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Negli oceani potrebbero esserci più di 14 milioni di tonnellate di plastica

Krzysztof Bargiel, Alamy

Secondo una stima basata su una nuova ricerca sul fondo degli oceani potrebbero giacere almeno 14 milioni di pezzi di plastica di dimensioni inferiori a 5 mm. L’analisi dei sedimenti oceanici fino a tre chilometri di profondità suggerisce infatti che sui fondali oceanici di tutto il pianeta potrebbe esserci una quantità di plastica trenta volte superiore rispetto a quella presente in superficie.

L’agenzia scientifica del governo australiano (Csiro) ha raccolto e analizzato sezioni di fondale oceanico prelevate in sei punti a circa 300 chilometri al largo della costa meridionale del paese, nella Grande baia australiana. I ricercatori hanno esaminato 51 campioni e hanno scoperto che, una volta escluso il peso dell’acqua, ciascun grammo di sedimento conteneva in media 1,26 frammenti di microplastica. Le microplastiche hanno un diametro pari o inferiore a 5 mm e provengono soprattutto dalla disgregazione di oggetti in plastica più grandi.

Fermare la marea di plastica che si sta immettendo nei corsi d’acqua e negli oceani di tutto il mondo è diventata un’enorme sfida internazionale. Secondo la dottoressa Denise Hardesty, direttrice della ricerca alla Csiro e coautrice dello studio pubblicato sulla rivista Frontiers in marine science, la scoperta di microplastiche in località così remote e a profondità così elevate “dimostra che ormai la plastica è ovunque”.

La stima
“La plastica è in tutta la colonna d’acqua”, dice Hardesty. “Questo dovrebbe farci riflettere sul mondo in cui viviamo e sull’impatto delle nostre abitudini di consumo su quello che viene considerato il posto più incontaminato del pianeta”, ha detto. “Dobbiamo fare in modo che gli oceani non diventino una grande discarica. Abbiamo un’ulteriore prova del fatto che bisogna intervenire in modo radicale”.

Le sezioni di fondale sono state estratte a marzo e aprile del 2017 a una distanza compresa tra 288 e 349 chilometri dalla costa e a una profondità compresa tra 1.655 e 3.016 metri. Hardesty ha affermato che non è stato possibile stabilire quanto fossero vecchi i pezzi di plastica, né a che genere di oggetti appartenessero. A giudicare dalla loro forma, però, i frammenti sembrano provenire da oggetti di consumo.

Gli autori dello studio hanno estrapolato la quantità di plastica ritrovata nei campioni di fondale marino, e basandosi su ricerche precedenti hanno stabilito che oggi sui fondali marini di tutto il mondo giacciono 14,4 milioni di tonnellate di microplastiche. Questa cifra può sembrare enorme, ma secondo Hardesty non è molto in confronto alla qualità di plastica che può finire ogni anno in mare.

Secondo una ricerca pubblicata a settembre, nel 2016 tra i 19 e i 23 milioni di tonnellate di plastica sono finiti nei fiumi e negli oceani. In uno studio precedente pubblicato sulla rivista Science si stimava che ogni anno finiscono negli oceani circa 8,5 milioni di tonnellate di plastica. Secondo un’altra ricerca, sulla superficie degli oceani galleggerebbero circa 250mila tonnellate di plastica. Gli autori dell’ultimo studio stimano che il peso delle microplastiche sui fondali oceanici sia tra le 34 e le 57 volte superiore al peso della plastica in superficie.

Secondo Hardesty attualmente la maggior parte della plastica si sta accumulando sulle coste

Hardesty ha avvertito che le stime potrebbero essere imprecise, ma si basano sulle migliori informazioni disponibili. “Sono utili per dare alle persone la percezione della portata e delle dimensioni del problema”, ha detto.

Secondo Hardesty però la quantità di plastica sui fondali oceanici è relativamente bassa se paragonata a tutta la plastica scaricata nell’ambiente, e suggerisce che i sedimenti nelle profondità marine non sono al momento il principale luogo di deposito per la plastica. Secondo la studiosa attualmente la maggior parte della plastica si sta accumulando sulle coste. “C’è molta più plastica intrappolata sulla terraferma che in mare”.

La dottoressa Julia Reisser, biologa marina all’Istituto oceanico della University of Western Australia, studia l’inquinamento da plastiche da 15 anni. “Scoprire dove sia la plastica è una vera ossessione per la comunità delle scienze marine”, ha affermato Reisser, che non ha partecipato alla ricerca.

Diversi metodi scientifici sono stati necessari per comprendere il potenziale impatto della plastica sull’ambiente oceanico. I pezzi di plastica più grandi possono intrappolare gli animali, mentre le microplastiche e i pezzetti di plastica più piccoli possono essere ingeriti da una grande quantità di specie, dal plancton alle balene.

Secondo Reisser, questo nuovo studio ha rappresentato un importante contributo alla ricerca globale. La speranza è che i dati sulle profondità marine al largo dell’Australia possano essere combinati con altri studi compiuti in tutto il mondo per avere un quadro più completo. “Penso che la destinazione finale della plastica siano le acque più profonde, ma siamo ben lontani da un punto di equilibrio”, ha detto. “Se potessimo viaggiare in avanti di mille anni nel futuro, vedremmo quella plastica lentamente frantumata e rimossa dalle nostre coste”.

A settembre i leader di oltre settanta paesi hanno sottoscritto un impegno volontario a rallentare la perdita di biodiversità. Uno degli obiettivi è fermare l’immissione di plastica negli oceani entro il 2050. Tra i paesi che non hanno sottoscritto l’impegno ci sono Stati Uniti, Brasile, Cina, Russia, India e Australia.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano britannico The Guardian.

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