Quando qualcuno finisce a vivere per strada istintivamente ci chiediamo cosa gli sia capitato di brutto: che problemi abbia con le droghe o con l’alcol; cosa gli abbia impedito di trovare un lavoro più remunerativo; perché abbia fatto più figli di quanti ne poteva mantenere; perché non sia più riuscito a pagare l’affitto. Individuare fallimenti personali o disgrazie ben precise aiuta chi di noi ha una casa a sentirsi meno precario: se il fatto di non avere un’abitazione deriva da un fallimento personale, è più facile pensare che non possa accaderci, ed è più semplice giustificare il duro trattamento riservato ai senza dimora.
Ma, allargando il campo visivo, trovare spiegazioni individuali per la crisi dei senzatetto negli Stati Uniti è più complicato. Certo, le scelte di ognuno hanno un peso, ma perché in California i senzatetto sono molti di più che in Texas? Perché la percentuale di senzatetto è più alta a New York che in West Virginia?
Per spiegare l’interazione tra le cause strutturali e individuali del fenomeno, alcuni studiosi usano l’analogia del gioco delle sedie che fanno i bambini. Comincia il gioco e il primo a restare senza sedia è il bambino che si fa male a una caviglia. Poi vengono eliminati i bambini troppo ansiosi per giocare in modo efficace. Seguono i più piccoli. Alla fine, un bambino veloce, grande e sicuro di sé siede sorridente sull’ultima sedia disponibile. Possiamo dire che la disabilità o la mancanza di forza fisica abbiano fatto sì che alcuni bambini rimanessero senza sedia. Ma, in realtà, in questa situazione la carenza di sedie è un dato inevitabile: l’unico motivo per cui qualcuno resta senza è che non ce ne sono abbastanza.
Città superstar
Applichiamo ora quest’analogia ai senzatetto. Certo, andare a vedere chi finisce a vivere per strada può far emergere storie importanti di vulnerabilità individuali causata da disabilità o povertà, violenza domestica o divorzi. Tuttavia, se c’è una grave carenza di alloggi a prezzi accessibili, è praticamente garantito che un certo numero di persone finisca a vivere per strada. Nel gioco delle sedie, la scarsità imposta è evidente. Nella vita reale la carenza di alloggi è più difficile da osservare, ma è la causa principale del fenomeno dei senzatetto.
Nel libro Homelessness is a housing problem, il docente dell’università di Washington Gregg Colburn e l’analista dei dati Clayton Page Aldern dimostrano che “la crisi dei senzatetto nelle città costiere degli Stati Uniti non può essere spiegata con livelli sproporzionati di consumo di droga, malattie mentali o povertà”. I fattori più rilevanti sono i prezzi alti degli affitti e la quantità di alloggi sfitti. Colburn e Aldern fanno notare che alcune aree urbane con alti tassi di povertà (Detroit, la contea di Miami-Dade, Filadelfia) hanno tra i tassi di senzatetto più bassi, mentre alcune località dove la povertà è relativamente bassa (la contea di Santa Clara, San Francisco, Boston) hanno molti senzatetto. Lo stesso vale per la disoccupazione. “Le persone senzatetto abbondano nelle aree dove il mercato del lavoro è solido e i tassi di disoccupazione bassi, cioè le città costiere in forte crescita”, scrivono gli autori.
Affermare che l’abuso di droghe e le malattie mentali siano le cause principali del fenomeno non regge a un’indagine seria
Perché? Queste “città superstar”, come le chiamano gli economisti, attirano una grande quantità di lavoratori del settore della conoscenza, che percepiscono stipendi alti e richiedono vari servizi, creando a loro volta una domanda di altri lavoratori: tassisti, avvocati e loro assistenti, medici, infermieri e maestri d’asilo. Questi lavoratori alimentano la crescita economica e hanno tutti bisogno di case. In un mercato che funziona bene, a un aumento della domanda corrisponde un aumento dell’offerta. Ma i mercati immobiliari sono stati danneggiati da politiche che cercano di guadagnare da una fiorente economia locale senza costruire le infrastrutture – cioè, gli alloggi – necessarie alle persone che fanno girare quell’economia. I risultati di queste politiche sono l’aumento dei prezzi delle case e degli affitti, e l’impennata del numero di senzatetto.
Non sorprende che le persone credano, a torto, che le cause principali della crisi dei senzatetto siano i problemi di salute mentale e le tossicodipendenze. In genere i nostri incontri più memorabili sono stati quelli dove i problemi di salute mentale o l’abuso di droghe erano evidenti: forse non avrete notato la famiglia che dorme in un motel, ma sicuramente ricorderete la persona che dà di matto in metropolitana.
