La Riunione di fronte alla riapertura tra timori e speranze
Lungo la strada per Saint-Denis-de-la-Réunion c’è un posto di blocco. Otto poliziotti, dotati di maschere chirurgiche e guanti di plastica, controllano i veicoli e verificano i motivi degli spostamenti. Si è formato un ingorgo. Un’immagine dimenticata, che riporta a prima dell’isolamento. “Eccoci qua! Si ricomincia. Da una settimana il traffico è raddoppiato”, esclama uno degli agenti.
Nei giorni precedenti alla fase due, cominciata l’11 maggio, l’isola è uscita ogni giorno un po’ di più dal suo torpore, con un misto di paura e desiderio. “La società si riorganizza”, constata il commissario Jean-François Lebon, direttore dipartimentale della pubblica sicurezza. “La popolazione si è dimostrata disciplinata e ha seguito le misure”. La chiusura delle spiagge, delle aree per i pic-nic e dei sentieri è stata rispettata anche durante i fine settimana. Non ci sono state contestazioni o violenze nei quartieri più sensibili, come temevano le autorità.
Dal 17 marzo La Riunione, dipartimento d’oltremare francese nell’oceano Indiano, fa parte degli “alunni virtuosi”. Non sorprende che sia entrata nella lista dei dipartimenti contrassegnati in verde, che avranno meno restrizioni. Qui il covid-19 non ha provocato decessi. Lunedì 4 maggio erano 423 i casi registrati dall’inizio dell’epidemia, di cui due terzi guariti. Una sola persona si trovava in rianimazione, altre tre erano ricoverate in ospedale. Meno dell’1 per cento delle persone sottoposte a tampone è positiva. Da un mese i nuovi casi registrati sono meno di dieci alla settimana.
“L’epidemia ha avuto una flessione. La circolazione del virus è molto scarsa”, osserva il dottor Patrick Gérardin, epidemiologo e presidente del consiglio scientifico per il covid-19 dei centri ospedalieri universitari (Chu) della Riunione. “Non esistono catene di trasmissione autoctone attive. I casi positivi vengono messi in quarantena. I servizi sanitari non sono mai stati travolti. Per ora siamo sfuggiti all’ondata”.
Secondo il medico il virus è stato introdotto da persone “piuttosto giovani e in buona salute”: “La carica virale è stata bassa e la contagiosità limitata”. L’isolamento annunciato dal presidente francese Emmanuel Macron è cominciato sei giorni dopo la comparsa del primo caso, l’11 marzo, e questo ha permesso di evitare la diffusione della malattia. E lo stesso ha fatto “il tracciamento organizzato dall’agenzia regionale della sanità e dall’agenzia nazionale Santé publique France, che ha seguito più di 3.500 persone”, aggiunge Camille Goyer, che dirige l’ufficio del prefetto della Riunione, Jacques Billant.
Altre misure fondamentali sono state la limitazione del traffico aereo e i controlli sanitari alle frontiere. Il 24 marzo i viaggiatori che presentavano dei sintomi potevano sottoporsi a controlli al loro arrivo. Poi i voli commerciali sono stati ridotti a tre a settimana, rispetto ai trenta che ci sono normalmente. Dal 31 marzo un decreto del prefetto impone un rigido isolamento di 14 giorni a tutte le persone in arrivo. Più di mille sono state sistemate in alberghi requisiti a spese dello stato.
Gli strumenti migliori
Con la fine dell’isolamento, questa strategia resterà in vigore. Perché i medici dicono tutti la stessa cosa: “Il virus è arrivato tramite l’aeroporto, e da lì tornerà”. Più dei due terzi degli infettati hanno contratto la malattia fuori dall’isola. “La completa ripresa del traffico aereo non è all’ordine del giorno e il sistema dell’isolamento di quattordici giorni dovrebbe essere mantenuto almeno fino al 2 giugno”, ha chiarito Billant presentando, il 30 aprile, il piano della Riunione per l’allentamento delle misure restrittive. Il 4 maggio il primo ministro francese Édouard Philippe ha precisato al senato che i divieti d’ingresso in tutti i territori d’oltremare saranno mantenuti “oltre l’11 maggio”, con “l’obbligo di due settimane di quarantena”.
Un modello elaborato da statistici ed epidemiologi dei Chu e di Santé publique France contiene delle indicazioni per le prossime settimane. In caso di riapertura completa dell’aeroporto, senza controlli, La Riunione potrebbe vivere una catastrofe sanitaria con ottantamila persone infettate e con trentamila malati su più di 850mila abitanti al picco dell’epidemia, previsto per l’inizio di settembre. Le proiezioni prevedono anche seimila ricoveri in ospedale, duemila dei quali in rianimazione. Una situazione insostenibile, visto che la capacità iniziale di cinquanta posti letto in rianimazione è stata portata a ottanta e che l’isola deve già fare i conti con una violenta epidemia di dengue. In uno scenario che comprende la riapertura dell’aeroporto con test effettuati sulle persone in arrivo, l’isolamento per due settimane e la limitazione dei voli, le curve prevedono dei “piccoli rimbalzi” dell’epidemia a luglio, ipotizzando che cinque viaggiatori al giorno sfuggano ai controlli sanitari.
