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Cina e India continuano la diplomazia dei vaccini

L’arrivo di un carico di vaccini donato dall’India a Kabul, Afghanistan, 7 febbraio 2021. (Hedayatullah Amid, Epa/Ansa)

Mentre in Europa occidentale imperversa la “guerra dei vaccini”, una lotta per impedire l’esportazione delle dosi, in un’altra parte del mondo si fa a gara per donarle.

La settimana scorsa un principe del Bahrain e il suo seguito sono arrivati in Nepal per scalare il monte Everest. Con sé avevano attrezzature per arrampicata, provviste e, con grande sorpresa delle autorità di controllo di Kathmandu, dosi di vaccino anticovid sufficienti per mille persone.

Per il Bahrain il vaccino era un “gesto d’amicizia” nei confronti degli abitanti di un villaggio che avevano di recente cambiato il nome di alcune alture in onore dei membri della famiglia reale dello stato del Golfo. Il viaggio era stato coordinato con l’ambasciata del Nepal a Manama, ma i funzionari del ministero della salute nel paese himalayano la pensavano diversamente e hanno confiscato le dosi di Sinopharm all’aeroporto. “Non c’è stato un adeguato coordinamento”, ha dichiarato all’Observer un portavoce del ministero. “In generale è vietato far entrare nel paese vaccini non autorizzati”.

Corsa alle donazioni
Il dono non andato a buon fine è la vicenda più insolita di una vera e propria corsa alle donazioni di vaccini che sta attraversando tutta l’Asia meridionale.

Nell’ultimo decennio la Cina ha incrementato i suoi rapporti con lo Sri Lanka, le Maldive, il Bangladesh e altri stati tradizionalmente considerati sotto la sfera di influenza dell’India.

In qualche occasione le rivalità tra Delhi e Pechino si sono manifestate in impasse ad alta quota tra i loro eserciti, ma negli ultimi mesi hanno assunto la forma di una gara a spedire dosi di vaccino per il covid-19 in giro per il mondo.

Grazie alla sua straordinaria capacità di produrre vaccini e a una licenza per produrre la formulazione di AstraZeneca, l’India ha potuto donare quasi 60 milioni di dosi; le casse arrivano nelle capitali straniere con il messaggio: “Dono del popolo e del governo dell’India”.

Crescono le pressioni affinché maggiori quantità di dosi siano trattenute nei rispettivi paesi

“Quando sono cominciate le vaccinazioni nei paesi occidentali, nei nostri paesi le persone erano preoccupate di non poter ricevere le dosi”. Così ha dichiarato Palitha Abeykoon, presidente dall’Associazione medica dello Sri Lanka, a febbraio, quando a Colombo arrivavano le prime dosi fabbricate in India. Con il primo lotto ne sono state consegnate circa 500mila. “Basteranno per tutti gli operatori sanitari in prima linea”.

La Cina ha dichiarato di voler inviare i suoi vaccini sotto forma di aiuti a 69 paesi; ad altri 28 paesi li vende nel quadro di accordi che potrebbero costituire un’entratura per le sue aziende farmaceutiche in regioni di solito dominate da produttori di statunitensi, tra cui il Medio Oriente e l’America Latina.

Favorire la richiesta interna
Secondo gli analisti di Delhi, le donazioni indiane sono al tempo stesso strategicamente accorte e realistiche. Come la maggior parte dei paesi, l’India non aveva mai intrapreso una campagna vaccinale ampia come quella contro il covid-19. Ci ha messo qualche settimana a potenziare l’infrastruttura vaccinale, di solito rivolta ai bambini e alle donne in gravidanza, per renderla adeguata a servire più di 1,3 miliardi di persone.

Nel frattempo i produttori indiani, tra cui il Serum Institute, sfornavano circa 2,5 milioni di dosi di vaccino anticovid al giorno, conferendo a Delhi ampi margini per gesti di munificenza.

Osservando le mosse della Cina, lo scorso fine settimana un nascente partenariato tra Giappone, Australia, Stati Uniti e India – che hanno definito il loro gruppo Quad – ha presentato un piano per espandere ulteriormente la capacità produttiva indiana, con la prospettiva di distribuire i vaccini nell’Asia sudorientale, altra area al centro di contese geopolitiche.

Il programma indiano di maitri (amicizia) del vaccino è stato incessantemente lodato dai media nazionali. Mentre sia in India sia in Cina cominciano le vaccinazioni di massa, crescono però le pressioni affinché una maggiore quantità di dosi vengano trattenute nel paese. Il Regno Unito ha confermato che il suo programma vaccinale prevedeva pesanti carenze nelle prossime settimane, a causa del ritardo di una consegna di dosi provenienti dal Serum institute.

Una fonte autorizzata a parlare per conto del sito di produzione con sede a Pune, nell’India occidentale, ha riferito che cinque milioni di dosi destinati al Regno Unito erano trattenute per rispondere a una più forte domanda di dosi in India, dove sta montando una seconda ondata del virus.

Anche la Cina si è data come obiettivo la vaccinazione del 40 per cento della sua popolazione, un numero enorme che imporrà un’accelerazione nella somministrazione delle dosi pari a più di sei volte il ritmo attuale, secondo i dati attualmente disponibili. Questo incremento potrebbe implicare un ritardo negli invii di vaccini all’estero.

Entrambi i giganti asiatici hanno esaltato i benefici della loro diplomazia vaccinale, ma con il protrarsi della pandemia i rischi potrebbero farsi più evidenti. “Non sono contrario alla nostra diplomazia dei vaccini anticovid, ma dov’è il mio vaccino?”, ha scritto su Twitter la scorsa settimana il ricercatore indiano Happymon Jacob. “Perché la farmacia del mondo non è in grado di fornire i vaccini ai suoi cittadini?”.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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