Voglio essere preciso. È vero che molte persone che finiscono a vivere per strada soffrono di disturbi mentali. Ma è anche vero che diventare senzatetto espone le persone a una serie di traumi. Questi possono far nascere nuovi disturbi che un semplice alloggio non è in grado di risolvere. Tuttavia affermare che l’abuso di droghe e le malattie mentali siano le cause principali del fenomeno non regge a un’indagine seria. Se fossero questi i fattori fondamentali, nei posti dove sono più frequenti dovrebbero esserci più senzatetto. Ma non è così: Utah, Alabama, Colorado, Kentucky, West Virginia, Vermont, Delaware e Wisconsin hanno tra i più alti tassi di malattie mentali negli Stati Uniti, ma numeri relativamente modesti di senza dimora. S’intuisce facilmente cosa impedisce alle persone a rischio di questi stati di finire per strada: hanno più scelta su dove abitare, a prezzi accessibili.
Con un ragionamento analogo, possiamo respingere l’ipotesi che sia il clima a determinare la presenza di senzatetto. Se il clima caldo ne attirasse un gran numero, Seattle, Portland nell’Oregon, New York e Boston non avrebbero così tanti senzatetto, e le città di stati del sud come Florida, Georgia, Alabama e Mississippi non ne avrebbero così pochi. In realtà, c’è un collegamento tra senzatetto e temperatura, ma non è chiaro quale sia la causa e quale l’effetto: la costa orientale e il midwest degli Stati Uniti hanno molte più strutture di accoglienza rispetto alla costa occidentale, il che garantisce maggiore riparo ai senzatetto.
Il punto non è che molti statunitensi sono cronicamente senza casa. Il problema sono i milioni di persone che vivono in precarietà
È dall’inizio della loro storia che gli Stati Uniti hanno popolazioni di malati mentali, tossicodipendenti, poveri e disoccupati, e che Los Angeles è più calda di Duluth, nel Minnesota. Eppure la crisi dei senzatetto che vediamo oggi nelle città statunitensi è cominciata solo negli anni ottanta. Cos’è cambiato? Ancora una volta, la risposta è semplice: mancano gli alloggi. I luoghi dove le persone dovevano trasferirsi per ottenere buoni posti di lavoro hanno smesso di costruire gli alloggi necessari ad accompagnare la crescita economica.
Tutti sanno come stanno le cose
Per capirlo meglio, il problema va analizzato come un problema di “flussi”, non di “quantità”. Il punto non è che molti statunitensi sono cronicamente senza casa. Il problema sono i milioni di persone che vivono in condizioni di precarietà finanziaria, persone per le quali un divorzio, la perdita del lavoro, un litigio con un coinquilino o un problema sanitario possono portare alla perdita di un tetto. Secondo l’autorità per i servizi ai senza dimora di Los Angeles, ogni giorno nella contea si trova un tetto per 207 persone, ma allo stesso tempo altre 227 finiscono a vivere per strada. La crisi è determinata da un flusso costante di persone che perdono la casa.
La crisi dei senzatetto è più acuta nei posti dove ci sono pochi alloggi sfitti e quelli “a basso costo” sono comunque costosi. Uno studio condotto da un economista del gruppo immobiliare Zillow dimostra che quando un numero crescente di persone è costretto a spendere il 30 per cento o più delle proprie entrate per l’affitto, il numero dei senzatetto aumenta. I ricercatori universitari che studiano il fenomeno lo sanno bene. Lo sanno anche i politici e le associazioni. Lo sanno anche i funzionari statali. I sondaggi dimostrano che l’opinione pubblica riconosce che l’accessibilità abitativa ha un ruolo nella crisi dei senzatetto. Eppure politici e legislatori non hanno affrontato la causa principale.
Sono pochi gli stati dominati dal Partito repubblicano che hanno dovuto affrontare la crisi dei senzatetto, soprattutto perché le “città superstar” sono concentrate negli stati democratici. Alcuni puntano il dito contro i dispendiosi programmi di assistenza sociale ai senzatetto nelle città democratiche, e sostengono che le persone si spostano da altri stati per approfittare delle agevolazioni delle città costiere.
Ma i dati mostrano il contrario: nel 2022 solo il 4 per cento dei senzatetto di San Francisco ha dichiarato di essere finito per strada prima di arrivare in California. Colburn e Aldern non hanno riscontrato relazioni tra i luoghi con i più generosi programmi di assistenza sociale e gli alti numeri di senzatetto. Altre numerose ricerche indicano che i programmi di assistenza sociale contribuiscono a ridurre il fenomeno. Va inoltre tenuto in considerazione che alcuni si trasferiscono nelle città più importanti per ottenere un lavoro retribuito, e poi si ritrovano nell’impossibilità di sostenere il costo della vita, problema che non può essere imputato alle politiche sociali.