Per il dottor Géraldin, che ha coordinato lo studio, la riapertura dell’aeroporto può essere solo “progressiva”, sperando che l’isolamento continui a determinare un calo dei casi in Francia. Il medico insiste anche sulle “incertezze” legate all’inizio dell’inverno australe nell’isola e al calo della temperatura, “che sarebbero più propizi alla circolazione del virus”. Secondo lui le mascherine e i “test correttamente eseguiti” restano i migliori strumenti per lottare contro le trasmissioni autoctone.
Sul primo punto, il prefetto ha annunciato una produzione industriale locale di cinquecentomila mascherine usa e getta alla settimana a partire da metà maggio, e di un milione a giugno. A queste si aggiungerebbero 1,2 milioni di mascherine di stoffa realizzate da artigiani, associazioni e volontari in collaborazione con le comunità locali. La direttrice dell’agenzia sanitaria regionale, Martine Ladoucette, ha annunciato che i test saranno triplicati, arrivando a 1.300 al giorno, con la speranza che sia assicurato il rifornimento di tamponi e prodotti reagenti.
Il prefetto ha annunciato che alla Riunione saranno prodotte cinquecentomila mascherine usa e getta alla settimana
I politici, come molti genitori, restano cauti sul rientro a scuola il 18 maggio, dopo le vacanze, e quasi tutti sono a favore di una riapertura prudente dell’aeroporto. Oltre all’aspetto economico, tengono conto della sensibilità degli elettori alla questione del rientro degli studenti originari della Riunione che si trovano in Francia che, secondo le stime, sono tra i cinquemila e i diecimila. L’aviazione civile ha creato un gruppo di lavoro. Il prefetto Billant ritiene che per gestire i rischi sanitari si potrebbero introdurre “quote per i passeggeri” e “test all’imbarco”.
Il mantenimento delle limitazioni sui voli pone anche il problema dei rifornimenti. Il trasporto merci aereo è passato da più di quattrocento tonnellate alla settimana a 150. I prodotti sanitari hanno la priorità. Una task force incaricata di questo ponte aereo decide quali carichi sono più urgenti. Per compensare le mancanze sono stati organizzati quattro voli supplementari alla settimana solo per il trasporto di merci. Una parte di questi prodotti sono poi spediti a Mayotte, un altro dipartimento d’oltremare francese, per via aerea o con le navi della marina. Air France e Air Austral hanno ottenuto l’autorizzazione a trasportare le merci sui sedili passeggeri degli aerei civili riconvertiti in cargo, per aumentare le capacità di rifornimento, soprattutto per le mascherine. “Lo stato, l’aeroporto, le aziende, l’esercito e chi si occupa delle spedizioni lavorano in sinergia”, sottolinea Lionel Montocchio, direttore della sicurezza dell’aviazione civile nell’oceano Indiano. “Abbiamo fatto ricorso all’esperienza acquisita nella gestione dell’emergenza durante i cicloni e con la crisi dei ‘gilet gialli’”.
Piano di rilancio
Fermo fino a giugno, il settore turistico, che rappresenta un giro d’affari annuale da novecento milioni di euro e coinvolge più di 11.500 lavoratori, sarà oggetto di un piano di rilancio portato avanti dal ministero dell’oltremare. Patrick Serveaux, responsabile locale dell’Unione delle professioni e delle attività alberghiere, difende il principio di un “protocollo sanitario” per chi arriva sull’isola: “Ci teniamo a promuovere una destinazione sicura”.
“Non possiamo vivere reclusi”, aggiunge Christine Kowalczyk, distinguendo tra voli di piacere, che non sono urgenti, e i voli “sociali”, che devono ricominciare. Kowalczyk, presidente dell’Unione dei medici privati, ritiene che La Riunione debba continuare a proteggersi rimanendo isolata, in modo che la fine del confinamento permetta all’isola di ripartire. “Bisogna rimettere in sesto l’economia locale, altrimenti dovremo gestire dei problemi ancora più gravi di quelli legati alla salute”, assicura.
Secondo la camera di commercio e dell’industria della Riunione, più di quattromila aziende rischiano il fallimento. Giovedì 30 aprile, durante una videoconferenza con il capo di stato, il presidente del consiglio regionale, Didier Robert (centrodestra), ha insistito sul fatto che “il rischio di una crisi sociale riporti La Riunione trent’anni indietro”. Robert sostiene un “piano d’azione e di rilancio” dell’economia da un miliardo di euro su due anni.
Un altro indicatore inquietante è che la richiesta di pacchi alimentari è triplicata: ne sono distribuiti più di 3.500 ogni settimana. “Le riserve si esauriscono. Non resisteremo a lungo e non avremo più niente a fine luglio”, si lamenta Bruno Prochasson, direttore del banco alimentare delle isole Mascarene. Tra i nuovi beneficiari ci sono persone che lavoravano in nero e non hanno più un reddito, ma anche famiglie che non possono più contare sul pranzo distribuito dalle mense scolastiche. Un dato che rivela la precarietà sociale ancora più chiaramente dell’aumento della disoccupazione, che a marzo è salita dell’1,3 per cento.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano francese Le Monde e fa parte di una serie sul coronavirus nei dipartimenti d’oltremare. Gli altri episodi (in francese) sono stati dedicati a Nuova Caledonia, Mayotte, Martinica, Guyana francese e Guadalupa.