I piccoli pescatori lasciati a terra dalla pandemia e dai sussidi europei
Nell’aprile 2020 l’Europa ha subìto in pieno la prima ondata della pandemia di covid-19. La maggioranza della popolazione del vecchio continente è stata sottoposta a un rigido confinamento. Un colpo duro per il settore della pesca, che ha visto le sue imbarcazioni costrette a rimanere in porto, e i suoi lavoratori e le sue lavoratrici costretti all’inattività. Per i piccoli pescatori che fanno già fatica a sopravvivere economicamente, la perdita di fatturato si annunciava fatale.
Davanti al profilarsi di questa crisi economica, la Commissione europea aveva proposto il 2 aprile 2020 di modificare le regole dei fondi europei per gli affari marittimi e la pesca (Feamp) per sbloccare con urgenza dei sussidi per il fermo temporaneo dei lavoratori marittimi. Da questo era sorto un regolamento che ha lasciato ogni stato membro libero di decidere i criteri di attribuzioni di questi aiuti legati al covid-19. I pesi massimi del settore ittico si sono gettati a capofitto su questa manna provvidenziale di denaro pubblico.
Primo arrivato, primo servito
In Francia, un paese che detiene una delle flotte più consistenti dell’Unione europea, le aziende di pesca industriale si sono appropriate in massa di queste indennità legate al covid-19, a danno dei piccoli pescatori. Nei Paesi Bassi, lo stato membro che possiede le più grandi imbarcazioni industriali d’Europa, 254 navi di grossa taglia avrebbero ottenuto in modo scorretto quasi sei milioni di euro di sussidi.
Il ministero francese della pesca ha pubblicato il 29 aprile 2020 il decreto che specifica le condizioni necessarie, per i dipendenti del settore, per beneficiare di queste indennità legate al covid-19.
I piccoli pescherecci, pur rappresentando oltre il 70 per cento della flotta francese, hanno ricevuto solo il 5,4 per cento del totale dei sussidi Ue
Ma secondo un recente studio scientifico condotto da Bloom, una ong impegnata contro la distruzione degli oceani e dei pescatori, il testo, che si fonda tra l’altro sul principio del “primo arrivato, primo servito”, è stato estremamente favorevole ai grandi gruppi industriali che, grazie alle notevoli risorse amministrative di cui dispongono, hanno potuto preparare rapidamente le domande ammissibili, a differenza delle piccole imprese, che non dispongono di pari competenze umane e giuridiche. Il risultato? “Poche aziende organizzate sono riuscite ad accaparrarsi la maggior parte delle sovvenzioni richieste, mentre la grande maggioranza dei pescatori francesi non ha presentato domanda (o l’ha fatto senza successo)”, afferma Bloom
I piccoli pescherecci di lunghezza inferiore ai dieci metri, pur rappresentando oltre il 70 per cento della flotta francese, hanno ricevuto solo il 5,4 per cento del totale dei sussidi Ue concessi alla Francia, pari a ottocentomila euro. Inoltre l’82,5 per cento delle compensazioni legate al covid-19 è stato intercettato da pescherecci che usano metodi di pesca distruttivi per gli ecosistemi marini, come la pesca a strascico, quella con draghe e quella con reti a circuizione.
Queste pratiche di pesca sono note per essere le più catastrofiche per la biodiversità, perché rastrellano i fondali o perché sono così efficienti da ridurre le popolazioni di specie marine in brevissimo tempo. Le flotte francesi che usano queste tecniche di pesca distruttive degli ecosistemi hanno ricevuto un risarcimento totale di 12,2 milioni di euro nel quadro degli aiuti per il covid-19. Sette aziende che rappresentano meno dell’1 per cento della flotta francese, cioè circa cinquanta imbarcazioni, hanno ricevuto il 28,5 per cento di tutti i risarcimenti.
