Il monopolio di Amazon
Il 16 giugno Amazon ha annunciato che stava acquistando la catena di cibo biologico Whole Foods Market per 13,7 miliardi di dollari. Un’ora dopo le azioni di Amazon erano cresciute del 3 per cento, facendo salire di 14 miliardi di dollari il valore dell’azienda. In pratica Amazon ha comprato la sesta catena di supermercati degli Stati Uniti senza sborsare un centesimo.
Come ha scritto il giornalista finanziario Ben Walsh su Twitter, è il contrario di quello che succede di solito – il valore azionario di un’azienda tende a scendere dopo un’acquisizione importante – ed è il segnale che gli investitori sono ormai convinti che con Amazon succede qualcosa di strano. Ma cosa?
Analizzando la cosa in modo lineare, con l’acquisto della Whole Foods, Amazon è entrata nel mercato dei negozi di alimentari, che vale 700 miliardi di dollari. Sono anni che Jeff Bezos, presidente e amministratore delegato dell’azienda, cerca di accaparrarsene una fetta: ha aperto il servizio di consegna di cibo a domicilio Amazon Fresh, diversi negozi a marchio Amazon a Seattle, e ora ha comprato la Whole Foods Market, uno dei marchi più famosi del settore.
Non vende solo prodotti, li realizza. Non si limita a distribuire prodotti dai suoi server, ma li affitta ad altri
Ma Amazon ha pagato una fortuna per acquistare la Whole Foods, e quindi il suo ingresso in un nuovo settore non basta a spiegare la crescita del suo valore azionario. Questa crescita, invece, sembra suggerire qualcosa di più oscuro: un’enorme quantità di potere economico è ormai nelle sue mani, e gli investitori sono convinti che l’azienda stia distruggendo la concorrenza.
Come rivenditore online di prodotti per la pulizia e accessori domestici, Amazon fa concorrenza a Walmart, Target e Bed, Bath & Beyond. Come rivenditore di scarpe e vestiti fa concorrenza a Dsw, Foot Locker e Gap. Come distributore di musica, libri e televisione è un concorrente di Apple, Netflix e Hbo. Nell’ultimo decennio Amazon ha comprato anche il più grande rivenditore indipendente di scarpe online, il più grande rivenditore indipendente di pannolini online e il più grande rivenditore indipendente di fumetti online.
E ha avuto successo in quasi tutti questi settori. L’anno scorso ha venduto online sei volte più di Walmart, Target, Best Buy, Nordstrom, Home Depot, Macy’s, Kohl’s e Costco messi insieme. Ad Amazon è dovuto inoltre il 30 per cento della crescita nelle vendite al dettaglio degli Stati Uniti, sia online sia fisiche.
Eppure il suo dominio va ben oltre la vendita al dettaglio. Concede anche prestiti, pubblica libri, progetta vestiti e fabbrica hardware. Tre anni fa ha comprato Twitch.com, un servizio di video streaming valutato un miliardo di dollari. E oltre a tutto questo, controlla Amazon web services, un’attività da 12 miliardi di dollari che dà in affitto server, banda larga e potenza di calcolo ad altre aziende. Tra i clienti di Amazon web services ci sono Slack, Netflix, Dropbox, Tumblr, Pinterest e il governo federale degli Stati Uniti.
Si tratta, insomma, di un negozio universale. Non vende solo prodotti, li realizza. Non si limita a distribuire prodotti dai suoi server, ma li affitta ad altri. E ha spinto molti esperti e analisti a chiedersi: quand’è che Amazon diventerà un monopolio?
Nessuna concorrenza
“Per quanto riguarda il commercio, penso che oggi Amazon sia l’infrastruttura più importante dell’economia statunitense. E questo le dà un enorme potere”, dice Lina Khan, del gruppo Open Markets presso il gruppo di studi di centrosinistra New America.
A gennaio Khan ha scritto un articolo su The Yale Law Journal nel quale chiedeva una maggiore sorveglianza antitrust per Amazon.
In passato le critiche all’azienda si sono concentrate sulla funzionalità Marketplace, che permette ai piccoli negozi di vendere i loro prodotti su Amazon. Alcuni commercianti hanno accusato Amazon di usare in realtà Marketplace come un laboratorio: dopo aver raccolto i dati sui prodotti che vendono meglio, introduce sul mercato dei prodotti concorrenti che costano meno, e li mette in vendita sul suo sito.
Anche l’Institute for local self-reliance, un’associazione indipendente, ha criticato Amazon per questo comportamento, giudicandolo contrario alla concorrenza. “Controllando un’infrastruttura così importante, Amazon da una parte è concorrente di altre aziende, dall’altra stabilisce i termini secondo cui i suoi rivali possono accedere al mercato. Ad aver pagato il prezzo più alto ci sono le attività locali e i fabbricanti indipendenti”, si legge in un recente rapporto dell’istituto.
Ma più Amazon acquista potere economico, più crescono le preoccupazioni. “Amazon si è presentata ai consumatori come un venditore di libri”, mi dice Khan. “Ma poi è cresciuta, diventando un venditore per prodotti di ogni genere. E oggi è molto più di un venditore. Dal momento che distribuisce sempre più contenuti e produce sempre più beni, è in una condizione di conflitto d’interessi”.
In poche parole, ci si comincia a chiedere se Amazon non abbia troppo potere: controlla una fetta enorme del mercato delle vendite online e ha cominciato a espandersi anche al resto della filiera produttiva.
