Kawhi Leonard dei Los Angeles Clippers è stato il primo giocatore a scendere in campo nel pomeriggio del 22 luglio, riscaldandosi per la prima partita della National basketball association (Nba) dopo più di quattro mesi di pausa forzata, senza aspettare che lo speaker del palazzetto annunciasse le formazioni.
L’improvvisazione è stato uno dei tanti aspetti di una ripresa da lungo attesa, e che potrebbe essere definita “non-tradizionale”. Senza spettatori sugli spalti, con pannelli di plexiglass come nell’hockey su ghiaccio che proteggono il tavolo dove si segnano i punti e con gli Orlando Magic che si presentavano come squadra in trasferta pur essendo ad appena 23 miglia dal loro palazzetto di casa, i Clippers di Leonard hanno vinto 99 a 90 in una partita in cui, come era prevedibile, i giocatori erano sembravano arrugginiti. La partita non aveva nessuna posta in palio ma ha comunque rappresentato un’occasione significativa.
Era infatti la prima volta che due squadre dell’Nba scendevano in campo l’una contro l’altra dai tempi dell’improvvisa sospensione della stagione, lo scorso 11 marzo, dopo che Rudy Gobert degli Utah Jazz è risultato positivo al covid-19 poco prima di una partita contro gli Oklahoma City Thunder. Una partita arrivata dopo mesi di trattative, preparativi e discussioni sulla possibilità di riprendere uno sport in cui c’è molto contatto fisico e che si gioca al chiuso. Alla fine si era presa una decisione insolita.
Ventidue squadre sono state invitate a vivere, allenarsi e giocare nella “bolla”– l’accesso alla zona è severamente limitato – di Disney World, vicino a Orlando, in Florida, per cercare di portare a termine una stagione che alcuni, nell’Nba, temevano inizialmente non potesse essere salvata. Ogni squadra ha partecipato a tre amichevoli in vista del 30 luglio, il giorno i cui i New Orleans Pelicans incontreranno gli Utah Jazz dando inizio a un programma da 88 partite che porterà ai playoff. Quello del 22 luglio è quindi stato un test – sia per la Nba sia per i giocatori – per quella che molti considerano l’iniziativa più ambiziosa mai intrapresa nella storia di questa lega.
Persone e robot
“Quando capisci come funziona davvero, ti viene da pensare che i giocatori non saranno mai in condizioni così confortevoli”, sostiene Doc Rivers, l’allenatore dei Clippers. “Sono arrugginiti, ma sono tornati nel loro ambiente naturale”.
La ripresa dell’Nba è stata piena di stranezze, con quarti di gioco da dieci minuti l’uno invece dei classici dodici, lunghi periodi di silenzio durante i tiri liberi e musica e rumori artificiali per riprodurre il tifo e riempire il vuoto sonoro. L’atmosfera ha inevitabilmente ricordato quella del mini-campionato che va in scena ogni estate a Las Vegas, ma la prima partita di pallacanestro giocata nella bolla sembra essersi svolta senza incidenti, con 22 punti segnati da Lou Williams e 18 da Paul George, migliori marcatori tra i Clippers. Nikola Vucevic ha segnato 18 punti e 10 rimbalzi per i Magic.
L’Nba ha sposato pienamente questa sua atmosfera da nuovo inizio, a giudicare dai numerosi cartelli che, in tutto l’edificio, riportano lo slogan #WholeNewGame,un gioco tutto nuovo. Senza il baccano dei tifosi si riesce spesso a sentire le conversazioni tra giocatori, nei momenti in cui dagli altoparlanti del palazzetto non provenivano suoni preregistrati o gli occasionali cori “de-fense, de-fense”.
“Non c’è l’energia del pubblico, quindi l’energia dovrà venire dai giocatori”, dice Joakim Noah, centro titolare dei Clippers nella partita del 22 luglio. A seguire la partita c’erano circa duecento persone: i membri delle due squadre, le persone che si occupano di far svolgere la partita (arbitri, segnapunti, personale di servizio), tre operatori in carne ossa addetti alle riprese – a sostegno di una serie di telecamere robotiche – e il piccolo contingente di giornalisti ammessi ad assistere.
