Viaggiare è sostenibile? La risposta breve è no. Quella più articolata implica invece un paradosso: da un lato viaggiare è una grande scuola pedagogica, un antidoto culturale al razzismo, uno scambio unico tra esseri umani; dall’altro il turismo è diventato un’industria, e il turismo (o overtourism, come si dovrebbe chiamare) è un problema.

Viaggiare è diventato ecologicamente insostenibile non solo per via dell’inquinamento o delle emissioni di gas serra: il problema sono anche i consumi smisurati di risorse, le città svuotate dei suoi residenti e con affitti alle stelle, gli enormi danni agli ecosistemi. Sarà ecologico fare un safari in Sudafrica? E andare a sciare sulla neve artificiale? È giusto viaggiare in paesi poveri contribuendo all’economia locale? Ma ecco il dilemma: nonostante sia in pratica una nuova forma di colonialismo, viaggiare ci piace, e lo facciamo sempre di più.

“Viaggiare oggi è proprio un paradosso, che non risolvo”, mi dice lo scrittore e storico della filosofia Paolo Pecere, autore di Il senso della natura. Sette sentieri per la terra (Sellerio 2024). “Se non ti sposti, non conosci; se ti sposti, hai un impatto. Io credo che oggi sia necessario farlo, in alternativa a tante abitudini e consumi altrettanto inquinanti, ovviamente con misura. Magari tra qualche decennio sarà tutto diverso. Siamo però animali migranti. Il problema è che la maggior parte dei popoli non può muoversi liberamente”.

Mentre lavoro a questo pezzo sto cercando di prenotare una vacanza ad agosto per me, alcuni amici e le nostre tre figlie adolescenti. Non è un’impresa facile, ci barcameniamo tra le esigenze di tutti: budget bassi, ferie ridotte, un posto non troppo affollato, ma nemmeno sperduto visto il carico di teenager che ci portiamo appresso. Chi ha contattato agenzie che organizzano “viaggi sostenibili” sa bene che poi così sostenibili non sono, oltreché piuttosto cari.

La realtà è che non sempre la sostenibilità economica e quella ecologica vanno insieme. Anzi, spesso la prima non implica l’altra, al contrario a volte viaggiare in treno o in nave è più caro che spostarsi in aereo, le auto elettriche sono più costose di quelle diesel, e così via. Se si risparmia si è meno ecosostenibili, viceversa spendendo tanto si ha almeno l’impressione di inquinare meno il pianeta. Esistono però alcuni esempi di turismo che rispettano più di altri l’ambiente, e che allo stesso tempo sono economicamente accessibili.

In barca

Sailingfor Blue lab è un’associazione senza scopo di lucro che organizza viaggi a bordo di una barca a vela: l’ospite può scegliere di trascorrere una settimana a zonzo per il Mediterraneo durante l’estate, o nella laguna di Venezia durante il resto dell’anno. Tiziano Rossetti e Francesco Delli Santi, cofondatori dell’associazione, sono velisti appassionati e di lungo corso, diversi dai classici skipper, e navigare con loro può essere un modo di viaggiare per mare un po’ inaspettato: appassionati di storia della pirateria e della lingua sabir, la lingua franca del Mediterraneo, hanno entrambi partecipato a missioni di salvataggio in mare a bordo di navi umanitarie.

Il costo relativamente basso (circa 80-100 euro al giorno) e la consapevolezza che il ricavato servirà interamente per mantenere le attività dell’associazione fanno di questi charter un’esperienza unica: “Non li chiamerei charter”, mi spiega Rossetti, “ma viaggi con ospiti-sostenitori. Nella laguna di Venezia per esempio portiamo gli ospiti fuori dalle rotte più conosciute. Ogni anno partiamo per un viaggio nel Mediterraneo al quale chiunque può scegliere di partecipare salendo a bordo per una o più settimane. Dal 1 luglio le barche navigheranno da Venezia alla Sicilia, partecipando lungo la rotta a progetti comuni con Libera e incontrando realtà locali attive nel terzo settore e nella tutela dell’ambiente marino. Dal prossimo settembre contiamo di portare il nostro contributo operativo nelle operazioni di salvataggio in mare nel canale di Sicilia”. Gli equipaggi, mi spiegano i marinai, sono vari, così come i temi trattati, questo fa sì che chi porta la sua esperienza a bordo poi entri a far parte di uno dei tanti progetti.

