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Cartoline da Tripoli

La vita quotidiana nella capitale libica raccontata dal regista Khalifa Abo Khraisse.

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La costituzione libica si presenta misera e fragile

Una manifestazione per il sesto anniversario della rivoluzione a Tripoli, il 17 febbraio 2017. (Ismail Zitouny, Reuters/Contrasto)

È passato quasi un anno dalla diffusione dell’ultima bozza della costituzione libica. La commissione dell’assemblea costituente ne ha diffuso una quarta intitolata “Proposta di bozza di accordo per una costituzione della Libia” (la commissione è un sottogruppo dell’assemblea costituente formato da dodici persone: sei hanno firmato la precedente bozza in Oman, tre non l’hanno firmata e altri tre hanno boicottato del tutto gli incontri in Oman).

La commissione delle dodici scimmie ha perso del tutto di vista lo scopo di una nuova stesura: si dovrebbe riscrivere o correggere una cosa con l’obiettivo di migliorarla. Invece si sono comportati in modo più simile alla produzione cinematografica di una quadrilogia. Ogni nuovo sequel è peggiore del precedente.

L’ultima bozza comprende diversi emendamenti che cercano di rispondere alle critiche alle stesure precedenti. I nuovi emendamenti favoriscono delle categorie particolari; per esempio, se sei un uomo che ha un ruolo nell’esercito e risiede in Libia da meno di dieci anni, e vuoi candidarti alla presidenza, be’, è il tuo giorno fortunato! Leggi l’articolo 101 della nuova bozza e scoprirai che è fatto su misura per te.

L’articolo 101 ha eliminato le restrizioni che impedivano a chi appartiene alla classe dirigente militare o alle diverse agenzie di sicurezza di candidarsi alla presidenza della repubblica. Adesso possono farlo senza aspettare un anno dalle loro dimissioni, com’era stabilito in precedenza (a dire il vero credo che adesso non siano affatto obbligati a dimettersi). L’articolo 101 inoltre elimina un’ulteriore condizione necessaria per candidarsi alla presidenza della repubblica: la residenza in Libia.

L’età minima per la carica di presidente della repubblica o del senato è adesso fissata a 40 anni, cosa che di fatto esclude la generazione più giovane.

Stavolta sono state poche le voci che si sono levate per condannare la nuova bozza

Tutte le ong in difesa dei diritti delle donne libiche avevano criticato il linguaggio discriminatorio presente nelle bozze precedenti. Tutti i loro sforzi, tutti gli incontri, i seminari, i laboratori organizzati da attivisti, avvocati e ong sono stati però un esercizio vano. L’articolo 2 comma 12 della precedente bozza stabiliva che “la nazionalità libica è acquisita secondo la legge o è garantita a ogni bambino nato da madre o padre libico in base a quanto stabilito dalle leggi”.

L’articolo 10 della nuova bozza cancella il diritto di acquisire la cittadinanza libica per il bambino che nasce da madre libica, contraddicendo così il principio di uguaglianza stabilito dalla stessa bozza: “Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge senza discriminazioni. Sarà impedita ogni forma di discriminazione per ragioni di razza, colore, lingua, genere, nascita, credo politico, disabilità, origini o affiliazione geografica, secondo le disposizioni della costituzione”.

E non si sono fermati qui, ma hanno ridotto altri diritti garantiti alle donne dalla bozza precedente. L’articolo 184 relativo alla rappresentanza femminile ha diminuito il numero di anni dell’applicazione delle quote rosa, una procedura speciale per garantire la rappresentanza femminile alla camera dei rappresentanti e nei consigli locali, passando da tre a due cicli elettorali (da 12 a 8 anni).

Stavolta sono state poche le voci che si sono levate per condannare la misura, sicuramente meno numerose rispetto alle ultime tre volte. Sono stanche e frustrate. Tutta questa situazione in realtà è fatta apposta per sfiancare.

Senza lieto fine
È ancora più frustrante quando le donne diventano le nemiche di se stesse. Secondo il sito web del canale televisivo libico 218, l’avvocata e attivista per i diritti umani Azza Maghur ha accolto con favore la bozza costituzionale, incoraggiando tutte le libiche a fare lo stesso. Maghur le ha incoraggiate a non dare giudizi affrettati e a “leggere questa bozza con lo spirito dell’accordo e dell’ottimismo”, aggiungendo che “la bozza non è perfetta, ma è la ricetta per la salvezza dal pantano della guerra”.

Mi fa arrabbiare che parole simili siano state pronunciate da un’avvocata. Avrebbe dovuto sapere che, in alcuni casi, ‘la differenza tra la parola giusta e la parola quasi giusta è la differenza tra il fulmine e la lucciola’ (Mark Twain).

Un’altra donna, Etimad al Misalati, che fa parte dell’assemblea costituente, ha dichiarato che “la nuova bozza è sostanzialmente soddisfacente poiché i membri della commissione hanno fatto delle concessioni con l’obiettivo di giungere a un livello di progresso accettabile per la maggior parte dei libici”. Ha sottolineato poi come la bozza avesse offerto soluzioni tangibili riguardo a diversi punti di conflitto.

È ingenuo pensare che un pezzo di carta redatto dalla commissione delle dodici scimmie possa risolvere la crisi in Libia. È un tentativo divertente per mettere sotto pressione la gente e indurla ad accettare una costituzione fragile e miserabile come se fosse una bacchetta magica che sistemerà tutto con un cenno.

La costituzione non risolverà nessun problema, almeno non nella nostra generazione. Non è la fine della lotta. Nella vita il lieto fine non arriva con facilità, soprattutto non in Libia.

Il finale di un romanzo conferisce quel genere di libertà che la vita ostinatamente ci nega: quella di giungere a un punto fermo che non sia la morte (Susan Sontag).

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

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