Un’importante tonniera di quasi novanta metri di lunghezza, che usa un metodo di pesca devastante, che circonda e concentra i pesci – la rete da circuizione (ocianciolo) – ha ricevuto l’assegno più consistente: 272.425 euro di aiuti pubblici. La tonniera appartiene alla Sapmer, un gruppo industriale con sede nell’isola della Réunion, e che è storicamente l’azienda che si occupa di pesca grossa nelle acque delle Terre australi e antartiche francesi. L’azienda appartiene a Jacques d’Armand de Chateauvieux, erede degli zuccherifici borbonici e oggi una delle maggiori fortune francesi. “L’indennizzo legato al covid-19 e ricevuto da questa sola imbarcazione equivale a più di un terzo della somma pagata a tutti i pescherecci di lunghezza inferiore ai dieci metri”, spiega Frédéric Le Manach, direttore scientifico di Bloom.
Contattata da Mediapart, il ministero francese per il mare ha dichiarato: “Dal momento che le aziende più grandi sono direttamente colpite dalle perturbazioni del settore, non è insolito che abbiano fatto maggiore appello allo stato per superare questa crisi”. E ha aggiunto: “Poiché dalle imbarcazioni più grandi dipende il maggior numero di posti di lavoro, hanno naturalmente richiesto questo aiuto su grande scala”. Un’affermazione che non tiene conto del fatto che la piccola pesca è responsabile da sola del 52 per cento dell’occupazione dell’intero settore in Francia.
Fuori controllo
Se la Francia è nota per l’accaparramento di aiuti pubblici a vantaggio dell’industria della pesca intensiva, i Paesi Bassi sono stati responsabili, in varia misura, di massicce frodi sui sussidi. “I Paesi Bassi hanno come specificità quella di aver acquisito le più grandi flotte industriali del continente europeo”, continua Frédéric Le Manach. “È un paese dove il settore della pesca ha sempre fatto ricorso a stratagemmi per quanto riguarda le dimensioni del pesce pescato, la potenza dichiarata del motore dell’imbarcazione, le dimensioni delle reti da pesca e così via. In breve, la frode è una componente chiave del modello d’affari su cui si fonda la forza della pesca industriale dei Paesi Bassi”.
In questo paese le condizioni di concessione della sospensione temporanea delle attività sono state fissate da un’ordinanza ministeriale del 13 maggio 2020. Il governo dei Paesi Bassi ha imposto, nei suoi criteri, che solo le imbarcazioni di lunghezza superiore ai 12 metri possano beneficiare degli aiuti. Questa condizione ha di fatto favorito le imbarcazioni industriali, quando di fatto la piccola pesca costiera rappresenta il 41 per cento della flotta del paese. Un altro criterio per la concessione degli aiuti era che l’indennizzo fosse erogato a condizione di dimostrare periodi di sospensione delle attività di sette giorni consecutivi, e che l’importo massimo concesso per nave fosse di 44mila euro.
Per dimostrare ogni settimana trascorsa senza lavorare, i pescatori neerlandesi dovevano tenere acceso il sistema di monitoraggio satellitare (vms) delle loro imbarcazioni per tutto il periodo di compensazione, che andava da maggio a dicembre 2020. Tuttavia, dal momento che i dati dei vms non sono pubblici, Mediapart e Bloom hanno preso in considerazione un altro dispositivo di geolocalizzazione, il sistema automatico d’identificazione (ais). I dati raccolti con gli ais sono facilmente disponibili, e secondo la legislazione europea questo strumento di sorveglianza obbligatorio deve essere operativo giorno e notte per qualsiasi imbarcazione di lunghezza superiore a quindici metri.
Dei 269 pescherecci olandesi che hanno ricevuto aiuti pubblici legati al covid-19, 254 hanno potuto essere tracciati con questo sistema per tutto il periodo di compensazione. E i risultati sono chiari.
In primo luogo, stando ai dati ais, solo il 5 per cento delle imbarcazioni industriali – appena 12 in totale – ha soddisfatto le due condizioni stabilite dai Paesi Bassi per ricevere il risarcimento legato al covid-19, e cioè l’obbligo di giustificare periodi di inattività di sette giorni consecutivi e quello di tenere sempre acceso uno strumento di geolocalizzazione. Per queste 12 imbarcazioni, i periodi di riposo visualizzati con gli ais corrispondono alle settimane per le quali viene pagata la compensazione.