Il principale impianto di gara, tra i tre usati per la ripresa della stagione, è l’Espn Wide World Sports Complex, una struttura da ottomila spettatori nota semplicemente come “the Arena”. Dietro questo nome anonimo si celano le complesse misure di sicurezza e le innovazioni tecnologiche che l’Nba ha disposto per cercare di proteggere i partecipanti dal covid-19 e che, con un po’ di fortuna, compenseranno la perdita d’atmosfera dovuta all’assenza di tifosi.
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— Marc Stein (@TheSteinLine) ?
Nei tre lati dell’arena visibili al pubblico televisivo ci sono molti schermi video, in particolare dietro a entrambi i canestri. Le panchine delle squadre sono state sostituite da tre file di sedie rialzate e disposte in modo da rispettare la distanza di sicurezza, con posti assegnati a ogni giocatore. Anche le sedie al tavolo dove si segnano i punti, posto tra le due panchine e protetto da pannelli di plexiglass, sono disposte per favorire il distanziamento sociale, e lo stesso succederà nel settore stampa per i giornalisti.
Prima dell’amichevole del 22 luglio non è stato diffuso l’inno nazionale degli Stati Uniti ma la frase Black lives matter è presente in tutti e tre gli impianti di gioco, incisa sul campo da gioco a grandi lettere, di fronte al tavolo dei segnapunti.
Tra gli ammiratori di quest’estetica c’è Evan Fournier, giocatore francese degli Orlando Magic. Dopo essersi riscaldato prima dell’amichevole – con i pannelli video che proiettavano costantemente messaggi come “AND 1” e “AIRBALL” nel campo visivo dei giocatori, Fournier ha scritto su Twitter che gli sembrava di essere stato catapultato nel videogioco NBA 2K. Ha anche incluso un “très lourd” nel suo tweet che, in questo contesto, è un’espressione gergale che indica grande ammirazione.
I dirigenti della lega hanno dato istruzione ai giocatori di presentarsi “con aspetto pulito e in ordine” al momento dell’arrivo nel palazzetto, e gli ha comunicato che potranno farsi la doccia solo una volta tornati in albergo dopo la partita.
Prima della partita Rivers e Clifford, l’allenatore degli Orlando Magic, hanno discusso a lungo su alcuni dei concetti sui quali speravano di lavorare durante l’amichevole. Entrambi hanno convenuto, per esempio, di schierare per alcuni momenti una difesa a zona. Gli allenatori e i loro tre assistenti che siedono in panchina non hanno indossato mascherine durante la partite, al contrario di tutti gli altri membri dello staff, seduti dietro di loro.
L’amichevole tra Washington Wizards e Denver Nuggets, disputata nel HP Field House – un palazzetto poco distante e più piccolo – è cominciata mezz’ora dopo quella tra Magic e Clippers. A causa dei molti infortuni e dell’indisponibilità di alcuni giocatori, l’allenatore di Denver, Mike Malone, ha schierato il suo miglior giocatore, il centro serbo Nikola Jokic, come guardia titolare, in una quintetto extra large nel quale erano presenti solo ali (Paul Millsap) e centri (Mason Plumlee e Bol Bol). In un’era in cui tutti gli allenatori tendono a schierare formazioni con giocatori più piccoli, è probabile che Malone non avrebbe mai fatto delle scelte simili in una partita con una posta in palio, ma i giocatori hanno trovato una qualche forma di normalità nonostante tutte le novità del 22 luglio.
“Si sente che la stagione sta ricominciando”, dice Ish Smith, guardia di Washington. “Penso che i ragazzi stiano entrando in ritmo, e sanno che si ricomincia a fare sul serio”.
(Traduzione di Federico Ferrone)
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