Contraddizioni interne alla sinistra
In ogni caso, il liberalismo è in gran parte responsabile della crisi dei senzatetto: una contraddizione alla base dell’ideologia progressista ha impedito ai democratici, che guidano molte delle città in cui il fenomeno è più grave, di affrontare il problema. Molti di questi politici hanno dichiarato di essere a favore degli alloggi accessibili, in particolare per i gruppi relegati ai margini del mercato immobiliare. Ma gli amministratori locali, per proteggere gli interessi dei proprietari di case, hanno approvato una rete di regolamenti, leggi e norme che hanno reso estremamente facile bloccare la costruzione di nuovi alloggi.
Questa contraddizione è alla base di una crisi sempre più visibile. Come ha spiegato lo storico Jacob Anbinder, negli anni settanta e ottanta gli ambientalisti, i difensori del patrimonio architettonico, i gruppi di proprietari di case e le organizzazioni di sinistra hanno formato un’alleanza per opporsi alla costruzione di nuove abitazioni. In quel periodo, scrive Anbinder, “l’introduzione di limiti di altezza, le restrizioni alla densità abitativa, le commissioni per la revisione dei progetti, i contributi obbligatori da versare alla comunità e altre misure di veto nel processo edilizio” ha reso più difficile la costruzione di palazzi. Questa alleanza – il cui scopo principale è opporsi al cambiamento dei quartieri e proteggere il valore delle case – controlla ancora oggi la politica nelle aree a forte crescita in tutti gli Stati Uniti, e ha reso più semplice, anche per piccoli gruppi, bloccare la costruzione di nuove abitazioni. Il risultato? Negli Stati Uniti mancano milioni di case rispetto a quelle che servono.
Los Angeles è una perfetta dimostrazione delle contraddizioni all’interno della sinistra. Nel 2016 gli elettori hanno approvato l’emissione di 1,2 miliardi di dollari di obbligazioni per finanziare alloggi per i senzatetto e i residenti a rischio nell’arco di dieci anni. Ma nei primi cinque anni si è costruito appena il 10 per cento delle unità previste. Oltre ai problemi di finanziamento, l’ostacolo maggiore sono stati i piccoli gruppi di persone che non volevano vedere la costruzione di alloggi economici nei loro quartieri.
Los Angeles non è l’unica. La Bay area intorno a San Francisco è esemplare in questo senso. Nella primavera del 2020 il miliardario Marc Andreessen ha pubblicato un saggio intitolato It’s time to build, in cui criticava la deferenza dei politici verso i residenti “vecchi e radicati”. In seguito, però, si è scoperto che Andreessen e la moglie si erano opposti con forza alla costruzione di un piccolo numero di unità multifamiliari ad Atherton, la ricca cittadina della Bay Area in cui vivono. La convinzione dei conservatori che le persone di una comunità debbano avere potere di veto sulle eventuali modifiche si è insinuata nell’ideologia progressista. Questo pervasivo localismo è la chiave per capire perché i funzionari che sembrano sinceramente toccati dalla crisi dei senzatetto raramente prendono provvedimenti per affrontarla.
L’inerzia dei politici ha trasformato un’opportunità per ridurre i senzatetto nell’ennesima criminalizzazione di queste persone
I danni peggiori della crisi dei senzatetto ricadono sulle persone che si ritrovano senza un alloggio. Ma non sono le loro sofferenze a costituire un problema per i politici progressisti: leggendo i commenti su Facebook e altri social network, o semplicemente parlando con gli abitanti di città con molti senzatetto, ci si rende conto che questi ultimi tendono a essere visti come una fonte di disordine, d’insicurezza e di abbassamento della qualità della vita. A questo proposito gli elettori sembrano star perdendo la pazienza con i loro rappresentanti democratici.
In un sondaggio del 2021 condotto nella contea di Los Angeles, il 94 per cento degli intervistati ha dichiarato che il problema dei senzatetto è grave o molto grave (solo il 75 per cento ha detto lo stesso del traffico). Quando è stato chiesto di valutare, su una scala da uno a dieci, il grado d’insicurezza derivante “dalla presenza di persone senza fissa dimora nel quartiere”, il 37 per cento delle persone ha risposto con un punteggio di otto o superiore, e un altro 19 per cento ha dato un punteggio di sei o sette. A Seattle il 71 per cento degli intervistati in un sondaggio simile ha detto di non sentirsi sicuro ad andare di notte nel centro della città, mentre il 91 per cento ha affermato che il centro non si riprenderà finché resteranno i problemi dei senzatetto e di pubblica sicurezza. Di sondaggi come questo ce ne sono molti.