“Le autorità pubbliche sono diventate un sarto su misura per un settore impegnato a sfruttare gli oceani oltre ogni limite”
Sul 95 per cento dei pescherecci che non hanno rispettato la normativa, ovvero 242 imbarcazioni, incrociando i dati di alcuni mercati ittici neerlandesi – segno che i prodotti della pesca sono stati venduti da questi pescherecci nel bel mezzo della pandemia – e le geolocalizzazioni degli ais, è emerso che almeno 145 pescherecci sono responsabili di raggiri, poiché non si sono effettivamente fermati durante le settimane per le quali hanno ricevuto una compensazione.
Le altre imbarcazioni avevano acceso a intermittenza i loro sistemi ais. Questa pratica è contraria alla legislazione europea e rende più difficile sapere se erano all’ormeggio oppure in mare. Tuttavia solo 25 di queste imbarcazioni ha avuto gli ais accesi per un tempo sufficiente a dimostrare che siano rimaste inattive. Di tutte queste imbarcazioni, 72 potrebbero essere sospettate di illecito poiché i loro ais erano operativi troppo sporadicamente per dimostrare i periodi di ormeggio. In sintesi il 95 per cento della flotta peschereccia dei Paesi Bassi che ha ricevuto compensazioni legate al covid-19 non avrebbe rispettato le regole in varia misura e ricevuto indebitamente un totale di 5,8 milioni di euro di aiuti pubblici.
“Il decreto francese e quello neerlandese sulle condizioni necessarie alla concessione degli aiuti covid-19 ci dimostrano che non c’è complicità ma una ‘consanguineità’ tra gli stati e le loro flotte industriali”, spiega Claire Nouvian, fondatrice di Bloom e vincitrice del Goldman Environmental Prize 2018. “Il funzionamento dell’industria della pesca è talmente dipendente dagli aiuti pubblici che il settore è penetrato in ogni passaggio del processo decisionale interno agli stati e alle istituzioni europee per monopolizzare le sovvenzioni. Questo ha fatto sì che le autorità pubbliche diventassero un sarto su misura per il desiderio del settore di sfruttare gli oceani oltre ogni limite”.
Un’altra conclusione dei dati analizzati da Mediapart e Bloom è che l’importo massimo di 44mila euro è stato concesso quasi quaranta volte a imbarcazioni che praticano quasi esclusivamente le tecniche, ecologicamente dannose, della pesca a strascico e delle reti a circuizione.
Ancora peggio, il 29 per cento degli aiuti legati al covid-19 è stato versato a pescherecci che usavano ancora la pesca elettrica. Sebbene questo metodo industriale distruttivo sia stato progressivamente vietato nell’Ue a partire dal 2019, i Paesi Bassi sono stati gli unici nell’Ue ad avvalersi di deroghe per poter usare questa tecnica prima che fosse definitivamente vietata nel 2021.
Sollecitato da Mediapart, il ministero olandese responsabile della pesca ha dichiarato che “non abbiamo motivo di presumere che si siano verificate frodi su larga scala. […] Viene monitorata la legalità di tutte le sovvenzioni covid-19 assegnate. Se si scopre che le condizioni non sono soddisfatte, saranno adottate misure. Per ora, non c’è motivo di farlo”.
“Francia e Paesi Bassi hanno una lunga tradizione di controllo sugli oceani. Nel diciassettesimo secolo i Paesi Bassi erano la prima potenza economica mondiale grazie alla loro supremazia marittima”, osserva Claire Nouvian. “Questa egemonia storica fa sì che la cultura produttivista dei giganti della pesca abbia permeato ogni cosa, dai ministeri ai corsi di formazione per le professioni marittime. Per quanto riguarda la protezione degli oceani, che è una questione essenziale per il clima e per la biodiversità, ci vorranno grandi sforzi per liberarsi delle resistenze filoindustriali all’interno dei poteri pubblici”.
Il 1 luglio si conclude a Lisbona la conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani, che ha l’obiettivo di “arrivare a soluzioni collettive per salvare i polmoni blu del pianeta, messi in pericolo dalle attività umane”.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sul giornale online francese Mediapart.