Non sempre l’algoritmo di Amazon fa risparmiare
Gli algoritmi di Amazon fanno sì che i clienti spendano molto più di quanto dovrebbero per alcuni prodotti, promuovendo quelli da cui l’azienda trae vantaggi. È quanto emerge da un’inchiesta pubblicata il 20 settembre dall’organizzazione giornalistica non profit ProPublica.
Amazon non ha mai rivelato il criterio con cui i suoi algoritmi selezionano i prodotti di alcuni commercianti, o quelli che vende direttamente, in modo da essere suggeriti nella buy box, l’area della pagina in cui i clienti aggiungono un prodotto al carrello.
Per fare luce sul suo funzionamento, ProPublica ha simulato gli acquisti su Amazon di un cliente di Brooklyn, New York, non iscritto al servizio Prime. Ha usato un software per scandagliare per qualche settimana gli elenchi di Amazon di 250 prodotti piuttosto popolari, dagli elettrodomestici agli articoli per la casa. Ed ecco cosa ha scoperto.
- Comprando tutto quello che Amazon consigliava nella buy box, un cliente avrebbe speso il 20 per cento in più che se avesse acquistato gli stessi prodotti al prezzo più basso disponibile sulla piattaforma. Questo si traduce in una spesa per il carrello di 1.400 dollari in più (1.243 euro). Secondo un commento di Amazon e ProPublica, è probabile che il cliente abbia acquistato gli articoli singolarmente e sia stato attento a non superare la soglia dei 49 dollari (43 euro, 19 euro in Italia) che dà diritto alla spedizione gratuita.
- La differenza media tra il prodotto raccomandato e quello più economico era di 7,88 dollari (6,99 euro).
- Quasi tutti i venditori nella buy box che non avevano la voce più economica tra quelle elencate erano Amazon o venditori che usano la logistica di Amazon. I commercianti indipendenti erano solo il 6 per cento.
- Amazon non include il criterio dei costi di spedizione per i suoi prodotti o per quelli di cui gestisce la logistica per conto di altri quando chiede ai clienti di valutare il prodotto in base a “prezzo e spedizione”. Questo permette ad Amazon di ottenere un’ottima posizione in classifica nell’80 per cento dei casi. Secondo ProPublica, le valutazioni sono corrette per gli abbonati al servizio Prime e per quelli che hanno diritto alla spedizione gratuita.
Un processo misterioso
Amazon ha dichiarato: “Con Prime e con l’opzione di spedizione Super saver (che si limita agli Stati Uniti), la maggior parte dei nostri articoli ordinati – nove su dieci – può essere spedita gratis. Gli algoritmi di smistamento a cui fa riferimento l’articolo di ProPublica sono progettati per il 90 per cento degli articoli ordinati, per i quali non valgono i costi di spedizione”.
Secondo quanto affermato da Amazon, il prezzo non è l’unico criterio per conquistare la buy box. “Il prezzo è solo uno degli aspetti nell’essere al servizio dei clienti”, afferma Amazon in una dichiarazione a ProPublica, che ha reso disponibili i dati ricavati dall’esperimento.
Amazon offre spiegazioni vaghe sul perché un prodotto è mostrato nella buy box. Nelle informazioni disponibili sul sito, “i venditori devono avere alcuni requisiti basati sulla prestazione per poter competere per una posizione nella buy box”. Nella stessa nota si legge: “Per molti venditori, un posizionamento nella buy box può determinare un aumento delle vendite”.
Il mistero della buy box ha serie ripercussioni per i commercianti indipendenti. L’obiettivo di ottenere un posizionamento migliore ha spinto i venditori a incaricare Amazon di occuparsi degli ordini pagando in tra il 10 per cento e il 20 per cento del ricavato sulle vendite. Perfino essere “consegnati da Amazon” e offrire prezzi più bassi non garantisce una posizione nella buy box.
È quanto ha scoperto ProPublica a proposito di un commerciante: “Amazon non è equa sotto il profilo della concorrenza, ma non abbiamo molta scelta. Dobbiamo esserci”, ha dichiarato il commerciante Gokhan Erkavun a ProPublica. Come sottolineato da ProPublica, Amazon non è l’unica piattaforma accusata di far pendere i suoi algoritmi a suo favore e in alcuni casi a scapito dei clienti.
Con queste motivazioni la Commissione europea sta indagando su Google per il suo servizio di comparazione di prezzi. In base all’accusa della Commissione, tra i tanti vantaggi, Google favorisce il servizio Google Shopping rispetto agli altri. Questa indagine è ancora in corso.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
L’articolo uscito su Quartz.
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