Con l’aggravarsi della situazione, in particolare nelle aree dove i senzatetto affollano i parchi e le stazioni, l’inerzia dei politici ha trasformato quella che poteva essere un’opportunità per ridurre i senzatetto nell’ennesima criminalizzazione di queste persone. Ad Austin, in Texas, il 57 per cento degli elettori ha votato a favore del ripristino di sanzioni penali per gli accampamenti di persone senza fissa dimora; in un sondaggio del Washington Post, nel distretto di Columbia il 75 per cento degli intervistati si è detto favorevole alla chiusura degli “accampamenti di senzatetto”, anche senza che agli sfollati sia assegnato un posto dove vivere. I dati di sondaggi effettuati a Portland, Seattle e Los Angeles rivelano intenti altrettanto punitivi.
Quarant’anni per uscirne
L’esasperazione dei cittadini ostacola anche i politici che prendono la questione sul serio. Gli elettori tollerano il disordine fino a un certo punto, poi passano a sostenere candidati e misure reazionarie, anche nelle aree progressiste. In città con grandi popolazioni di senzatetto, si sono presentati candidati che hanno preso posizione contro i democratici tradizionali, presentando programmi per risolvere la crisi dei senzatetto e di ripristino dell’ordine pubblico. In linea di massima, questi candidati non propongono politiche destinate ad aumentare alloggi a prezzi accessibili o a fornire aiuti per l’affitto a chi percepisce redditi bassi. Al contrario, propongono di trattare duramente le persone senza fissa dimora. A Oakland, in California, città notoriamente progressista, uno dei candidati a sindaco per il 2022 ha incentrato la sua campagna elettorale proprio sull’eliminazione degli accampamenti e sul ripristino dell’ordine nelle strade, arrivando terzo.
Nel 2022, durante la campagna per l’elezione a sindaco di Los Angeles, né la candidata Karen Bass, che ha vinto, né il suo avversario Rick Caruso erano disposti a sfidare i processi antidemocratici che hanno permesso a piccoli gruppi di persone di bloccare la costruzione di nuovi alloggi. Caruso voleva dare più potere ai proprietari di case per rispettare “le loro preferenze in modo più netto”, come ha scritto Ezra Klein sul New York Times: questo significa permettere ai residenti di bloccare più facilmente le nuove costruzioni (dopo la vittoria, Bass ha vagamente riconosciuto la necessità di ospitare più abitanti nei quartieri ricchi, un impegno tiepido che rivela come i politici progressisti continuino a farsi influenzare dai movimenti Nimby (not in my backyard, non nel mio cortile).
“Sono quarant’anni che alimentiamo questa situazione, e probabilmente ce ne vorranno altri quaranta per uscirne”, mi ha detto Eric Tars, del National homelessness law center.
Costruire la quantità di alloggi a basso prezzo necessaria a interrompere il flusso quotidiano di persone che finiscono a vivere per strada non è un progetto che si possa risolvere in un singolo ciclo elettorale. Probabilmente servirà più tempo. Cosa si possa fare nel frattempo è difficile a dirsi, e richiederà investimenti in alloggi temporanei. Durante la pandemia sono nati, per necessità, modelli migliori di rifugi per senza dimora. L’uso degli spazi alberghieri ha permesso ai senzatetto di avere le proprie stanze, permettendo alle famiglie di rimanere insieme (nei dormitori le persone spesso sono separate in base al sesso, gli animali domestici sono vietati e manca la privacy). Il successo di Houston nel combattere il fenomeno dei senzatetto, diminuiti del 62 per cento dal 2011, suggerisce che garantire alle persone degli alloggi permanenti è la strada per il successo (a Houston non sono in vigore regolamenti che ostacolano la costruzione di nuovi alloggi).
I pericoli per i democratici, nelle città in cui la crisi dei senzatetto si sta trasformando in un problema di ordine pubblico, sono evidenti. La loro inerzia rischia di scatenare una rivolta più ampia, soprattutto perché i prezzi elevati delle case impediscono a molti affittuari della classe media e medio-alta di comprarne una. Non dobbiamo illuderci che quella rivolta possa portare a una politica più umana.
Il semplice fatto di rendere meno visibile il fenomeno dei senzatetto è diventato un “successo”. La città di New York ha costantemente avuto il tasso di senzatetto più alto del paese, ma la cosa non è diventata una questione elettorale come sulla costa ovest del paese. Questo perché le persone che hanno perso la casa sono nascoste nei dormitori. Eppure dal 2012 il numero di famiglie che si rivolgono a queste strutture è cresciuto di più del 30 per cento, nonostante la città spenda circa tre miliardi di dollari all’anno per combattere il problema, un fatto che sintetizza chiaramente i fallimenti della politica. Qualcuno, prima o poi, dovrà assumerne la responsabilità.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sul mensile statunitense The Atlantic. Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede negli Stati Uniti e in Canada. Ci si iscrive qui.
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