Di solito gli impiegati scioperano per ottenere un aumento di stipendio e migliori condizioni di lavoro. Ma tra le richieste dei quasi ottomila dipendenti della multinazionale Marriott international che hanno scioperato alla fine del 2018 ce n’era una nuova: chiedevano protezione dall’automazione che sta trasformando il settore alberghiero.

I dipendenti della Marriott fanno bene a preoccuparsi. Negli ultimi anni il settore dei servizi ha stravolto il lavoro delle persone subappaltando alcune attività alle macchine. Ci sono robot che sostituiscono i baristi e preparano insalate sulle navi da crociera e negli aeroporti, o che consegnano cibo nelle stanze d’albergo. In molti alberghi si ci può registrare tramite un’app o, come in Cina, tramite il riconoscimento facciale. Nelle stanze d’hotel gli altoparlanti collegati al dispositivo Alexa permettono agli ospiti di chiedere consigli turistici o di ordinare spazzolini da denti senza parlare con il personale.

I lavoratori della Marriott chiedevano nuovi accordi sulla copertura sanitaria e l’indennità di buonuscita, ma anche la certezza che in futuro il loro lavoro non sarà rimpiazzato dai robot.

“Così facendo si perde l’umanità”, sostiene Kirk Paganelli, che fa il barista in un albergo della Marriott a San Francisco. Paganelli ha lavorato nel settore dei servizi per 23 anni, prima di unirsi a centinaia di dipendenti della Marriott in uno sciopero durato 61 giorni. Un portavoce della multinazionale americana ha scritto un’email a The Atlantic per affermare che buona parte della tecnologia introdotta negli alberghi, come il dispositivo Alexa, “serve a migliorare il soggiorno degli ospiti e non ha conseguenze sul lavoro dei dipendenti”.

“Le persone vanno al bar per sfogarsi, per chiacchierare, per fare domande”, sostiene Paganelli. “Come si potrà fare lo stesso con un robot?”.

I clienti preferiscono ordinare cibo in camera con un’app, perché è più economico

I lavoratori chiedono anche nuove tecnologie per aumentare la sicurezza sul posto di lavoro (per esempio, dei pulsanti antipanico dotati di gps per evitare molestie sessuali) o carrelli delle pulizie a motore per le cameriere. Spesso immaginano di svolgere tutta la loro carriera in questo settore. Paganelli, per esempio, spera di andare in pensione da lavoratore della Marriott, per questo non può sottovalutare i cambiamenti che avverranno tra cinque o anche dieci anni.

Più che sostituire totalmente il lavoro svolto dalle persone, è probabile che il settore dei servizi adotti un sistema di automazione parziale. Saranno automatizzate le mansioni più semplici, permettendo così di ridurre le ore di lavoro dei dipendenti, o quelle che richiedono l’impiego di due persone. I servizi di pulizia o di portineria potrebbero essere assegnati a una persona coadiuvata da un robot.

Ristrutturare il lavoro basandosi sulla tecnologia può far guadagnare tempo alle aziende, ma il tempo guadagnato viene anche sottratto ai lavoratori. “I robot non stanno rubando i nostri posti di lavoro”, ha scritto Brennan Hoban della Brookings institution, “ma solo la nostra busta paga”.

Sempre più spesso gli ospiti degli alberghi preferiscono farsi consegnare cibo in camera attraverso un’app, perché è più economico. Ma in questo modo le catene alberghiere assumono meno personale per svolgere quei servizi.

Le app per farsi spedire cose da mangiare a casa non riguardano tecnicamente l’automazione, ma la scelta tra servizio in camera e Grubhub ne implica una tra lavoratori della gig economy e dipendenti. Soprattutto per gli alberghi più piccoli, potrebbe essere più conveniente offrire buoni promozionali agli ospiti invece di assumere personale disponibile giorno e notte per il servizio in camera. Questo riduce le spese sia per gli alberghi sia per gli ospiti, ma i lavoratori vedono ridursi le loro ore di lavoro e le opportunità di ricevere mance.

Ci sono precedenti storici di tecnologie che fanno risparmiare tempo che hanno un legame con lo sfruttamento delle persone, alcuni dei quali risalgono all’epoca della schiavitù. In The automation charade la scrittrice Astra Taylor analizza un video della fondazione Thomas Jefferson in cui si parla del montacarichi personale di Jefferson: un piccolo ascensore meccanico usato nell’abitazione del presidente, che permetteva di mandare cibo e vino dalle cucine direttamente nella sala da pranzo.

Il marchingegno facilitava l’organizzazione dei pasti, perché evitava di trasportare cibo salendo diverse rampe di scale, ma il narratore del filmato rivela anche una seconda funzione: i pasti preparati dagli schiavi di Jefferson potevano essere serviti senza che gli ospiti assistessero alla preparazione, ma “facendo apparire la cena come per magia”. Il montacarichi serviva a velocizzare la preparazione dei pasti, ma il suo effetto era di nascondere la schiavitù, e di esserne quindi complice. In questo caso, rimuovendo l’elemento umano era più facile nascondere il lavoro e il suo sfruttamento.

Il montacarichi di Jefferson trova un’inquietante eco in un’espressione coniata dai lavoratori neri del settore automobilistico negli anni settanta. Nel libro Detroit: I do mind dying del 1975, gli storici Marvin Surkin e Dan Georgakas intervistano nella fabbrica della Chrysler dei lavoratori neri che inventarono il termine niggermation (negro e automazione) per descrivere il modo in cui i datori di lavoro attribuivano all’automazione il merito di aver velocizzato la produzione di nuove auto. Questo processo nascondeva lo sfruttamento della manodopera della Chrysler a maggioranza nera che doveva fare i conti con condizioni di lavoro difficili.

Questo effetto d’occultamento continua anche con l’intelligenza artificiale grazie alla quale l’automazione è resa possibile: buona parte esiste infatti grazie al lavoro sottopagato. La tecnologia di riconoscimento facciale usata per automatizzare le procedure di registrazione degli alberghi, per esempio, si basa su schemi e modelli alimentati da milioni di immagini di volti di persone. Questi database sono spesso alimentati dalle università, che pagano gli studenti per setacciare il web alla ricerca di foto o per fornire direttamente il loro viso. Le automobili a guida automatica, che forse un giorno consegneranno la spesa porta a porta, sono monitorate da autisti umani che vengono pagati all’ora per sedersi sul sedile anteriore mentre l’automobile si guida da sola, pronti a prendere il controllo in caso di emergenza. Dietro all’automazione, ancora una volta, si nasconde il tempo.

Quando lo sciopero è finito, i lavoratori della Marriott hanno ottenuto molte delle misure che avevano chiesto. I dipendenti saranno avvisati prima dell’introduzione di alcune nuove tecnologie e potranno seguire corsi d’aggiornamento se il loro impiego dovesse cambiare radicalmente. Ai lavoratori sarà inoltre offerta una liquidazione se il loro impiego fosse eliminato. Questo non salverà i lavoratori della Marriott dalle trasformazioni del settore, ma gli darà più tempo per prepararsi a un futuro incerto.

L’iPad nell’ingresso degli alberghi e la macchina per preparare le insalate in cucina rappresentano un cambiamento nel rapporto tra i lavoratori e i datori di lavoro. L’automazione forse non cancellerà tutti i posti di lavoro esistenti. Ma potrebbe ridurre il tempo, il salario e la visibilità di cui godono i dipendenti.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito su The Atlantic. Leggi la versione originale.
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