L’arrivo dei migranti a Ceuta ha radici nel Sahara Occidentale
Considerate dai marocchini come “città occupate”, Ceuta e Melilla, le due enclave spagnole sulla costa settentrionale del Marocco, sono gli unici confini terrestri dell’Unione europea con l’Africa. Per decenni il Marocco ha accettato di interpretare il ruolo del poliziotto cattivo nella lotta all’immigrazione illegale, ma lunedì 17 maggio ha deciso diversamente.
Nella notte tra il 16 e il 17 maggio Rabat ha aperto le paratoie migratorie lasciando passare ottomila migranti, per lo più marocchini. Dall’alba, e poi per tutta la giornata, davanti a una polizia marocchina passiva o a gitanti distratti, una marea umana – giovani uomini, donne, bambini, intere famiglie – ha invaso questo piccolo pezzo di Europa in Africa, arrivando sulla spiaggia a piedi, nuotando in mare, a volte aiutandosi con materassini gonfiabili o gommoni, o passando sulle montagne.
Il premier socialista spagnolo, Pedro Sánchez, che deve affrontare le critiche dell’estrema destra, che sta cercando di strumentalizzare la crisi, ha annullato un viaggio in Francia (era atteso al vertice sul finanziamento delle economie africane) per andare a Ceuta con la promessa di “ristabilire l’ordine”. In questo ha il sostegno di leader politici come il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Il 19 maggio la Spagna ha annunciato di aver rimandato in Marocco almeno 5.600 di quelle ottomila persone.
Senza precedenti per le dimensioni e per le immagini impressionanti, questa ondata umana è il culmine di una profonda crisi diplomatica tra Marocco e Spagna, per cui si accumulano le dispute sullo statuto delle enclave, sulle risorse naturali e la pesca. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il Sahara Occidentale, la causa sacra per Rabat.
Alla fine di aprile un ospedale di Logroño, nel nord della Spagna, ha accolto il leader degli indipendentisti sahrawi del Fronte Polisario, Brahim Ghali, suscitando le ire del Marocco. Malato di cancro e affetto da una forma grave di covid, l’uomo di 70 anni, odiato dalle autorità marocchine, è arrivato nella penisola iberica di nascosto, a bordo di un aereo allestito a ospedale noleggiato dalla presidenza algerina, con un passaporto diplomatico rilasciato con un nome falso. Cosa che ha fatto ulteriormente arrabbiare Rabat.
“Quando si tratta di tramare con l’Algeria e il Polisario, il Marocco non interessa a nessuno. Ma quando si parla di migrazione o terrorismo torna a essere importante”, si era lamentato all’inizio di maggio con l’agenzia di stampa spagnola Efe il ministro degli esteri marocchino, Nasser Bourita, ricordando la lealtà del Marocco e il tradimento della Spagna. “Quando la Spagna ha dovuto fare i conti con il separatismo (catalano), il Marocco è stato molto chiaro ai massimi livelli. Abbiamo rifiutato qualsiasi contatto e interazione con i catalani e abbiamo informato i nostri partner di Madrid”.
Forme di pressione
Pur di imporre la sua sovranità sul Sahara Occidentale, il Marocco non teme di mettere in pericolo le relazioni con il suo primo partner commerciale, lo stesso paese che ha colonizzato questo vasto territorio desertico fino al 1976, scatenando un conflitto politico e militare che negli ultimi quindici anni ha causato quasi mille vittime.
Tra il Fronte Polisario, che intende rappresentare il popolo sahrawi e combatte, armi alla mano, con l’appoggio dell’Algeria per rivendicare l’autodeterminazione del Sahara Occidentale, e l’esercito di Rabat, che difende l’appartenenza del territorio alla nazione marocchina, fu concluso un cessate il fuoco sotto gli auspici delle Nazioni Unite nel 1991.
Rabat sta ora aspettando che l’Europa segua le orme dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump che, in un sussulto di fine mandato, ha riconosciuto la sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale, in cambio della normalizzazione delle relazioni del regno con Israele. E a questo scopo tutte le forme di pressione sembrano buone, compresa la strumentalizzazione della sofferenza (aggravata da un anno di pandemia) dei suoi cittadini, che sono pronti a emigrare e a rischiare la vita per raggiungere l’Eldorado europeo.
Il tempo stringe in Marocco, tanto più che il palazzo reale ha deciso di correre il rischio di alienarsi le simpatie del popolo, vicino alla causa palestinese, firmando l‘“accordo del secolo” con Israele. Ma quest’accordo potrebbe rivelarsi un boomerang oggi che il conflitto tra israeliani e palestinesi si è riacceso con violenza. Il re ha dovuto infatti rivedere le regole sulla sicurezza e autorizzare le manifestazioni filopalestinesi in diverse grandi città del paese.
Se la Francia sarebbe anche disponibile, dietro le quinte, ad accettare che il Sahara Occidentale diventi marocchino, la Germania non è affatto favorevole e l’ha detto forte e chiaro. Berlino ha criticato la decisione statunitense e il Marocco, in risposta, ha sospeso le relazioni diplomatiche il 1 marzo. I tedeschi hanno imparato la lezione. Per non aggiungere benzina sul fuoco, all’inizio di maggio si sono rifiutati categoricamente di accogliere nei loro ospedali Brahim Ghali. E, alla fine, il suo aereo privato è finito in Spagna.
(Traduzione di Stefania Mascetti)
Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta le ultime notizie sulle migrazioni. Ci si iscrive qui.