In campeggio

Nomady è una piattaforma creata nel 2019 dagli svizzeri Oliver Huber e Paolo De Caro, grazie alla quale gli host mettono i propri terreni a disposizione per tende e camper: sul sito si trovano i posti dove campeggiare, selezionati e testati, in Svizzera, Italia, Francia, Germania e Austria.

In pratica è un modo più sicuro di dormire in posti selvaggi e anche di vivere l’illusione del campeggio libero – proibito in Italia e in quasi tutta Europa – per un costo relativamente basso. Naturalmente una volta trovato il posto e le persone che ti ospitano nel loro giardino o agriturismo si ha la possibilità di fare amicizia, si possono inoltre usare i servizi igienici, e se c’è anche il barbecue. “Creiamo un legame”, spiegano Huber e De Caro, “e promuoviamo un turismo sostenibile e locale da cui tutti traggono beneficio. Il nostro compito è quello di mettere in contatto host e campeggiatori nel modo più semplice possibile”.

“In Italia la scelta è ancora limitata rispetto alla Svizzera, ma si stanno facendo grandi passi”, scrive la blogger di viaggi Monica Liverani. “Nomady offre un’esperienza spartana e insieme certe comodità e sicurezza, nonché alloggi insoliti immersi nella natura più estrema”.

Tra sorelle

Creata nel 2019 da Rashvinda Kaur e Natalie Cartwright come alternativa a Couchsurfing, Host A sister è una comunità online gestita da donne e per donne (ma gli uomini possono farne parte come accompagnatori). Oggi conta più di seicentomila iscritte in tutti i continenti e cinquecento interazioni al giorno. Lo strumento principale per utilizzarla è un gruppo su Facebook al quale è necessario solo iscriversi, a differenza di piattaforme come Nomad sister, che prevedono una tassa d’iscrizione.

L’utilizzo è molto semplice e offre varie opportunità: essere ospitata o ospitare nella propria casa un’altra donna; cercare una compagna di viaggio (travel buddy); organizzare semplici incontri (meetup) quando ad esempio si viaggia in una città straniera e non si vuole pranzare o andare in giro da sole; scambiare casa con un’altra del gruppo; e infine la possibilità di chiamate d’emergenza in cerca di “sorelle” locali.

Bella Ross, una delle volontarie più attive, mi dice: “Siamo una comunità globale di donne, un luogo in cui le sorelle possono connettersi per dare vita ad amicizie e condividere le loro case. Sono ammesse tutte le donne maggiorenni, indipendentemente dal genere assegnato alla nascita”. L’idea alla base di Host a sister non è circoscritta al viaggio ma si rivolge anche a chi non può viaggiare: donne che vivono situazioni d’emergenza come quelle causate da guerre, disastri naturali, violenze domestiche. Chi usa la piattaforma appartiene a tutte le classi sociali, si va dalle studenti universitarie alle madri, dalle avvocate alle attrici, passando per attiviste, famiglie intere, nomadi digitali.

In bici

Se pensate che la bellezza del viaggio sia basata sugli incontri e che la bicicletta è il vostro mezzo di trasporto preferito allora vale la pena di prendere in considerazione Warmshowers, che significa “docce calde”, quello che un cicloturista abbastanza verosimilmente desidera più di ogni cosa. La piattaforma è un servizio di scambio di ospitalità dedicata esclusivamente ai viaggiatori in bici.

“Abbiamo scoperto la comunità di Warmshowers qualche anno fa e l’abbiamo usata con grande soddisfazione”, mi racconta Giulia Bondi, che vive a Modena con il marito e il figlio di cinque anni, ed è appassionata di cicloturismo. “Oggi abbiamo richieste continue, non riusciamo a ospitare tutti! Noi abbiamo sempre dato e ricevuto accoglienza in casa, ma molti sono attrezzati anche per campeggiare e magari chiedono un posto per la tenda. Di solito oltre all’ospitalità si dà una mano per la logistica, suggerendo le strade più belle della zona, le cose da vedere”.

Meno usata dai viaggiatori italiani e molto popolare in altri paesi, Warmshowers esiste dal 2005 ed è senza dubbio una buona soluzione sia per i prezzi sia per il rispetto dell’ambiente. E poi viaggiare in bici offre sempre grandi sorprese: “Il percorso è più importante delle tappe”, continua Bondi. “Sono viaggi che invitano a rallentare, come anche quelli a piedi. A volte i posti dove si scelgono per caso, perché magari hai forato la ruota e ti ritrovi in località piccole, sconosciute, dove non ti saresti mai aspettato di andare”.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it