Amazon si è sempre rifiutata di commentare le questioni relative all’antitrust. Recentemente ha cominciato a cercare un economista da consultare a proposito di questioni legate alle leggi sulla concorrenza. Prima di novembre uno dei più decisi critici della sua posizione dominante era Donald Trump, il quale aveva lasciato intendere, durante la campagna presidenziale, che Jeff Bezos dovesse risolvere alcuni “problemi di antitrust”.
Trump non ha ancora nominato il capo della Federal trade commission, incaricata di valutare i termini dell’acquisizione prima che possa essere convalidata.
Quando gli Stati Uniti cominciarono a intervenire per garantire una concorrenza più equa tra le aziende, all’inizio del novecento, si concentrarono su due tipi di organizzazioni monopolistiche: quelle orizzontali e quelle verticali. Nel settore dell’acciaio, per esempio, un monopolio orizzontale acquista un gran numero di acciaierie, in modo da penalizzare gli altri concorrenti. Un monopolio verticale fa acquisti a tutti i livelli della filiera, comprando imbarcazioni, treni e miniere di carbone, sostanzialmente impedendo alle altre aziende di fargli concorrenza.
A metà del novecento, i regolatori concentrarono sugli accordi commerciali che potevano usare il loro controllo del mercato per gonfiare i prezzi per i consumatori. Ci fu un giro di vite sui cartelli e sugli accordi più informali di controllo del mercato o di scelta del prezzo, ma anche sui trust e sulle aziende che esercitavano un controllo monopolistico nel loro settore.
Verso la fine degli anni settanta, tuttavia, i giuristi hanno cominciato a sostenere che, per essere considerato tale, un comportamento monopolistico doveva provocare un aumento di prezzi per i consumatori. Regolatori e giudici hanno preso nota e hanno deciso di occuparsi con meno attenzione della struttura generale del mercato. E, osservando le scalate delle grandi aziende e le acquisizioni ostili dei primi anni ottanta, molti esperti si sono convinti che un’eccessiva grandezza sul mercato si sarebbe sempre risolta spontaneamente.
Questa convinzione ha cominciato a scricchiolare nell’ultimo decennio, in parte a causa di aziende come Amazon. Nei suoi primi dieci anni di attività Amazon raramente ha ottenuto dei profitti, ma gli investitori le hanno permesso di continuare a investire in infrastrutture e in quote di mercato. Il risultato finale è l’Amazon di oggi: un Moloch che produce magri profitti, ma che ha un valore azionario quasi duecento volte superiore ai suoi guadagni.
Khan e altri hanno lanciato appelli affinché l’attenzione si concentrasse meno sui prezzi di Amazon e più sul suo potere economico. “Nessuno oggi avrebbe da obiettare sul fatto che Amazon, nella sua forma attuale, è ottima per i consumatori. Ma la domanda è quale sarà la situazione generale in futuro”, si chiede Khan.
Secondo alcuni analisti il suo vantaggio non è dovuto all’innovazione tecnologica
“Gli statunitensi adorano pensare che la loro economia sia aperta e competitiva”, dice. “Ma quando una porzione crescente dell’economia è controllata da Amazon, siamo di fronte a una specie di centralizzazione. Controllare le proprie attività era, per gli statunitensi, un modo di possedere dei beni e trasmettere la propria ricchezza alle generazioni successive. Ma se osservate tutti i settori in cui Amazon è dominante, vi accorgete che sarebbe da folli provare a entrarci”.
L’acquisto della Whole Foods preoccupa alcuni analisti perché dà ad Amazon un vantaggio infrastrutturale immediato, con più di 400 piccoli supermercati, sparsi in alcuni dei quartieri più ricchi degli Stati Uniti (e più abituati a usare Amazon). Temono che i vantaggi logistici di Amazon, come la sua rete di negozi, le sue rotte commerciali e i suoi aerei cargo in volo in tutto il Nordamerica, gli abbiano dato una posizione dominante insormontabile per le altre aziende. E ritengono che questa posizione di vantaggio sia stata ottenuta non grazie all’innovazione tecnologica, ma grazie a un afflusso ininterrotto di denaro proveniente da Wall street.
Queste voci critiche vorrebbero che Amazon fosse messa sotto esame in un modo ormai raro negli Stati Uniti. Come prima cosa, sostengono, la Securities and exchange commission (Sec, l’autorità di controllo del settore finanziario) dovrebbe pensarci due volte prima di approvare l’acquisto della Whole Foods. In seguito i politici e i regolatori dovrebbero analizzare più nel dettaglio la sua struttura. Dovrebbero chiedersi se questa acquisizione compensa i suoi costi, e poi ridurre la fusione, sostanzialmente smembrando Amazon in varie parti, oppure regolamentarla, evitandone il consolidamento.
Ho chiesto a Khan se pensa davvero che sia il caso di smembrare Amazon. “La gente finora è stata timida e penso che si tratti di una risposta estrema”, mi ha risposto. “Ma credo sia opportuno rendere chiaro il fatto che Amazon si sta espandendo, all’interno della nostra economia, in un modo mai visto prima”.
Poi è tornata a parlare dello strano andamento delle sue azioni. “Gli investitori sanno che è un’azienda monopolistica”, mi ha detto. “È per questo che il valore delle sue azioni è così slegato dai profitti. Il mercato riesce a cogliere una realtà che sfugge alle nostre leggi”.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Sullo stesso argomento puoi leggere:
Le ambizioni sfrenate di Amazon, Internazionale 1202
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Questo articolo è uscito su The Atlantic.
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