In India il caos delle rupie non intacca la popolarità di Narendra Modi
La storia di Birja è emblematica, e apparentemente contraddittoria. Birja ha 32 anni, fa la domestica a New Delhi e, come più di un miliardo di indiani, ha visto i suoi risparmi in contanti evaporare quando a novembre il governo ha improvvisamente ritirato le banconote da cinquecento e mille rupie, le più usate.
“I poveri come me sono nei guai”, dice Birja. Due dei suoi datori di lavoro sono riusciti a pagarla solo con valuta scaduta, da depositare o cambiare con banconote nuove in banca. Ma, spiega, “io non ho un conto in banca”. La donna non può nemmeno fare ore di fila agli sportelli. “Si arrabbierebbero tutti”, dice parlando dei suoi datori di lavoro. “Me lo metterebbero in conto come un giorno di vacanza”.
L’8 novembre il primo ministro Narendra Modi aveva pregato gli indiani di concedergli cinquanta giorni per sostituire 22 miliardi di banconote ritirate dal sistema. Il 31 dicembre il tempo è scaduto ma la maggior parte dei bancomat del paese è ancora vuota e la gente come Birja è in difficoltà. “Mio marito è un conducente di risciò e guadagna 300 rupie (4,2 euro) al giorno”, dice. “Nell’ultima settimana, però, non ha preso niente”.
Ma incredibilmente il sostegno alla manovra di Modi, soprattutto tra le persone a cui è costata di più, sembra intatto. “Voterò di nuovo per lui”, dice Birja. “Lo fa per i poveri. Se il denaro in nero esce dal mercato sarà meglio per tutti”.
La demonetizzazione è stata un’operazione raffazzonata
Quando era governatore del Gujarat, uno degli stati più ricchi dell’India, Modi si è guadagnato una reputazione da bravo amministratore. Ma la demonetizzazione, pianificata a quanto pare in segreto da un gruppetto di burocrati nella residenza di Modi, è stata un’operazione raffazzonata. A causa delle modifiche grafiche alle nuove banconote si sono dovuti riconfigurare tutti i 220mila bancomat del paese e la ristampa delle banconote per un valore equivalente a quello delle banconote ritirate non sarà completata prima di metà febbraio.
I pagamenti digitali sono aumentati, ma non bastano ad alleviare i problemi di un paese dove il 40 per cento delle transazioni avviene “al di fuori del sistema bancario formale”, secondo le stime del governo.
“Lo shock è stato forte e diffuso”, afferma Anil Bhardwaj, segretario generale della Federazione delle micro, piccole e medie imprese indiane. L’economia in contanti rappresenta il 45 per cento del pil indiano e interessa l’80 per cento dei lavoratori del paese. “È qui che l’impatto è stato maggiore”, afferma Bhardwaj. “Perché quantità sempre maggiori di contanti servono per pagare le materie prime e gli stipendi agli operai. E poi, naturalmente, i clienti pagano i prodotti in contanti”.
A New Delhi c’è stato un esodo del 60 per cento della forza lavoro migrante, che nei cantieri e nelle fabbriche della capitale è retribuita in contanti. Dalle zone rurali arrivano notizie di un ritorno al baratto e al credito. Gli economisti hanno ridotto dal 7,8 per cento (il tasso più alto tra le principali economie mondiali) al 6,5 per cento le previsioni di crescita del paese per il trimestre.
Inoltre, la demonetizzazione potrebbe non aver portato alla luce la quantità di denaro sommerso prevista. Se è vero che le operazioni di alcune reti criminali, in particolare dei trafficanti di esseri umani, sembrano aver subìto una battuta d’arresto, è anche vero che è stato restituito alle banche il 90 per cento circa delle banconote invalidate in circolazione, una quantità molto superiore alle previsioni del governo. Questo vuol dire o che gli indiani nascondevano meno ricchezza sommersa di quanto si pensasse o che i risparmi vengono investiti in proprietà immobiliari o convertiti in oro, e non conservati in denaro liquido.
Un capitale politico enorme
Pochi leader democratici sopravvivrebbero a un pasticcio simile. Dall’annuncio della misura non sono stati condotti sondaggi sulla popolarità di Modi, ma i disordini pubblici sono stati relativamente limitati e i mezzi d’informazione indiani non hanno faticato a trovare sostenitori della demonetizzazione, perfino tra chi faceva la fila davanti alle banche.
Il partito di Modi, il Bharatiya janata party (Bjp), a novembre ha perfino vinto in diverse elezioni locali. “Questo la dice lunga sull’enorme capitale politico di Modi”, afferma Prashant Jha dell’Hindustan Times. A metà mandato, la popolarità del premier indiano è ancora enorme, e a settembre si attestava all’81 per cento, secondo un sondaggio condotto dal centro di ricerche Pew.
Il provvedimento politico e le difficoltà che ha generato sono stati inquadrati in modo magistrale, sostiene il biografo di Modi, Nilanjan Mukhopadhyay. “Modi ha presentato l’idea della demonetizzazione come un atto di moralità”. Mukhopadhyay ha ricordato il modo in cui Modi, nel primo discorso dopo la demonetizzazione, era apparso sul punto di scoppiare a piangere davanti alla folla a Goa. In quell’occasione aveva detto di aver abbandonato “la casa, la famiglia, tutto quanto per la nazione”. E aggiunto: “Le forze a me ostili potrebbero non consentirmi di sopravvivere”.
“Indossava un manto di moralità, presentandosi come se si fosse elevato al di sopra delle sue ambizioni personali per il bene della nazione, invitando gli indiani a compiere qualche piccolo sacrificio”, racconta Mukhopadhyay. “Ha chiesto loro di partecipare al processo di costruzione della nazione facendo la fila davanti alle banche”.
Il giudizio delle urne
La demonetizzazione è stata descritta come un colpo decisivo contro le élite che approfittano della corruzione endemica in India, che è fonte di profondo risentimento tra le classi più povere e con qualche ambizione, costrette a pagare tangenti per ricevere i servizi di base dal governo. “Ecco perché la maggioranza dei poveri è ancora a favore del provvedimento”, dice Bhardwaj. “Nonostante le difficoltà, la ritengono una misura equa e sono contenti che almeno un leader politico potente abbia preso una decisione che fa tremare le élite”.
Il giudizio più eloquente sullo schema arriverà quando si terranno le elezioni in Uttar Pradesh, lo stato più grande dell’India. Con una popolazione pari a quella del Brasile, offre un numero sufficiente di seggi per mettere in sicurezza o affossare il resto delle politiche di Modi.
Secondo il giornalista politico Sharat Pradhan, il voto potrebbe rafforzare Modi. “Nello stato la demonetizzazione ha creato un divario tra ricchi e poveri”, dice. “I più poveri sembrano trarre una sorta di piacere indiretto pensando: ‘Sto affrontando delle difficoltà, ma tutta la ricchezza sommersa che i ricchi hanno accumulato con mezzi sospetti è sparita”. Se queste persone continueranno a pensarla così una volta che i soldi ricominceranno a circolare, il futuro di Modi sarà al sicuro.
“Modi ha raggiunto una fama che va oltre le sue reali qualità”, dice Pradhan. “E in gran parte è legata alla demonetizzazione. Tutti sanno che è lui l’artefice”.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
Quest’articolo è stato pubblicato sul quotidiano britannico The Guardian e a pagina 30 di Internazionale il 6 gennaio 2017. _Compra questo numero__|_ _Abbonati_