emilia, dove dal 1999 il cantautore si rifugia ogni anno insieme ad altri musicisti e amici per un atipico concerto natalizio e una serie piuttosto lunga di brindisi. Lì ha affinato per anni il materiale che è confluito in Sciusten feste n.1965. Ironia della sorte, l’album è stato registrato allo studio Esagono di Rubiera nell’unico Natale in cui non si sono svolti i concerti, quello del 2020, in piena pandemia. Il lavoro è stato prodotto dallo stesso Capossela insieme ad Alessandro “Asso” Stefana.

Il titolo dell’album richiama le origini del cantautore, nato ad Hannover, in Germania, da emigranti italiani. Come spiega lui stesso “il titolo Sciusten feste n.1965 lo ha scritto anni fa a penna Vito, mio padre, su un foglio di carta arancione ed è un ricordo della festa con luna park più smisurata vista nella sua gioventù ad Hannover, dov’è tradizione ospitare i più estesi accampamenti di Schützenfest, un chiassoso raduno in cui si tira al bersaglio, si elegge un campione, si beve moltissimo e la musica non è un granché”. L’omonimo pezzo, il secondo in scaletta, risponde perfettamente a questa descrizione: è una fiaba circense guidata dai fiati, che mescola tedesco e italiano in un ritornello cantato a perdifiato.

Per Capossela, nato a dicembre, la festa è un bene da difendere, con i suoi eccessi e le sue malinconie. “In tedesco schützen significa anche difendere. La festa nella sua ciclicità si vuole sottrarre al tempo, abita un tempo mitico, che non decade. In questo disco ci sono tanti ricordi, ma non c’è posto per la nostalgia, che per me è un sentimento di destra. Preferisco la gratitudine, come canto in Dankeschoen (Grazieschoen), un brano che ho ascoltato per la prima volta in una versione meravigliosa del cantante statunitense Wayne Newton. La festa va difesa dalla mercificazione ma anche dalla serializzazione. Il calendario consumistico si è sovrapposto a quello cattolico un po’ come quello cattolico a quello pagano. C’è qualcosa di fastidioso nel fatto che in certi giorni bisogna per forza fare festa. Ma è anche vero che al di là del tempo profano ce n’è uno mitico che ci ricorda tante cose bellissime. E la festa poi è una caratteristica degli esseri umani. Gli animali fanno festa”, spiega il cantautore, con l’immancabile cappello e la barba scura.

Sulla via Emilia con Vinicio Capossela per scacciare le paure
In viaggio insieme al cantautore nella provincia tra Parma e Reggio Emilia attraverso parole, foto e audio.

Le canzoni natalizie, comunque, ci sono: c’è Bianco Natale in versione rock, quasi urlata, c’è Jingle bells in salsa italoamericana (Campanelle), c’è Santa Claus is coming to town, nella quale Babbo Natale diventa un fattorino di Amazon che si suicida perché non è riuscito a esaudire i desideri di un consumatore esigente.

A proposito di italoamericani, nell’album spicca una reinterpretazione spassosa di Agita di Nick Apollo Forte, immortalata anche nello splendido Broadway Danny Rose di Woody Allen, oltre a Voglio essere come te (I wanna be like you), brano cantato da Louis Prima negli anni sessanta per la colonna sonora del Libro della giungla, filmdella Disney. “Per me Louis Prima è il più grande intrattenitore della storia, è insuperabile. Quella è la vera musica della festa. All’inizio avevo un po’ rimesso mano al testo del brano, ma la Disney non mi avrebbe concesso la liberatoria, quindi ho aggiunto una parte in più, dal titolo competitivo, Come e più di te, in cui il protagonista dice che vuole consumare, sedurre, twittare, mentire, truffare e sfruttare come gli altri”.

Uno dei momenti migliori di Sciusten feste n.1965 è sicuramente la reinterpretazione di Christmas card from a hooker in Minneapolis di Tom Waits, che qui diventa Charlie. Il brano è raccontato in forma di lettera di Natale inviata da una prostituta a un uomo di nome Charlie. Lei gli rivela di essere incinta, di avere smesso di bere e drogarsi, descrive le sua vita attuale, inclusa la sua relazione stabile con un nuovo marito. Alla fine della canzone l’autrice confessa a Charlie di avergli mentito; non ha un marito, ma “potrà beneficiare della libertà vigilata a San Valentino”.

“Sapevo che confrontarmi con Waits era un’operazione un po’ blasfema. Lui è una figura archetipica, bisognerebbe lasciarlo in pace, ma non ho resistito. Da ragazzo a vent’anni avevo un duo con la mia fidanzata del tempo e ci chiamavano Blue Valentine, proprio come il disco da cui è estratto questo pezzo. Musicalmente ha un giro di piano bellissimo, ci si abita dentro. E poi ha quell’aria da neve dell’Illinois, in cui però io sento anche un’aria di casa. Io sono cresciuto in Emilia-Romagna, e lì si capiva che era dicembre quando Mondo Radio, la radio libera che ascoltavamo, cominciava a mettere canzoni come questa, oppure Santa claus is coming to town nella versione di Bruce Springsteen, o i Pogues. E infatti nella mia versione ho fatto tornare la prostituta dai suoi a Scandiano, invece che a Omaha. Ora che l’ho registrata non ci sento più l’America, ci sento l’Emilia”, confessa Capossela.


Dal 2 novembre Capossela porterà Sciusten feste n.1965 in giro per l’Italia e in Europa. I concerti partiranno da Cesena, passeranno ovviamente dal Fuori orario e si concluderanno a Zurigo l’11 febbraio. “Abbiamo chiamato il tour Conciati per le feste, sfruttando il doppio senso. Noi siamo piuttosto conciati, ma se cambi l’accento diventa un imperativo: cònciati per le feste, cioè preparati alle celebrazioni. È un concerto festivo, non natalizio. Ci sarà tutta l’euforia della festa, ma anche la malinconia. Lo suoneremo solo nei posti in cui si può stare in piedi, nei club. E tornerà sul palco con noi anche il mago Christopher Wonder, che è stato sempre presente al Fuori orario”.

Il suo periodo delle feste è cominciato, e c’è da scommettere che durerà parecchio.

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